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martedì 23 maggio 2017

SANDRO ANGELUCCI: POSTFAZIONE A "RIBALTAMENTI" DI FRANCO CAMPEGIANI


Sandro Angelucci,
collaboratore di Lèucade


VOGANDO VERSO L’EQUILIBRIO DINAMICO


       Con questa dedica (ovviamente privata), che rendo pubblica per motivi che in seguito capirete, Franco Campegiani mise nelle mie mani il presente saggio: “a Sandro Angelucci, amico fraterno e compagno di remi sulla barca dello spirito, nell’avventuroso mare della vita”, chiedendomi se fossi disposto a stilarne la postfazione.
       Quello che avete letto è uno studio, ma significherebbe sminuirne la portata se lo si prendesse in senso rigorosamente filosofico – come sostiene lo stesso Prefatore, Nazario Pardini, inaugurando lo scritto –.
       “Occorre superare la filosofia – chiarisce Campegiani nel corpo del capitolo La grande relazione – per riscoprire il pensiero prelogico ed antischematico degli avi, la sua pregnante e ricca vitalità”, e ancora: “Il razionalismo è giunto all’esaurimento dell’intera gamma delle sue possibilità. Una lunga parabola storica si sta concludendo, e, come sempre, si torna all’inizio quando si chiude un ciclo [. . .] Al tramonto sussegue sempre l’Aurora. Ed è una nuova aurora [. . .] Dietro l’apparente trionfo del Nulla, bisogna allora iniziare a scorgere la premessa di un più equilibrato senso dell’Essere, di una più sana e armoniosa spiritualità.”.
       Ritengo inderogabile, a questo punto, un’ulteriore mia precisazione e – tengo a dirlo – non perché il concetto non sia sufficientemente esplicito, al contrario, per rafforzarlo, da “compagno di remi”, appunto, che aggiunge la propria vogata affinché la barca mantenga la rotta intrapresa.
       Sarebbe un errore; un macroscopico, fuorviante errore interpretare tutto questo  nel verso di un impossibile quanto utopico ritorno al passato. Qui, non si tratta di tornare indietro (Franco parla di una prelogica e di un antischematismo atavici – è vero – ma sempre presenti e, soprattutto, sempre nuovi nell’uomo); qui, si prende in considerazione la certa possibilità di un recupero che non ci fossilizzi, però, facendoci progredire davvero.
       Riscoprire “una più sana e armoniosa spiritualità” è indizio di una strada non solo esistente ma percorribile; senza eludere lo sforzo, tuttavia: l’autointrospezione e l’autocritica.
       “Ciascuno è nella Grazia e nella Salvezza – scrive Franco –, se sa risalire alla proprio scintilla divina, al divino di se stesso, che è poi l’umano di se stesso.” alludendo inequivocabilmente alla fatica interiore cui poc’anzi ho rinviato.
       Senza questo impegno – che non è meditativo ma intensamente e profondamente radicato nella realtà, nella quotidianità del vivere – ogni tentativo (anche laddove vi fosse) è destinato a fallire, ad affondare inesorabilmente nelle sabbie mobili della palude razionalistica, non in quelle della ragione.
       “La ragione è solo un particolare tipo di intelligenza. – sostiene (e condivido) Campegiani – Un’intelligenza, per così dire, seconda […] ma deve stare attenta a non degenerare pensando di potersi totalmente affrancare dall’intelligenza prima, se non addirittura di potersi sostituire ad essa.”.
       Siamo i soli – gli uomini, voglio dire –  ad essere dotati di quella forma d’intelligenza ma, alla luce delle considerazioni testé riferite, è innegabile che inorgoglirsi, insuperbirsi è deleterio, porta inevitabilmente a porre in secondo piano ciò che, invece, dovrebbe essere preminente.
       “Se per l’uomo è comunque importante conoscere, molto più importante  è la consapevolezza di essere, di vivere nel mistero”: ecco cosa intende il Saggista quando parla di prima intelligenza; disquisisce di una facoltà spirituale insita in tutto il Creato, in tutti i suoi regni.
       E non si resti stupiti se fa coincidere – meglio, identifica – la stessa con l’istinto.
       Proprio così: perché ogni essere vivente ha un’anima (dalla roccia all’albero, dal vento alla pioggia, dall’atomo all’universo) ed è lì, su quella tavola, che sono impresse le leggi cosmiche e divine.
       Ciò non significa, ovviamente, che la coscienza razionale vada misconosciuta né, tanto meno, demonizzata: se l’abbiamo, ha evidentemente un ruolo da svolgere (nulla, in natura, avviene a caso: laddove il caso non venga considerato qualcosa di fortuito). Dirò di più; il compito, cui la ragione è chiamata, è di fondamentale importanza: quello di mettersi a disposizione del mistero – non di svelarlo sopraffacendolo – cosicché l’uomo (quanto meno sfiorandolo, se non altro saltuariamente) possa tentare un difficilissimo ma non impossibile equilibrio.
       Ecco: siamo arrivati alla parola-chiave. Molto, ma molto chiaramente lo esplicita Franco nella riflessione che segue: “O noi riscopriamo il nostro individuale equilibrio, oppure sarà la catastrofe a livello collettivo. [. . .] Madre (e Padre) Natura si ribellerà e sarà una lezione d’amore, per insegnarci a rispettare noi stessi e tutto ciò che vive e respira intorno a noi. Madre (e Padre) Natura è qualcosa di più di quel che in superficie appare. Maestra di equilibrio, non disdegna di elargire, accanto alle carezze, le punizioni esemplari. Si dirà: non è giusto che paghino gli innocenti per i peccatori, ma dove sono gli innocenti? Sarei curioso di conoscerli per poter loro stringere la mano.”.
       Come dire: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”. E, qui, le pietre le stiamo scagliando – sempre di più e sempre più grandi – sul viso di una Maddalena che non abbiamo mai smesso di considerare una poco di buono, una che pensa soltanto al proprio piacere; senza capire che, soddisfacendolo, continua ad elargire amore quella ‘prostituta’, quella Madre che, così profondamente ama i suoi figli sparsi per il mondo da dare, non dico la vita (questo significherebbe odiarci fino al punto di desiderare la nostra morte), ma uno schiaffo potentissimo che provoca un dolore lancinante sulla suamano e – più ancora – nel suo
cuore.
       “C’è una violenza nella natura, una crudeltà che non va sottaciuta, giacché è indispensabile all’equilibrio”,  scrive Campegiani.
Non ci sono frutti proibiti – mi permette di aggiungere –; l’albero del bene e del male è sempre qui, disposto ad elargire i suoi frutti, ma bisogna coglierli e mangiarli senza neppure guardarli, con la certezza che sono incontaminati, privi degli anticrittogamici di una ragione presuntuosa ed arrogante.
       È giunto il momento di concludere: non perché, però, si esauriscano così gli spunti che l’edificante lettura di Ribaltamenti suscita (siamo di fronte ad un pensiero in continua evoluzione, proprio come la materia di cui tratta). Devo mettere la parola fine perché, per tutto, c’è una conclusione affinché possa esserci un sempre nuovo, inconfutabile inizio; affinché una ragione malata non tenti di convincerci che “per divenire adulti occorra seppellire il bambino”.

Sandro Angelucci






1 commento:

  1. Carissimo Sandro, ho riletto con particolare attenzione questa tua straordinaria lettura del mio "Ribaltamenti" e sento la necessità di ringraziarti pubblicamente, dopo averlo già fatto in privato, per la capacità davvero unica di sintetizzare ed esaltare in poche righe il nucleo centrale del mio pensiero. Giustamente tu parli di un ritorno, dopo l'apparente trionfo del Nulla, ad un più equilibrato senso dell'Essere, affermando che questo recupero di modalità del pensiero oramai poco frequentate non deve essere interpretato come sciocco ritorno al passato. E poni acutamente in evidenza non l'intento di affossare la ragione umana (il cosiddetto "buon senso", sinonimo del "sesto senso"), ma quel razionalismo, oramai giunto al capolinea, con cui boriosamente l'uomo pensa di poter sostituire la propria ragione irragionevole all'intelligenza sovrana che vive dentro se stesso come nell'universo intero. E stupende trovo le parole con cui descrivi quella Madre che, per ricondurci al nostro equilibrio, è costretta a darci "uno schiaffo potentissimo che provoca un dolore lancinante nella sua mano e ancor più nel suo cuore".
    Franco Campegiani

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