Valeria Serofilli, docente, scrittrice, critico letterario. saggista |
L’ALBA
FIORITA ED ELABORATA DI ADUA BIAGIOLI SPADI
Nota
di lettura di Valeria Serofilli al volume L’alba dei papaveri (La Vita Felice
Edizioni 2015) di Adua Biagioli Spadi
“Stringerai
un'immagine di me/ fra le dita tue spietate,/ ma sceglierai?”. Sono questi i
versi iniziali della lirica “L'immagine di me” e costituiscono una delle
possibili chiavi di lettura del libro L'alba
dei papaveri che Adua Biagioli Spadi
ha pubblicato nel 2015 per i tipi de La
Vita Felice . Si correlano in modo diretto e immediato al sottotitolo del
volume, vero e proprio codice di accesso per comprendere gli intenti e i
significati più intimi di questo testo: “Poesie d'amore e identità”. L'amore
genera passo dopo passo il modo di essere di chi lo vive, sia come oggetto che
come soggetto. Cambia le prospettive, gli orizzonti, muta esternamente ed
internamente. È il termine di paragone, spesso spietato nella sua sincerità,
come le dita a cui si è fatto cenno nei versi citati in apertura.
In
questo suo volume l'autrice indaga con sincerità su se stessa, ma non in
generale e in modo astratto in quanto esplora
la sua identità in rapporto al più possente e stravolgente dei sentimenti.
Il
linguaggio adottato è lineare, in apparenza semplice. Ma è utile per descrivere
in modo nitido i tempi e i modi, i mutamenti che sono generati dal modo di
sentire e di rapportarsi con il mutare dei tempi nei confronti di ciò che si
ama e di chi si ama. Mostra in modo esplicito e sincero ciò che resta e ciò che
cambia. Facendo riferimento ancora ai versi della poesia “L'immagine di me”, si
nota, nel finale, un bilancio che non lascia spazio a incertezze: “fino a che
riprendi la parte che ho più intatta/ che fuggita/ nel tuo abbraccio si
consuma”.
Anche nelle liriche più descrittive, come
quella che dà il titolo al libro, “L'alba dei papaveri”, la descrizione della
natura non è meramente estetizzante, non c'è esclusivamente l'esaltazione dei
colori, delle forme e delle bellezze paesaggistiche. Tutto è finalizzato
all'esplorazione, allo scandaglio della propria interiorità, in rapporto al suo
desiderio e al suo pensiero fisso e ricorrente, l'amore, il suo amore: “rapita dalle accese memorie/ allo scandaglio di me
quasi sposa, / quasi dall'amore intimidita”.
L'amore qui va inteso in modo ampio, non
esclusivamente riferito al rapporto tra sposi o compagni. Si parla anche
dell'amore familiare, e alcune delle liriche più intense sono proprio quelle
dedicate alla madre e al padre, ad esempio. Quest'ultima, una delle migliori e
delle più intense del libro, è sospesa tra realtà e sogno, o meglio di un
ricordo così vivido che sconfina nei territori onirici per poi ritrovare la
forza e la nitidezza della realtà. E non è un caso che la lirica stessa evochi
parole, quelle dei racconti che il padre faceva all'autrice. Favole o comunque
storie di fantasia che, rivissute nell'ottica degli anni e nell'ambito
dell'affetto profondo, sono viste, alla fine, come le sole realmente vere:
“E’ un
libero sapore il tuo,
sapore
di equilibrio.
Poi
inventi nei colori e dentro ai quadri
anche
il mio nome,
il
cuore acceso.
Unico
è
anche il cielo senza sole
quando
parli
coi
miei sogni
di
tutte le storie,
di
quelle che sembrano
le
uniche vere.”
(A mio
padre)
Possiamo
dire che questo episodio personale, intimo, individuale, assume anche una
valenza simbolica e metaforica: anche nell'amore ciò che realmente conta e
quello che davvero esiste è la fantasia generata dall'affetto profondo e poi
rafforzato da gesti concreti e reali. La dimensione concreta viene sublimata ma
poi rafforzata e alla fine resta ciò che davvero conta e resiste agli anni: un
legame che non muta, esclusivo, in grado di resistere agli assalti del tempo e
alle ferite della sorte.
Un
libro che si legge in modo gradevole, la cui forza è quella di parlare di
eventi e sentimenti personali in modo così schietto e sincero da assumere una
valenza più ampia. Pur nelle differenze dei tempi e dei destini ognuno può
riconoscersi in questi versi sinceri, in cui si “racconta” un'evoluzione, una
crescita. I versi mimano un romanzo di formazione in cui la discriminante sono
gli affetti, le illusioni, le delusioni, i momenti di condivisione, i ricordi e
i sogni. Un modo per parlare di sé senza pretendere di imporre verità e lezioni
ma semplicemente indicando che il potere dell'amore condiziona tutto. Da lui
siamo condizionati. Ma possiamo anche condizionarlo, o perlomeno riconoscerci
nel suo dominio, tracciare ciò che realmente siamo, la nostra identità reale.
Come ha fatto in questi versi, Adua Biagioli Spadi proponendo questo suo
ritratto individuale in cui ognuno può riconoscere parte di se stesso e della
propria vicenda individuale.
Valeria Serofilli
Caffè
storico letterario dell’Ussero di Pisa, 25.11.2016
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