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lunedì 28 agosto 2017

M. LUISA TOZZI LEGGE: "NON VEDO, NON SENTO E..." DI E. CECERE

Maria Luisa Tozzi su “Non vedo, non sento e…” di Ester Cecere

Denuncia dei paradossi storici, l’opera evoca l’eticità della Poesia; le affida con emozione il compito dell’Utile; strumenta linguisticamente categorie spazio-temporali in una simultaneità scenica sfidante.
Qui è registrata l’antica voce del coreuta, che ha affidato al tempo la sua memoria; qui è il baratro dell’inutilità della Storia, morta con Aylan nell’infanzia del suo divenire.
E si avverte, nel dire sanguinante, sovrastorico del Poeta, nel tono epico a lui necessario, la ricerca con fiaccola eroica  della coscienza perduta in foreste e paludi notturne; la coscienza del Principio rifiutato.
I versi sono urto interiore, collisione fra pensiero favoloso, trascendente, certo che ogni bellezza appartiene all’Ultima, e la realtà spiritualmente disorganizzata; sono  accorgimento didascalico, nel sottolineare il divario tra Thanatos ed Eros, tra negazione della Vita e Perfezione; tra morte ed eterna rinascita dell’uomo.
Ma  il “poema” altresì, nella sua bilocazione,  si avvale di una ricognizione linguistica specifica: laddove il Poeta - a conoscenza di mare e di venti - parte per il viaggio con parole (canoniche o frantumate dal pianto), che invitano a staccare l’ancora, a slontanarsi,  lega sintatticamente io assoluto e io relativo.

Aedo struggente, Ester Cecere va sui mari di ogni tempo, tesa verso un Dio che conosce da vicino.

domenica 27 agosto 2017

A FRANCO CAMPEGIANI IL PREMO "MARIO ARPEA" QUARTA EDIZIOINEF 2017


Giuria era composta dal Presidente, Prof. Alessandro Masi, Segretario Generale della "Dante Alighieri"; dalla Prof.ssa e scrittrice Maria Teresa Giusti; dalla Prof.ssa e scrittrice Daniela Quieti.



MOTIVAZIONE

Franco Campegiani,
collaboratore diu Lèucade

PREMIO NAZIONALE DI POESIA “MARIO ARPEA” - 4° EDIZIONE 2017


È giunto alla quarta edizione il concorso dedicato allo storico e poeta Mario Arpea. C’è tempo fino al 31 maggio per partecipare.
Il Comune di Rocca di Mezzo (AQ) organizza ormai da quattro anni il Premio Nazionale di Poesia "Mario Arpea" dedicato all’illustre concittadino, giornalista, storico, narratore e poeta.
Il bando, di cui pubblichiamo di seguito il testo prevede tre differenti classi di concorso (poesia inedita in lingua italiana a tema libero; poesia dialettale dei dialetti d'Italia; libro di poesia edito non anteriormente al 2012; saggio edito o narrativa edita non anteriore al 2012. Le precedenti edizioni hanno la visto la partecipazione di più cento partecipanti proventi da tutt'Italia.

R E G O L A M E N T O
Art.1) Il Comune di Rocca di Mezzo (AQ) promuove la 4°edizione 2017 del Premio Nazionale di Poesia “Mario Arpea” nelle seguenti Sezioni: A) Poesia inedita in lingua italiana a tema libero; Sez. B) Poesia dialettale (si richiede la traduzione) dei dialetti d’Italia; Sez. C) libro di poesia edito non anteriore al 2012, provvisto di ISBN. Sez. D) Saggio edito o Narrativa edita non anteriore al 2012, provvisto di codice ISBN. Non si richiede tassa di lettura. Chi è sprovvisto del codice ISBN sarà ammesso con riserva.
Art.2) I concorrenti potranno partecipare inviando due poesie in quattro copie in fogli A/4 non superando ciascuna le 40 righe così anche per la Sez. B) (poesia dialettale) di cui si richiede versione in lingua nello stesso foglio; per le Sez. C) e D) i libri vanno spediti in tre copie con dicitura “Pieghi di libri” affrancatura di € 1,28.
Art.3) Le opere vanno inviate in forma anonima, in quattro copie per le sez A) e B) in un plico prioritario contenente all’interno una busta sigillata con le generalità dell’Autore: indirizzo, recapito o più recapiti telefonici ed eventuale e-mail nonché il titolo delle poesie (le poesie senza titolo si trascrive il primo verso) e la Sezione a cui si concorre riportata all’esterno della busta. Solo per le Sez. C) e D) un foglio inserito dentro una busta sigillata con indirizzo completo di telefono ed e-mail del concorrente.
Art.4) La Giuria selezionerà dieci finalisti per sezione tra i quali verranno poi designati i cinque vincitori, per la Sez. A) e cinque per la Sez. B), così dicasi per le altre sezioni; i primi classificati di ogni Sezione riceveranno un assegno di € 400,00 al secondo classificato € 200,00; il terzo classificato (di ogni sezione) riceverà un trofeo; il quarto e il quinto (A,B,C,D) riceverà un premio di rappresentanza che consiste in una targa artistica o piatto decorato con nome del finalista. Ai vincitori e finalisti saranno consegnati diploma e la motivazione del premio firmata dai componenti della Giuria che verrà letta insieme alle poesie il giorno della premiazione.
Art.5) E'istituito un Premio Speciale da conferire ad una personalità del mondo della medicina o imprenditoria e/o della cultura residente nella Regione Abruzzo che si è particolarmente distinto nell'ambito della loro professione. Il Premio Speciale è indetto dalla Amministrazione Comunale di Rocca di Mezzo (AQ) al solo scopo di promuovere e incentivare gli operatori del settore. Il Premio Speciale da assegnare e la scelta delle personalità da premiare è lasciata alla esclusiva decisione e discrezionalità del Sindaco e della Giunta.
Art.6) Gli scritti contenenti annotazioni di qualsiasi natura grafica o altri segni di individuazione dell’opera non in regola con l’Art. 3) del bando saranno esclusi, senza dovuta alcuna comunicazione all’Autore, dalla selezione del Premio di che trattasi.
Art.7) I Premi in denaro devono essere ritirati personalmente dai vincitori, non si ammettono deleghe, l'assenza è considerata rinuncia e la somma verrà impegnata, a discrezione della Giuria, per edizioni future. Agli assenti, terzi, quarti o quinti la Segreteria non farà spedizioni domiciliari del premio conseguito, fermo restando che i classificati potranno comunque fregiarsi del risultato di classifica loro ottenuto. Si accettano deleghe di ritiro dei Premi per questi ultimi.
Art.8) Il materiale pervenuto non sarà restituito; con la partecipazione al concorso ogni concorrente accetta incondizionatamente il presente regolamento consentendo l’utilizzo dei propri dati alla quarta edizione del Premio “Mario Arpea” ai sensi del Dlgs 196/2003. Non saranno ammessi ricorsi di nessuna specie sull’operato della Giuria che è inappellabile e insindacabile. I componenti della stessa verranno resi noti il giorno della premiazione che si terrà nel mese di Agosto 2017. Pertanto, la partecipazione al concorso, implica l'accettazione incondizionata di tutte le clausole del presente Regolamento, nessuna esclusa.
Art.9) Tutti i lavori, indistintamente, dei partecipanti al Premio dovranno essere spediti con posta prioritaria (eccetto le Sez.C) e D) da inviare in (Pieghi di libri) evitando di fare raccomandate alla Pro Loco Rocca di Mezzo, Piazzetta dell’Oratorio 67048 Rocca di Mezzo (AQ) entro il 31 Maggio 2017 farà fede il timbro postale- Cell: 368 7166386.
Art.10) Ai vincitori e finalisti verrà data comunicazione con lettera ufficiale o con e-mail così anche del giorno e del luogo della Premiazione verranno informati in tempo utile i vincitori e finalisti, comunque, non oltre la prima decade di Agosto 2017. A Premio avvenuto i risultati possono essere consultati su Literary.it. L'Amministrazione Comunale provvede a individuare la sede dove si svolgerà l'evento che accoglierà i premiati e offrirà agli stessi un buffet conviviale. Per i vincitori e finalisti presenti venuti da una località distante oltre 300 Km sarà offerto il pernottamento a carico dell'Amministrazione. Non ci saranno rimborsi di alcun genere per spese di viaggio per raggiungere Rocca di Mezzo (AQ).


http://ladante.it/comunicati-stampa-2/1816-premio-nazionale-di-poesia-mario-arpea-4-edizione-2017.html

GIOVANNI AGNOLONI PRESENTA: "L'ULTIMO ANGOLO DI MONDO FINITO", ROMANZO


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COMUNICATO STAMPA 

Giovanni Agnoloni presenta il suo nuovo romanzo L’ultimo angolo di mondo finito (Galaad Edizioni) alla Limonaia di Castiglioncello (Livorno) Giovedì 31 agosto alle ore 21,00, alla Limonaia (Parco del Castello Pasquini) di Castiglioncello (LI), lo scrittore Giovanni Agnoloni presenterà il suo nuovo romanzo L’ultimo angolo di mondo finito (Galaad Edizioni, 2017), atto conclusivo della serie “della fine di internet”, che esplora i territori della distopia letteraria in chiave filosofica per affrontare il tema della dipendenza da internet che affligge tanti di noi, ipotizzando una situazione paradossale: l'ipotetico crollo della Rete. Ecco la sintesi della trama del romanzo: 2029. Internet è crollato da quasi quattro anni in Europa, e la crisi della comunicazione si è ormai estesa alla telefonia, mentre le principali città sono state gradualmente invase da ologrammi intelligenti, “cloni” immateriali capaci di orientare il comportamento delle persone. Negli Stati Uniti il sabotaggio della Rete ordito dal movimento degli Anonimi è fallito, e internet è rinato grazie a un progetto di copertura wireless mediante l’uso di droni. Sospese tra questi due grandi poli di eventi, si svolgono le vicende di Kasper Van der Maart, spintosi fino a New York sulle tracce della scrittrice Kristine Klemens, scomparsa nel nulla, e di quattro affiliati degli Anonimi impegnati nella ricerca delle fonti di misteriosi segnali elettromagnetici, possibili sorgenti di una nuova Rete europea: Emanuela, che esplora la Bosnia, Aurelio, che attraversa il Portogallo, e i fratelli Ahmed e Amina, spersi nel Sud Italia. Le loro indagini porteranno alla luce sorprendenti verità nascoste, legate non solo al contesto politico e tecnologico generale, ma al loro passato. E aperte su un orizzonte di percezioni capace di connetterli tutti, creando un ponte di comunicazione con chi è già “al di là del confine”. L’ultimo atto della serie della fine di internet, dopo Sentieri di notte (già pubblicato anche in Spagna e in Polonia), Partita di anime e La casa degli anonimi. La fine di una saga che, nel suo capitolo conclusivo, rivela l’identità e lo scopo della mente che fin dall’inizio ha tessuto le fila degli avvenimenti. Giovanni Agnoloni verrà presentato da Lietta Manganelli, autrice figlia del grande scrittore Giorgio Manganelli e curatrice del “Centro Studi Giorgio Manganelli”, e dagli scrittori Edoardo Volpi Kellermann e Lukha B Kremo (Premio Urania 2016). --- Giovanni Agnoloni (Firenze, 1976) è scrittore, traduttore e blogger. È autore dei romanzi Sentieri di notte (Galaad Edizioni, 2012; pubblicato in spagnolo come Senderos de noche, El Barco Ebrio 2014, e in polacco come Ścieżki nocy, Serenissima 2016), Partita di anime (Galaad, 2014) e La casa degli anonimi (Galaad, 2014). Ha inoltre pubblicato tre saggi imperniati sulle opere di J.R.R. Tolkien, ed è curatore di una raccolta internazionale di articoli sul tema. Nel maggio 2017, il suo racconto lungo Il liberto è stato pubblicato da Kipple Officina Libraria. Nel giugno 2017, il suo racconto in lingua inglese The Return è uscito sulla rivista americana “October Hill”. Ospite di residenze letterarie, festival e conferenze in Europa e Stati Uniti, ha tradotto libri di Jorge Mario Bergoglio, Amir Valle, Peter Straub, Noble Smith e Christiane Taubira, nonché saggi su J.R.R. Tolkien e Roberto Bolaño, ed è un esponente del movimento letterario connettivista. Collabora con i blog La Poesia e lo Spirito, Lankenauta e Postpopuli. Il suo sito è http://giovanniag.wordpress.com. Giovanni Agnoloni, L’ultimo angolo di mondo finito -Galaad Edizioni (http://www.galaadedizioni.com/lultimo-angolo-di-mondo-finito/) Pagine: 268Formato: 14x21 Prezzo: € 13,00Isbn: 978-88-98722-47-1 Galaad Edizioni (http://www.galaadedizioni.com/) - info@galaadedizioni.com Ufficio stampa:Spaini & Partners - ufficiostampa@spaini.it Rassegna-stampa: https://giovanniag.wordpress.com/lultimo-angolo-di-mondo-finito/

giovedì 24 agosto 2017

GUIDO GOZZANO: "LA SIGNORINA FELICITA PARTE VIII"


(...)

VIII

Guido Gozzano


Nel mestissimo giorno degli addii
mi piacque rivedere la tua villa.
La morte dell'estate era tranquilla
in quel mattino chiaro che salii
tra i vigneti già spogli, tra i pendii
già trapunti da bei colchici lilla.
Forse vedendo il bel fiore malvagio
che i fiori uccide e semina le brume,
le rondini addestravano le piume
al primo volo, timido, randagio;
e a me randagio parve buon presagio
accompagnarmi loro nel costume.
«Vïaggio con le rondini stamane...»
«Dove andrà?» - «Dove andrò? Non so... Vïaggio,
vïaggio per fuggire altro vïaggio...
Oltre Marocco, ad isolette strane,
ricche in essenze, in datteri, in banane,
perdute nell'Atlantico selvaggio...
Signorina, s'io torni d'oltremare,
non sarà d'altri già? Sono sicuro
di ritrovarla ancora? Questo puro
amore nostro salirà l'altare?»
E vidi la tua bocca sillabare
a poco a poco le sillabe: giuro.
Giurasti e disegnasti una ghirlanda
sul muro, di viole e di saette,
coi nomi e con la data memoranda:
trenta settembre novecentosette...
Io non sorrisi. L'animo godette
quel romantico gesto d'educanda.
Le rondini garrivano assordanti,
garrivano garrivano parole
d'addio, guizzando ratte come spole,
incitando le piccole migranti...
Tu seguivi gli stormi lontananti
ad uno ad uno per le vie del sole...
«Un altro stormo s'alza!...» - «Ecco s'avvia!»
«Sono partite...» - «E non le salutò!...»
«Lei devo salutare, quelle no:
quelle terranno la mia stessa via:
in un palmeto della Barberia
tra pochi giorni le ritroverò...»
Giunse il distacco, amaro senza fine,
e fu il distacco d'altri tempi, quando
le amate in bande lisce e in crinoline,
protese da un giardino venerando,
singhiozzavano forte, salutando
diligenze che andavano al confine...
M'apparisti così come in un cantico
del Prati, lacrimante l'abbandono
per l'isole perdute nell'Atlantico;
ed io fui l'uomo d'altri tempi, un buono
sentimentale giovine romantico...

Quello che fingo d'essere e non sono!


MARCO DEI FERRARI LEGGE: "LA MIA CASA" DI N. PARDINI



LA CASA DEI “SEGNI” LIRICI
 di NAZARIO

Marco Dei Ferrari,
collaboratore di Lèucade

Il “ritorno” poetico di Pardini in questa lirica narrante si consolida nella “virtualità” di gesti familiari e di radicamenti segnici indimenticabili.
I nonni sono i protagonisti con la “mediazione” dialogica del padre e ripetono nei versi la gestualità di un rito strutturato in presenze necessarie ed ineludibili. Le stanze, un tavolo di ciliegio, un matterello, la ventaglia, il carbone, il paiolo sono oggetti/soggetti segnici che incidono l'arte del Poeta trasformandone la realtà oggettiva in sintomo soggettivo di intuizione armoniosamente lirica. E' una vera “rivoluzione” dei significati-significanti che abbraccia ogni “capitolo” della vecchia casa degli avi e rinnova nel gesto l'indispensabile connubio oggetto-soggetto per porsi svolgimento interiore di una verità storica. In altri termini l'“oggetto” in questa casa “vive” il proprio progetto di destinazione, incardinata nell'emozione del creativo, ma non è solo.
Infatti la Natura qui appare molto intensa nel suo vorticoso fluire: dal ciliegio reciso alle faville in altura, dagli schiocchi d'artificio all'inverno che Pardini anima eccezionalmente accostandolo alla campagna “candida come il latte”... Una campagna che si rievoca con il nonno del Poeta in galline schiamazzanti e faine fuggiasche.
Ma l'artista non si ferma alla narratio naturae; procede su orizzonti più lunghi e lontani che ci lasciano scorgere metamorfismi soggettivamente reali (campi bianchi... fiocchi lievi...) realizzati da “storie” vere, strutturate su “materiali” di svariate certe tipologie come la personalità del Poeta, la tradizione, un linguaggio specifico. Infatti l'arte di Pardini è anche modalità formativa/interpretativa, è un movimento morfologico di liricità interna presente come componente nelle relazioni visibili ed invisibili, abituali - inusuali riferimenti della antica casa. La casa-”icona” a testimonianza di eventi nel tempo dello spazio concesso a trisavoli, nonni, genitori che affiorano dalle “forme” di un verbo o di un sostantivo o di un aggettivo e che sostanziano “forme” diverse e derivate (la scia della torcia... l'occhio dell'inverno... lo sprofondare dei piedi...). Ma il segreto più profondo di questa “casa” pardiniana è la connessione degli “insiemi”, dove ogni ricordo si manifesta in un altro, trascinando esempi di esseri e cose nella circolarità di un atto individuale che connota la “parola” e la destina alla sensibilità raffinata di un vero “cultore/ricercatore” quale è Nazario.
E' la rivincita del lirismo “aperto”, dove le parole non si afflosciano nella semplice dimensione monocorde della memoria, bensì si multiformano evocando azioni, gesticoli, condivisioni di scenari che un sito (colonico) codifica e vertigina in nomi , simboli, oggetti, animali, fenomeni naturali, ritagli di impressioni e sentimenti custoditi con sommesso rispetto. E' un comunicare di natura “semiologica” per un artista sempre in divenire che si confronta nel conoscersi per non conoscersi mai: Nazario Pardini.

                                               Marco dei Ferrari



La mia casa

- Perché mi parli sempre di una casa
di due stanze con nell’ombra un po' in disparte
un focolaio a struggere un gran ciocco
pigramente; e di un tavolo nel centro,
smisurato, costruito con il legno            
di un ciliegio reciso; e della nonna  
a stendere la pasta al matterello                  
o a usare la ventaglia sul fornello
a carbone che spolverava cenere;          
e degli oggetti in rame; e lungamente
di quel paiolo adorno di faville
che s’immillavano in alto. Le volte
che mi hai parlato della vecchia casa
in cui abitavi, padre, saran mille. -
- Ma guarda che mia madre era tua nonna,
anche se mai l’hai vista! E quel camino
era meraviglioso coi suoi schiocchi.
Sembravano dei fuochi d’artificio.
- Sì. Me l’hai detto. - - Allora ti  racconto
dell’inverno mio amico. Penetrava
frusciando da fessure, s’inoltrava
nella stanza, poi andava alla finestra.
Alzava la tendina e in cuor gioiva
di vedersi l’autore, tutt’intorno,
di una campagna a stelle in filigrana
candida come il latte. Parlavamo.
Quante cose diceva. Poi tuo nonno... -
- Cosa faceva nonno? - - A tarda sera
andava con la torcia sulla neve.
Vedo ancora la scia. Io credevo
lo facesse per gioco. Quando vecchi,
si ritorna bambini. - - E invece? - - Udiva
gli schiamazzi di galline. Andava giù,
rumoreggiava intorno e le faine
prendevano la strada per i campi. -
- Le faine? - - Allora t’interessa
la mia casa. - - Sarei proprio curioso
di vederne le stanze, i campi bianchi
della neve notturna e i fiocchi lievi        
fruscianti sotto l’occhio di un inverno
che racconta le storie. E tu ci andavi     
nel candido cortile o per il prato
a sprofondare i piedi con tuo padre? -

 da Alla volta di Lèucade, Baroni Editore, Viareggio, 1999





SERENELLA MENICHETTI: "NOI COLLEZIONISTI DI NIENTE"

NOI COLLEZIONISTI DI NIENTE

Serenella Menichetti,
collaboratrice di Lèucade


Aveva pavimenti di mattone consumato, la nostra casa.
Una poltiglia di rosso, sudore e cera, colmava buchi e avallamenti.
-Vedi come brillano?- Mi mostravi asciugandoti la fronte-
Nei tuoi occhi pervinca risplendevano stelle.
Un acquaio di pietra grigia.
La madia di legno scuro.
Il grande desco di marmo.
Il forno invaso da aromi
Una nonna con la testa interamente coperta da una pezzola scura,
quieta spalmava panna di latte su pane fresco.
Un magico gatto tigrato, di giorno, acciambellato
su una sedia impagliata attendeva il tramonto,
per aprire con la grossa zampa il chiavistello,
raggiungere la notte e divorare il buio con il giallo
degli occhi. La morte di nonna l’aveva fatto sparire.
Sono certa che conoscesse la strada per il Paradiso.
Ognuno prende la propria strada.
Ancora si illuminano i tuoi occhi guardando
l’immagine di carta che mi rimpiazza.
Ti sei sempre accontentata di poco, mamma.
La felicità la trovavi in quella piccola
area della tua anima coltivata a fiori di campo.
Noi che amiamo il collezionismo
cerchiamo in altri luoghi, con altri mezzi.
Lasciamo che l’erba cresca alta e i rovi
soffochino il terreno dell’essenza.
Anche gli specchi di ogni foggia e misura
sono innumerevoli.
E se rifletto la mia immagine, io non ti trovo.

Serenella Menichetti


LINO D'AMICO: "ETA' CANUTA"

 Età canuta
 
Lino D'Amico

L’attimo scorre nel guizzo di questa età canuta
e crea diafane geometrie senza spazio
in un caleidoscopio di occulte utopie
che cancellano le orme del mio andare
nel frusciare evanescente di miraggi.

Raccontano di aguzze amarezze,
di abbracci gioiosi, perduti amori,
furtive carezze, meditate rinunce,
emozioni annotate su un calendario ingiallito
appeso alla parete fatua dell’oblio.

Bisbigliano, senza dire, quasi con pudore,
 nel morbido crepuscolo che mi accarezza,
tra luci ed ombre  di mute apparenze,
che prendono forma, poi svaniscono,
improvvise, nel vuoto di irreali fantasie.







domenica 20 agosto 2017

ANNA MAGNAVACCA: LETTURA DEL LIBRO "IL COLORE DEI GIORNI"

Lunedì letterari reggiani - lettura della libro "Il colore dei giorni"

Il libro con la tua bellissima prefazione è stato interpretato dalla brava attrice Cristina Sarti che è una mia cara amica. L'evento ha avuto luogo in località Castelnovo ne' Monti ( Pietra di Bismantova) nel bellissimo centro storico. Ti giro tutto quello che ho inviato alla editrice Puntoacapo. Il Link:

https://goo.gl/photos/ZjaNK3Ss7cE1Yncz5

Anna Magnavacca









PREFAZIONE
A
IL COLORE DEI GIORNI
DI ANNA MAGNAVACCA
Un succo piuttosto amarognolo di un realismo lirico avvincente e
coinvolgente



Importante personaggio della vita culturale contemporanea, Anna Magnavacca è presente in letterature e antologie prestigiose con all’attivo riconoscimenti nelle più note competizioni poetiche. Componente di giuria in premi letterari, il suo curriculum è impreziosito da riconoscimenti alla carriera e da numerose pubblicazioni di poesia, narrativa e cronaca lunigiana di cui si sono occupati, con prefazioni e recensioni, critici di valenza nazionale. A noi il compito di esaminare Il colore dei giorni, questa nuova sua fatica i cui versi, intensi, coinvolgenti, e di grande fattura realistico-partecipativa, abbracciano impulsi emotivi con voci verbali e stilemi allusivi di polisemica significanza. Mi piace iniziare dalla seguente prodromica citazione testuale per evidenziare le caratteristiche peculiari della sua poetica:

Si stanno aprendo le saracinesche dei negozi                      
con i rumori più strani. Alcune graffiano l’aria
altre sembrano piangere lungamente
ma con dignità ( siamo in tempo di crisi).
Altre ancora scricchiolano come avessero
ossa antiche e alcune si svegliano con una risata.
Salgono salgono salgono
fino a lasciare scoperti i segreti della vetrina.
Più lontano il battito ferreo di un martello
( stanno ristrutturando una facciata)
e il sibilo sordo di un trapano.

È qui la sua poesia, il suo dire; sono qui i suoi accostamenti ad una realtà da cui trae ogni mossa, ogni input a sollecitare le sue emozioni, le sue visioni sullo scorrere dei giorni, sui fatti di questo nostro esser/ci. E lo fa colorando ogni aspetto del vivere e ricorrendo ad intuizioni e ad assemblaggi sintattici di grande vis creativa. Alternando versi di grande ampiezza a misure più brevi, per meglio consolidare la varietà fenomenica che le si presenta con il polemos eracliteo tra gli opposti di cui è condita; per sintonizzarli al fluire dei suoi intendimenti etico-intellettivi. Un’euritmica musicalità ex abundantia cordis. Ex veritate rerum. Poesia colta intessuta di dolente esperienza, rivisitata in chiave “pensosa”. Ricordiamo che Aldo Capasso si era fatto promotore e interprete di un Realismo lirico che aveva contagiato la metà del Novecento letterario. La Nostra sembra ripercorrere con onestà, ma con intendimenti personali, i tratti salienti di tale poetica. Già ebbi a scrivere su altre sue opere e credo sia utile accennare ai passi salienti di tali recensioni per mettere in luce la continuità stilistico-esplorativa del suo ductus poetico: “… Una consuetudine quasi scontata. Un vivere i fatti come se si succedessero senza novità alcuna, come se si presentassero con quella abitudinaria quotidianità a cui è d’uso partecipare. Ed è da questi fatti che la Nostra sente la necessità di svincolarsi per azzardare voli oltre, oltre certi spazi che segnano il limen del nostro vivere, che segnano notti che lacerano-consumano…” ( da Le promesse dei giorni e altri versi. Edizioni Helicon. Arezzo. 2013. Pp. 66); “… C’è anche la natura a supportare le tensioni emotive in questi versi, con i suoi profumi, con i suoi squarci di cielo, le sue vermiglie bacche, le fioriture improvvise, o gli odori di mosto a donare  momenti di allettanti fughe edeniche; c’è la natura coi suoi magici poteri a cospirare a favore di riposi interiori. E d’altronde anche quelle fusioni paniche non sono altro che soluzioni per un sentire che prende corpo e si concretizza; che si materializza in ariosi slarghi di pensiero, e di amore, intenti, forse, a vedere, nelle vicissitudini del tempo, primavere e attese di glicini dorati per offrire respiro agli affanni del vivere…” (daOltre la siepe di sambuco e altre poesieGuerra Edizioni. Perugia. Pp. 70. € 6,00). Una continuità che consiste nell’utilizzo della realtà, del suo minimalismo figurativo, a fini strettamente introspettivi. La differenza è che in questa ultima opera l’autrice affonda la penna in maniera più incisiva nei colori e nei suoni, nei fatti e nelle stagioni, nelle vicende e nelle esemplificazioni di un verismo più aggressivo. E fa confluire i singoli aspetti della realtà in un serbatoio per nutrire l’anima. Tanto che tutto in lei assume un significato di perspicua sapidità disvelatrice. Ogni strappo, ogni movimento si fa voce di un sentire che ri/dà alla pagina una storia vissuta, animata del suo mondo interiore. Un articolato linguistico dove l’apporto di combinazioni semantiche imprime forza a sollecitazioni mnemoriche che ora fanno vagire gli autunni, ora fanno verzicare le primavere. È così che Il colore dei giorni si dipana su uno spartito poetico rivelatore di maestria tecnica, sensibilità, capacità di osservazione e di rielaborazione, nonché di efficaci simbolismi analogici di tensione orfica e, anche, dai toni epico-lirici.
   Si osservano strade piene di voci in giornate di caldo estivo; voci che si confondono, si legano e volano:

… Voci di bimbi che non possono
stare fermi e le voci delle madri
dalle finestre dei cortili
- colorati da lunghe tovaglie stese -
chiamano richiamano e ancora.
E’ sogno per i ragazzi l’estate… (Oggi la strada),

solitudini che spiccano, che si elevano sopra le strade, i suoni, i colori, i movimenti; solitudini non solo della poetessa, ma quelle oggettivanti di ogni essere di una umanità che non riesce, nella sua globalizzazione, a leggere gli animi stanchi di correre nel vuoto:
… Volano i piccoli piedi nella strada
che non è più sola e la solitudine
può essere sentita anche da una strada
una qualsiasi strada (Oggi la strada),

e si continua con l’analizzare il ristretto circuito di una stagione che può farsi benissimo universale esistenza: la gente, i giovani, gli adulti, in questo dipanarsi dell’ora dal mattino alla sera:

A sera cambia il tono delle voci.                                 
Adesso voci di adulti che amano
passeggiare magari mano nella mano.
(…)
E c’è chi passeggia da solo, parla dentro di sé
e ricorda il tempo della bellezza.
Se incontra una ragazza che cammina svelta
per un appuntamento d’amore
le sorride ma la donna ha gli occhi viola altrove (A sera cambia il tono).

Tocchi di memoria di antiche primavere, di bellezze sfuggite, di rimpianti, magari, per parole non dette, in sguardi, in sorrisi di occhi viola altrove. Tocchi di cuore in colori accennati e demandati a sveltezze di appuntamenti. Dove ragazzi spersi nell’amore:

… parlano…parlano…”…e se io morissi?
“ Ti verrei a riprendere nel regno nero
della notte infinita…” –“ …ma Orfeo non è
riuscito a riportare alla luce Euridice…”
-“ Lo so ma io non mi girerò per entrare nei
tuoi occhi….ti guarderò dopo, quando
saremo usciti dalla nera porta di piombo
e ci ameremo subito, appena usciti…
allora entrerò nei tuoi occhi
sull’ erba fresca, fra scoiattoli e fiori di bosco
ci saranno cigni su un lago azzurro azzurro….”
( quante parole l’amore può far dire ….) (Sono abbracciati).

Si raggiungono vette di un lirismo erotico-sentimentale di vera poesia nuova, voluta, con cenni a contorni mitologici che ne potenziano la validità, con un linguismo scorrevole, condito di erbe fresche, fiori di bosco, cigni e laghi azzurri in sperdimenti detti senza retorica. Bella pagina di poesia!   

Molte le occasioni poetiche, e tante quelle concrete da cui trarre motivo d’indagine psicologica. Si ricorre persino agli odori sugosi della dirimpettaia, per ritrattare uno stato d’animo degli anni della fanciullezza:
         
La mia dirimpettaia  sta cucinando                              
e odori sugosi arrivano sul mio balcone.
(…)
Strofina un oggetto sul lavandino
accende il gas, butta la pasta mentre ascolta
musica, una canzone della giovinezza
e queste note riportano anche me
al tempo delle troppe raccomandazioni
“…non fare questo…è peccato…non andare….”
Mio Dio, io peccavo…poi la sera
avevo paura che il diavolo mi portasse via
e dormivo con la testa sotto le lenzuola (La mia dirimpettaia).

Una maniera di porsi snella e carezzevole, intima e fugace, quella della Nostra, quando a mezzogiorno il silenzio si impossessa dell’ora che sembra stia ferma-immobile, al suo paese:

C’è silenzio nell’ora del mezzogiorno        
e sembra che l’aria stia ferma- immobile
come un monumento antico coperto d’edera.
Nel mio paese è così( C’è silenzio nell’ora),

o quando al ristorante il solito venditore di fiori offre le rose:

… Un venditore di fiori fra i tavoli  offre rose
ma nessuno le compra. Le ragazze preferiscono
una grande fetta di torta al cioccolato (ibidem).
Quanta riflessione e quanta malinconia sottintendono questi versi!
   I fatti, le persone, i sentimenti, le dicotomie, le empatie, la vita comune, gli acquerelli del giorno e della sera si susseguono in questa narrazione scrupolosa e puntuale, oggettiva, ma che tanto ha a che vedere con l’animo della Magnavacca. Quasi un idillio leopardiano, che fa della prima parte il serbatoio delle immagini, per poi servirsene come simboli del suo sentire. Narrazione, quindi, avvolta da emozione e commozione di un’autrice, che, pur partecipe di questa avventura, sembra che la osservi da una torre d’avorio,d’en haut, tanto i dati sono minimizzati, frantumati dall’osservatorio su cui è disposta.
Si fanno sempre più concreti, realistici: un uomo che raccoglie i rifiuti; una tuta arancione brillante; il grigiotriste della strada deserta; i cestelli pieni di colori: verde chiaro, lo scuro, l’arancio, il giallointenso; bucce, ghirigori; impronte di denti; insalata rattrappita; mano violacea, donna centenaria; pastasciutta rossa parrucca; arte, arte, tanta arte.
Univerbazioni e unità sintagmatiche di accoppiamenti fra aggettivi e sostantivi - uniti fra loro da vocali-consonanti-vocali - con invenzioni creative di prim’ordine  (arancionebrillante, casaspaziosa, odorecaldo, rossosangue, gustocolore…), e con sinestesie e figure stilistiche che rafforzano il significante metrico della cifra poetica.   
          E la vita scorre, va avanti, improrogabilmente, lo dicono gli oggetti, le figure, le abitudini; va avanti fra silenzi, solitudini, pensieri, supposizioni, fra signore di balconi accanto:

… La signora del balcone accanto al mio-in silenzio, in
perfetto silenzio- ha lasciato la sua casa un po’ rumorosa
un po’ vecchia e con l’odore di latte bruciato.
Abita ora -così dicono- una grande casaspaziosa
piena di sole e  ombra. Avrà tanto tempo, le piaceva
        scrivere e allora chissà quanti versi cuore-amore!
Insomma dicono stia bene, meglio di prima (La porta del balcone).

E c’è la morte. La morte che fa parte della vita. Di questa vita che amiamo, forse proprio perché ne contiene il sapore a provocare in noi la coscienza della casualità e della brevità del nostro esistere. E il sopraggiungere di quegli accidents ferali che ci fanno disperare, per la loro gravità, per le loro aggressive sottrazioni: forse è col ricorrere alle memorie che si può prolungare il palpito del vivere. Me lo diceva un mio vecchio professore: “L’unico sistema di vincere la morte è quello di ricordare la vita”.

… E’ morta di cancro la giovane madre -42 anni. Dal seno
il male si è trasferito- ha cambiato casa - alle ossa, alle
giunture attraverso vie segrete, impreviste. In piena
notte - come un ladro- ha rubato tutto, ha bevuto tutto
il sangue buono, l’ha sostituito con la “candeggina” che brucia
forte e sbianca in quattro e quattr’otto.
(…)
E il prete parla parla dell’immenso amore di Dio per noi.
Non so chi -in questo momento- possa crederci (In Paradiso ti accompagnino).

Sì, è rifugiandosi nei caldi spazi giovanili o nelle verdi speranze di antiche primavere che si possono riportare a galla giorni e luoghi, per farli rivivere.        

Ho messo i panni nella lavatrice molto presto              
( si devono rispettare certe fasce orarie).
(…)
L’odore del primo freddo di dicembre, il sapore fra le dita
della menta, il gustocolore della crosta del pane appena sfornato
l’odore dolce-amaro di una bocca rossa baciata
sotto un pergolato di glicine acerbo.
Non ne rimane ormai e soltanto il ricordo può sopravvivere (Ho messo i panni).

E anche se l’aria cambia colore in questi versi che ci attraggono per i loro significati di inizi e di ultimazioni, di luci e di ombre, di chiassi e di silenzi, e di colori, colori, colori:

… Anche l’aria questa mattina
ha cambiato colore. Meno dorata
è di un grigio-azzurro profumato di salmastro.
(…)
La vita ci offre continui cambiamenti e spesso
tra capo e collo. Bisogna essere sempre pronti
e previdenti. Mi viene in mente la  “Parabola delle vergini”.
Spesso anch’io non mi sono sentita pronta
verso gli accadimenti imprevisti della vita
e ho incolpato Diopadre di non amarmi abbastanza….
ma- a volte- anche l’amore dei genitori
non è completo e duraturo (Un’acquazzone improvviso),

lo fa fra queste presenze, fra questo susseguirsi abituale e giornaliero di ore e di giorni in cui si esplicita la filosofia dell’autrice. Perché è con quei richiami che dà vita ai suoi pensieri, che concretizza i suoi sentimenti, e che nutre il suo poema rivelatore di un senso brevitatis vitae. Rivelatore di una stagione memore di abbandoni e tristezze, di illusioni e delusioni, di realtà e sogni. Ma di quadri, anche, che dipingono giovani forti che a torso nudo ispirano bellezze in fiore:

… Quando suona mezzogiorno i ragazzi bevono caffè
e menta e mangiano grandi focacce.
A sera le ragazze profumano di vaniglia
e i giovani muratori le baciano fra tigli e gelsomini.
La luna apre la sua bianca conchiglia
e loro se ne stanno lì dentro con i volti accesi (Stanno ristrutturando),

o di quelli che trattano storie commoventi di amori oblativi, di uomini grassi che sudano per il caldo e che vanno a trovare la moglie al mare, lei in vacanza; per loro un attimo, una sera, perché devono tornare, c’è il lavoro. Ma lasciano la sposa felice con una luce dorata negli occhi per una nuova storia estiva. La moglie è felice, e questo basta:

“ Ieri sera -sulla battigia -ho ballato con mia moglie.
Ho visto nei suoi occhi una luce dorata
che non vedevo da anni. …”
(…)
“ Dopo mia moglie ha ballato con un giovane…..
…scivolavano leggeri sulla pista. Io sono andato a letto
ero stanco e dovevo alzarmi presto. Lei è rimasta
a guardare le luna e a contare le stelle…così luminose….
Quando mi ha raggiunto mi ha detto
 “ Ti amo perché sei grasso e sempre stanco…”
“ Può essere e lei è felice?”
“ Sì, sono felice!” e allora  “ Questo basta.” (L’uomo grasso).

          La vita a 360° gradi quella che ci racconta la poetessa. Con tutte le vicende che capitano in questo nostro spazio ristretto di un soggiorno. Sì!, con storie d’amore, d’incontri, di sguardi, con storie comuni da cui è possibile ricavare un succo, un grande pensamento, totale, generale, oggettivo. Un succo piuttosto amarognolo di un realismo lirico avvincente e coinvolgente, perché nostro; romanticamente lirico, anche, nel dipanarsi di una poesia sorretta da tanta naturalezza e spontaneità, che indaga nei meandri più reconditi dell’esistenza e che fa della memoria un gioco di fughe e di ritorni, d’incanti e di magie, in cui i colori brillano più vividi. In cui divengono liricamente sublimi, perché è la memoria stessa a colorarli dilucciole che volavano misteriose e luminose nel buio della notte:
Ho percorso oggi  le antiche strade                                         
del paese della mia infanzia e giovinezza.
(…)
Mi tornano in mente le lucciole che volavano
misteriose e luminose nel buio della notte….
Chi ne acchiappava di più vinceva
e sotto il bicchiere era la loro fine….
al chiarore-amico delle lucciole il sonno arrivava prima
non entravano dalla finestra streghe e fantasmi.
Benedetta acerba dolce età! (Ho percorso oggi).

E si fanno avanti vasi di fiori sul terrazzo che parlottano fra loro; tombe sole fra erbe avvizzite a memorare la morte; sigarette che parlano di noi; e donne che viaggiano sui treni con tanta stanchezza negli occhi. E tutto con nel sottofondo quel motivo di malinconia, giusto, mai eccessivo, vero terriccio fertile per la poesia. Sì, un certo pessimismo sulla vita e sul correre del tempo. Ma alla fine sono gli squilli della natura a incantare la poetessa e a incantarci:
Cambia il colore dei giorni
con le giornate che portano grappoli ardenti
e caldo profumo di menta nascosta
negli umidi fossi. Freme il ligustro
all’ultimo oro di zigzag nel cielo.
Il sambuco nasconde piccoli-avidi volatili
e il suo profumo entra nelle narici.
Chiarepulite le facciate delle case antiche
e il mattino più dolce nei riverberi del risveglio (Cambia il colore dei giorni).
Ed è proprio il pensiero della sacralità della vita col tesoro che contiene a dominare sul tutto:

… Nell’orma fuggevole del tempo la vita
deve essere vissuta tutta, fino in fondo
e sul fondo - a volte - puoi trovare un tesoro
nascosto… (ibidem). 
  
Nazario Pardini