Claudio Vicario |
Marzo
Dolci
distese in fiore,
e sponde, e siepi
al risvegliarsi di odorosi giorni
che dipingono il corpo
con tratti di poesia
distesa in pudor di vita,
in candidi tepori
dischiusi in petali di peschi.
e sponde, e siepi
al risvegliarsi di odorosi giorni
che dipingono il corpo
con tratti di poesia
distesa in pudor di vita,
in candidi tepori
dischiusi in petali di peschi.
Un
viaggio nel passato
Un
viaggio nel passato,
sul
panorama di una vita,
mi
sono inventato per te,
come
un naufrago
s’inventa
un approdo,
come
il gelido vento
s’inventa
la terra
piegando
le canne
e
le cime dei pini
che
sembrano danzare
sotto
la pioggia,
chiuso
tra queste mura
nel
quale la tristezza
è
un vivere per abitudine
giorni
piatti tra ombre vuote
che
seguono le stagioni.
Triste
e solitario,
mi
immergo
tra
foglie ingiallite
sparse
dal vento,
da
quel vento
che
fa volare le tende
e
sbattere le finestre
di
queste stanze vuote.
Vorrei svegliarmi…
Le
mie parole volano nel vento,
non
mi appartengono,
neanche
le virgole mi appartengono,
evanescenze
si aggrappano ad un’ombra
con
mani screpolate, doloranti,
in
un angolo di sera che precede la notte
nell’atteso
volgere del giorno non mio.
Lo
scirocco infuocato non riesce a violare
morbide
colline di vetro soffiato,
marmo
scolpito da mani di artista
che
tracciano la carne e sfuggono da spazi
che
paiono liberi, ma troppo lontani,
isole
che galleggiano nascoste alla vista.
Un
raggio di sole cavalca onde tremule,
palpitanti,
che vibrano tra boschi ed incendi.
Mi
fingo distratto dal sapore dell’eternità
senza
tempo e cerco di guardare
sotto,
dietro, tra parole che fanno male,
a
volte taglienti come lame affilate
che
cancellano momenti di sogni fuggenti.
Vorrei
svegliarmi da questo incanto,
per
non annegare in una vuota illusione.
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