Origini
e fedeltà di un castello: Ponte di Sacco
(1° parte)
La
posizione strategica di una località (luogo di frontiera e d'armi) connota le
sue origini e Ponte di Sacco ne è un esempio convincente.
Nella
metà del '300 si iniziò, a seguito di vicissitudini di ordine politico-militare
incentrate prevalentemente nel conflitto pisano-fiorentino, il suo supporto
fortificato assumendo l'aspetto di un “castrum romanum” (forma quadrilatera
secondo alcuni storici autorevoli come il Targioni, il Repetti e il Valli)
abitato da soldati con le loro famiglie.
Erano
gli anni del progressivo declino politico-economico di Pisa, indebolita dai
contrasti interni tra Bergolini e Raspanti, accerchiata dai Visconti di Milano,
da Firenze con l'interferenza alquanto pesante dell'Impero (vedi la discesa di
Carlo IV -1352 -) sempre bisognoso di sostegno finanziario, dalle scorrerie
assai “costose” delle numerose Compagnie di Ventura dilaganti tra campagne e
città della Toscana (e dell'intera penisola) e dalle tensioni con Siena.
L'anno
1360, ad esempio, registrò l'accamparsi nei pressi di Ponte di Sacco di una
Compagnia di Ventura (definita “grande” dal SARDO) proveniente dal distretto di
Siena che procurò ingenti danni agli animali della zona. Questa Compagnia poi
si ritirò dopo un esborso di 2000 fiorini versati dal Comune di Pisa...
Era
questo anche il periodo dell'esilio dei Gambacorti (Andrea e i figli Pietro e
Gherardo) che tentarono con ogni mezzo di rientrare in Pisa diffondendo
“messaggi” di ribellione ai cittadini pisani colpiti dalla peste e preoccupati
dall'avanzata dei fiorentini che già avevano espugnato i castelli di Cascina,
Peccioli e Laiatico. Uno dei tentativi di Pietro e Gherardo Gambacorti con
Gualterotto dei Lanfranchi (famiglia amica dei Gambacorti) viene narrato dal
SARDO e annotato al 1362 come invasione delle terre di Ponte di Sacco (con
altri fuorusciti e ribelli e con 700 milizie ungheresi comandate dal conte
Nicola di Urbino) causante danni notevoli.
Frattanto
nel maggio 1362 (dopo crescenti divergenze tensioni e scontri parziali) i
Priori di Firenze dichiararono guerra a Pisa ufficialmente.
La
guerra si combatté per terra e mare: i fiorentini con un potente esercito al
comando di Bonifazio Lupo da Parma entrarono nella Val d'Era occupando Ghezzano
sino a Cascina e Riglione; quindi al comando di Rinolfo da Vavano da Camerino
(che aveva sostituito Bonifazio Lupo) invasero Ponte di Sacco dopo aver
occupato Peccioli (il SARDO ci informa della cattura del Castellano di Peccioli
che portava lettere agli Anziani di Pisa e sollecitava gli stessi a difendere
la zona...). Nel contempo il porto di Pisa venne attaccato da una squadra di
galee al servizio di Firenze e le ciurme di Pierino Grimaldi asportarono come
trofeo le catene a difesa del porto stesso.
Comunque
agli inizi del 1363, debellata la peste e dopo il ritiro delle Compagnie di
Ventura (del Cappelletto) del Da Varano e del conte Nicola (non
sufficientemente pagate dai fiorentini) i pisani prepararono la controffensiva
occupando Altopascio.
In
questo contesto altalenante, Ponte di Sacco (snodo cruciale e strategico) venne
invaso dalle truppe del capitano Piero Farnese (comandante generale
dell'esercito fiorentino), con escursione delle stesse truppe nella valle di
Calci, a Cascina e Riglione. Nello stesso periodo (1366) il “castello” di Ponte di Sacco si solidificò
nella struttura muraria con torrette di avvistamento , quando Capitano della
terra di Ponsacco era Giovanni Bocchetta Gaetani.
Peraltro
lo stesso Farnese, dopo aver fallito altre imprese su Montecalvoli, assaltò
Barga trovando resistenza e si spostò a San Miniato dove morì il 19 giugno
1363.
Il
conflitto tra Pisa e Firenze, si protrasse poi tra alterne tumultuose vicende
(“Compagnia Bianca” assoldata dai pisani – incursione pisana sino alle porte di
Firenze - “Compagnia della Stella” - assoldata da Firenze – “Compagnia tedesca
di Anichino di Bongardo” agli ordini di Giovanni Acuto – assoldata dai
pisani... razzie e saccheggi...) per concludersi a Cascina (1364) dove le forze
pisane comandate da Giovanni Acuto furono sconfitte dai fiorentini guidati da
Galeotto Malatesta.
Da
notare la presenza attiva e condizionante delle numerose Compagnie di Ventura
in “vendita” al miglior offerente, ma infide e sempre pronte a cambiare
schieramento per convenienza...
Dopo
la sconfitta di Cascina, Pisa si affidò al “Doge” Giovanni Dell'Agnello, ovvero
alla politica dei Visconti di Milano (Bernabò). La “meteora” Dell'Agnello si
concluse ingloriosamente nel 1368 con il ritorno dei Gambacorti (Pietro) e con
la esiziale ripresa della lotta interna tra le fazioni dei Bergolini e dei
Raspanti. Pietro Gambacorti (dopo la partenza dell'Imperatore Carlo IV°
tacitato con 50.000 fiorini...) promosse una necessitata politica di pace
(troppo filofiorentina forse), di sviluppo economico per Pisa (nonostante
l'incipiente perdita del porto) e di “riguardo” per la Chiesa. Quella Chiesa
che con Papa Gregorio XI° lasciò Avignone per Roma (1377) e che, alla sua
morte, con il nuovo Papa Urbano VI°, (figlio di una nobile pisana, uomo
di forte personalità) si “divise” sino al grande “scisma” d'occidente (1378).
Questo
momento storico di progressiva debolezza pisana, segnò anche il pericoloso
“interesse” di Gian Galeazzo Visconti (1383) per estendere il proprio
territorio dopo aver conquistato Genova e Bologna .
Pisa
in verità, avendo rinunziato alla supremazia regionale, ora tentava
esclusivamente di salvaguardare una vacillante libertà...
Infatti
la supremazia regionale passò a Firenze sia pure in contrasto con
l'espansionismo dei Visconti e con il Papato e la politica oscillante di Pisa
(tra “leghe” e trattati) dovette quindi adeguarsi continuando l'alleanza con i
fiorentini senza inimicarsi i Visconti. La difficile “neutralità” di Pietro
Gambacorti di quegli anni favorì anche una insidiosa e decisiva opposizione
interna rappresentata tra i Raspanti da Jacopo d'Appiano già al servizio
dei Visconti e da tempo Cancelliere degli Anziani.
Tra lo
scorrere di questi eventi passò da Ponte di Sacco per andare a Volterra e
Perugia (1388) Papa Urbano VI° che, a cavallo, con tutto il suo seguito si
fermò a Lajatico (così il SARDO). Siamo al 1389.
Il
1389 fu un anno importante per Pisa (attiva diplomazia di Pietro Gambacorti per
riunire in “federazione” nazionale gli Stati aristocratici e democratici
d'Italia) e per i Visconti (“allineamento” stretto ai Visconti di Jacopo
d'Appiano promosso “segretario” molto influente di Pietro Gambacorti). E
proprio nel 1389 Ponte di Sacco tornò alla ribalta sempre in affanno, per
fronteggiare le continue invasioni delle Compagnie di Ventura come quella di
Bertoldo inglese che con Guido d'Asciano occupò, rubò, bruciò terre e bestiame.
Furono
necessari (secondo il SARDO) ben 6500 fiorini per allontanare le Compagnie
verso Siena e i danni al Castello e al contado furono gravissimi (30.000
fiorini complessivi). Pisa intanto si “eclissava” sempre più: complotti,
intrighi e corruzione conseguirono gli effetti voluti, Pietro Gambacorti fu
assassinato (1392) e i suoi figli strangolati in carcere. Jacopo d'Appiano
prese il potere per 6 anni e si mantenne in un instabile equilibrio
politico tra Milano-Firenze-Lucca facendo anche il doppio gioco. In questo
contesto ambiguo ed intricato si inquadrò la razzìa a Ponte di Sacco (1397)
guidata da Lotto Gambacorti e Nicolò Gherardesca, alleati dei fiorentini e
lucchesi, causando molti guasti (così il Roncioni).
Alla
morte di Jacopo d'Appiano (1398), il figlio Gherardo (il più incapace e
corrotto governatore di Pisa), decise di vendere Pisa a Gian Galeazzo Visconti
per 200.000 fiorini nonostante le vibranti proteste dei pisani (1399). Ma non
finì così... Nel 1402 morì Gian Galeazzo Visconti e il figlio Gabriello Maria
(uomo squallido e pericoloso) chiese aiuto a Genova per contenere le rinnovate
“attenzioni” fiorentine a Pisa. Genova, in conflitto con Venezia e supportata
dai francesi, cercò anche l'alleanza di Firenze proponendo in cambio di
trattare per suo conto l'acquisto di Pisa da Gabriello Maria Visconti. Evidenti
apparvero le rappresaglie, i ricatti e i tradimenti delle forze in campo in questo
concitato momento: ad esempio nel 1404 Pietro Gaetani pisano consegnò ai
fiorentini Pietra Cassa, Orciatico e Laiatico e li guidò a razziare Ponte di
Sacco (così il Roncioni).
Erano
gli ultimi faticosi sussulti di libertà: Pisa venne venduta a Firenze, si
ribellò invano (1405) e tradita da Giovanni Gambacorti chiuse la sua gloriosa
storia nelle segrete riunioni di Putignano (6 ottobre 1406 – Chiesa di San
Bartolomeo) per la modesta cifra di 50.000 fiorini.
Con
Pisa anche il castello di Ponte di Sacco perdette la propria “autonomia”
militare e si incorporò nel dominio della Repubblica Fiorentina.
Origini
e fedeltà di un castello: Ponte di Sacco
(2°
parte)
Ponsacco
dunque passò al dominio della Repubblica Fiorentina il 25 ottobre 1406, pagando
12 fiorini d'oro dopo che Pisa fu venduta per 50.000 fiorini a Gino Capponi da
Gabriello Maria Visconti e Giovanni Gambacorta.
Un
tentativo (fallito) del capitano Piccinino (assoldato dal Duca di Milano) di
riconquista dei territori pisani (tra cui Ponsacco) nel 1431 e la redazione
degli Statuti nel 1472 sono gli episodi più interessanti, in un secolo, per il
Castello di Ponsacco.
E'
necessario attendere l'8 novembre 1494 con la discesa di Carlo VIII° di
Francia in Italia, per riaccendere la speranza di Pisa di ottenere la libertà
dalla dominazione fiorentina e di conseguenza per i territori limitrofi.
L'ambiguità
di Carlo VIII° tra Pisa e Firenze (promise la libertà ai pisani ai primi di
novembre e il 26 novembre 1494 nel Duomo di Firenze giurò di restituire Pisa ai
fiorentini...) costituì il motivo preminente dei conflitti susseguenti che
videro Ponsacco importante protagonista dal dicembre 1494 al 1499.
Non
bisogna infatti dimenticare come il Castello di Ponsacco fosse una località di
frontiera, quindi soggetto a conflittualità permanente tra Pisa e Firenze (così
afferma lo storico Giovanni Mariti).
Ai
fini della nostra narrazione (la cui cronologia tiene conto in taluni eventi
dello "stile pisano"), è possibile suddividere, per semplificare, il
periodo storico di analisi in due fasi.
La
prima fase (dal dicembre 1494 all'aprile 1496) si evidenzia
per molti episodi politico-militari di
esiti alterni nel conflitto pisano-fiorentino, ovvero:
A il
tentativo fiorentino ( con Ercole Bentivoglio) di riprendere Ponsacco il 18
dicembre 1494 (senza risultato);
B la
grande battaglia tra pisani e fiorentini del 29 gennaio 1495 (1496 -
Stile Pisano) dopo 43 giorni di assedio a Ponsacco con i soldati pisani
sconfitti e depredati di armi e denaro;
C
l'uccisione di circa 150 soldati francesi nel luglio 1495, a difesa di
Ponsacco, massacrati dal fiorentino Francesco da Montedoglio per vendetta (così
scrive il Pieri).
D a settembre
1495 l'attacco fiorentino alle mura di Pisa, respinto dai pisani con
l'aiuto dei francesi che aprirono il fuoco, con l'artiglieria, dalla Cittadella
nuova.
Iniziò
così l'assedio di Pisa con 3000 fanti comandati dal duca d'Urbino e, tra altri,
da Paolo e Vitellozzo Vitelli. Pisa trovò aiuto anche dal duca di Milano e
dalla repubblica di Venezia (il “frazionismo” politico dell'epoca delle
Signorie favoriva Leghe e coalizioni temporanee nell'ottica del potere e delle
sue più “convenienti” articolazioni territoriali negli intrecci imprevedibili
di ogni schieramento).
Comunque
alla fine del 1495 i francesi evacuarono Pisa consegnandola ai pisani stessi e
non ai fiorentini: un documento dell'epoca (citato dal Luzzati) dimostra la
volontà di Carlo VIII° di mantenere la libertà per Pisa.
Nel marzo
1496 ulteriori rinforzi arrivarono a Pisa da parte di Ludovico Sforza, e
con sostegni genovesi e lucchesi, ai primi di aprile l'esercito riunito dei veneziani, pisani e
Duca di Milano sconfisse i fiorentini alla Verruca.
La II
fase della guerra (aprile 1496 –
aprile 1499) è particolarmente interessante per quanto riguarda la posizione
del castello di Ponsacco.
Infatti
nel maggio1496 i soldati milanesi al comando dell'infido Lucio Malvezzi
(Luzio Malvesso da Bologna lo chiama il Portoveneri), agendo separati dai
veneziani, saccheggiarono il Castello. Peraltro veneziani e milanesi non
essendo concordi sulla strategia militare, dopo un periodo di stasi, ripresero
le operazioni con l'arrivo di ulteriori rinforzi comandati da Braccio da
Montone accolti a Pisa con grande sollievo.
Appartiene
a questa fase, la decisiva battaglia tra Pisani e Fiorentini a Ponsacco (29-30-31 luglio 1496 - 1497
Stile Pisano), ricordata in un pannello pittorico e nella tradizione, dove
Guidobaldo Conte d'Urbino (alleato dei fiorentini) distrusse il Castello,
depredò gli abitanti e sventrò 54 soldati francesi per cercare “... danari
inghiottiti”.
Il
Conte si presentò con notevoli forze militari, 25 squadre di cavalli e fanterie
e molte artiglierie (così ci racconta il “Memoriale” del Portoveneri).
Nonostante la pesante sconfitta, i pisani non
si rassegnarono dimostrando tenacia e orgoglio formidabili. Tuttavia la
situazione politica si complicò sempre più indebolendo la Repubblica Pisana:
Infatti Massimiliano d'Austria il 21 novembre 1496 abbandonò l'esercito della
coalizione e anche Ludovico Sforza fece altrettanto inducendo i genovesi a non
collaborare.
Dunque
nel 1497 Pisa, protetta solo dai veneziani, finì per perdere il
controllo di numerose località collinari come Cevoli, Santa Luce, Terricciola.
La forza di carattere e volontà comunque si evidenziarono il 6 aprile 1497,
quando in controtendenza, i pisani uscendo da Cascina si scontrarono con i
fiorentini a Ponsacco, catturando 45 fanti (così il Portoveneri).
Quindi
sino alla fine Ponsacco subì gli effetti degli eventi relativi al cruento
conflitto.
Non ci
addentriamo qui in tali vicende molto intricate sotto tutti i punti di vista
(diplomatico – politico – militare) e ricche di momenti tragici e violenti
intrecciati nell'eroica difesa di Pisa.
Ricordiamo
solo:
la morte di Carlo VIII° (8 aprile 1498); la grande vittoria dei pisani sui
fiorentini a San Regolo (19 maggio); le vittorie fiorentine a Buti (agosto) e
alla Certosa di Calci (settembre) con la guida di Paolo e Vitellozzo Vitelli;
il vano tentativo pisano (con l'aiuto veneziano) di riprendersi Ponsacco
(giugno 1498); il tradimento (estate 1498) del nobile pisano Girolamo di Iacopo
Roncioni (Bianchino da Pisa - stretto collaboratore del Duca Valentino e
fortemente filo fiorentino); la “mediazione” francese per l'armistizio tra
Firenze e Venezia (voluto da Luigi XII°) (lodo del duca di Ferrara aprile 1499)
con il ritiro veneziano e la mediazione ulteriore di Ludovico il Moro (giugno
1499) che favorirono l'intenzione dei fiorentini a dirigersi direttamente alle
mura di Pisa (dopo la conquista di Cascina in giugno).
L'assedio
di Pisa durò un mese (agosto-settembre 1499) tra attacchi contro la famosa
torre di Stampace, scambi d'artiglieria, contrattacchi e ritirate. Infine Paolo
Vitelli tolse l'assedio, tra diserzioni, malaria, e resistenza eccezionale
pisana. Questa ritirata costò a Paolo Vitelli la vita: fu accusato di
tradimento (mai provato), processato e decapitato il 1° ottobre 1499
in Palazzo Vecchio.
Iniziarono
gli ultimi 10 anni della rinnovata sofferta “libertà” pisana con la ribalta di
molti protagonisti come Alessandro VI°, il Duca Valentino, il Re di Spagna, la
signoria di genova, il Re di Francia, il Duca di Milano, Massimiliano
d'Austria...
Tutto
si concluse con il “trattato di pace” firmato tra Firenze e Pisa il 7 giugno
1509. Ponsacco rimase “... di Pisa come fedele consorte...”
Fu
così premiata la fedeltà di un Castello a forma di quadrilatero terminato nel
1374, (gli storici non sono concordi e sembrano avvicinarsi comunque al 1342
come data di origine della roccaforte) con deliberazione degli “Anziani” del
Comune di Pisa e con designazione di Giovanni Bocchetta Gaetani (già Capitano
della terra di Ponsacco) a Operaio della costruzione. Nello stesso anno
(1374) fu concesso il permesso dal Vescovo Paolo di Lucca per la
costruzione della Chiesa (Pieve) dedicata a San Giovanni Evangelista. La
“Pieve” fu completata e consacrata nel 1514 e questi 140 anni intercorsi
testimoniano le vicissitudini di Ponsacco...
Marco
dei Ferrari
Interessantissima ricostruzione storica così importante per i nostri territori. Marco dei Ferrari, come di consueto, ci fornisce uno spaccato vivido che ci catapulta nella storia.
RispondiEliminaInteressantissima ricostruzione storica così importante per i nostri territori. Marco dei Ferrari, come di consueto, ci fornisce uno spaccato vivido che ci catapulta nella storia.
RispondiEliminaUna descrizione storica molto dettagliata e puntuale. Ponsacco, piccolo centro della Valdera, era un forte pisano al confine tra Pisa e Firenze. Ha subito molti attacchi fiorentini e sempre è rimasto fedele alla Repubblica Pisana.
RispondiEliminaInteressante e dettaglia ricostruzione, fatta da Marco con finezza di analisi, di un periodo storico travagliato per il nostro paese caratterizzato dall'ingerenza forte di sovrani stranieri anche su aspetti locali. Ho trattato diffusamente la discesa in Italia di Carlo IV di Boemia qui citato, con riferimento ai rapporti con la nostra città
RispondiEliminaDall'abilità stilistica di Marco Dei Ferrari ecco Pisa con i suoi castelli,come fiori smaglianti a ricordarci il soave profumo della sua storia gloriosa.
RispondiEliminaNon potrà mai il giglio fiorentino profumare di questa incontaminata fragranza di rinnovata pisanita'!
Grazie per queste emozionanti memorie!
Sandra Lucarelli
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaMolteplici le doti di Marco dei Ferrari scrittore di questo percorso storico:
RispondiEliminaCultura-Passione per la Storia- Accurata ricerca- Essenzialità del discorso..
Particolare è il suo interesse per quegli aspetti della Storia che sollecitano curiosità e approfondimento , utili soprattutto negli ambienti di studio. In sostanza M. dei Ferrari è uno scrittore di Storia che non si limita a narrare gli avvenimenti; è forse per la sua sensibilità di poeta che tende a indagare i fatti , a penetrare il pensiero dei grandi spiriti che hanno fatto la Storia. Basti ricordare certi suoi lavori di poesia ad argomento storico, come "Daiberto da Pisa", "Dialoghi pisani da Torpé a Galileo", ma anche il saggio "Le Termopili del Battaglione Universitario di Pisa"....
Con questa pagina lo scrittore-poeta ancora una volta si distingue.
Edda Conte.
Con accuratezza storica, Marco dei Ferrari tratteggia un periodo decisivo e particolarmente sofferto della storia pisana. Ma non si tratta di una ricostruzione fredda e distaccata: piuttosto si avverte la passione dell’autore per le vicende umane di un territorio a cui evidentemente egli è particolarmente legato e che suscitano in lui echi e suggestioni, di cui riesce a far partecipe il lettore grazie a una fine indagine degli eventi. Fin dal titolo - Origini e fedeltà di un castello – dei Ferrari imprime al suo scritto una vibrazione poetica: il castello è fedele a un territorio, a una storia gloriosa come fu quella di Pisa, così come l’autore stesso sarebbe stato se fosse vissuto in quell’epoca, così come noi ci sentiamo oggi rivisitando quell’antica storia e le vicissitudini di un popolo nel momento del suo declino, nella furia degli eventi bellici. Ponsacco, Ponte di Sacco, e tutto il territorio pisano brillano di una nuova luce, nella prospettiva che lo scrittore ci regala con passione e maestria. E noi ci sentiamo arricchiti e ancor più consapevoli delle nostre radici da cui possiamo spiccare il volo per abbracciare il mondo.
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