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Prefazione a Donatella Zanello: Giorni di vento. Edizioni ETS. Pisa
2017
Madre, mamma, mà, amata,
tutta la mia vita ho pensato
a te,
mi sono consumata nell'amore
di te
ma ora non sono riuscita a
trattenerti.
Eppure, i grandi tuoi doni e
l'amore
che generosamente ci hai dato,
quelle tue rare carezze e
baci,
i tuoi sorrisi, gli anni
andati via
e il moto lento e solenne dei
ricordi,
tutto ritorna, adesso,
nell'ombra
della sera che scende. Si
rischiara
un poco l'orizzonte. Il cielo
si rasserena
e poi si spegne in acqua, come
quando
ero bambina, dopo il
temporale.
Poesia
duttile, gentile, fluente, di eleganti iuncturae; poesia che con la sua
plurivocità si fa corpo di un’anima tutta volta all’amore, al respiro del mare,
ai voli su placide colline tinte di cielo; ad una natura da proteggere come
bene sacro dell’intera umanità; a scoprire e riflettere sul tempo, l’esistere,
e tutto ciò che anima il mondo, tutto ciò che ci anima e ci fa vivere, con
messaggi di sinestetiche allusioni, di intrusioni simboliche di grande respiro:
affetti, emozioni, incontri, illusioni, delusioni, sottrazioni di urgente resa
poetica; di grande valore umano. La poetessa fa della sua vita un canto e di un
canto la vita. Iniziare da questa
citazione testuale significa andare a fondo nella poetica della Nostra, nel suo
intimo fiorito di memorie, di profumi selvaggi e saudade. Tornano rievocazioni
di giorni di fresche primavere, di incontri luminosi di sole, di affetti e di
abbracci, di sorrisi e di carezze, di orizzonti chiari e infiniti,
<<nell’ombra/ della sera che scende>>. Leggere le sue poesie
significa immergersi corpo e anima nella polisemica significanza del vivere;
del nascere, del divenire, del ricordare e del morire. «Dove siete diretti?» la domanda
ai viandanti nello Heinrich von
Ofterdingen (1798-1801),
di Novalis. La risposta «Sempre verso casa»: il viaggio quale Odissea, quale
ricerca, quale formazione, quale metafora della vita, quale nostoi. Sì il
viaggio alla scopeta del mondo e di se stessa. Questo affronta la poetessa per gustare di più il piacere dei suoi
luoghi, il ritorno alla sua <<isola>> quasi novello Ulisse:
Ho scoperto tardi di amare
questa mia città, La Spezia,
quanto la mia stessa vita.
Questa città di strade alte e
scalinate orlate di platani,
come una piccola Parigi
degli anni Venti. Ovunque
vestigia di bellezza, strati
pesanti di cemento sulle
campagne del secolo scorso,
l'Arsenale posato su spiagge e
secche scomparse,
sprofondate, il porto che
avanza con le navi e le gru,
un ponte bianco gettato come
una vela sopra il mare.
Il castello San Giorgio, gli
ascensori che portano
al Prione ricco di negozi
eleganti, il degrado della
povertà ad ogni angolo imbrattato,
sotto la Cattedrale,
sotto i portici umidi e gli
errori di Piazza Verdi.
Questa è la mia città,
svogliata nel mattino e nel
dialetto che lento si
trascina, nel mare che brilla,
nei locali fumosi, nei
bugigattoli del porto, nei bar,
quando arrivano le navi
immense, bianche,
cariche di crocieristi che
vogliono andare a Firenze.
Ed è per questo che la sua poesia si fa calda
e intima, fattiva e contaminante. I panorami dei suoi luoghi si traducono in
veri personaggi che rivestono appieno i sentimenti dando loro colore e empatia:
La
casa in collina è baluardo, rifugio,
eremo
assurdo avvolto nella notte,
nascosto
nella nebbia e nel verde
della
pioggia di novembre.
Un
rifugio che denota la necessità di credere in un’alcova, in un angolo in cui poter
assaporare tutte le nostalgie, gli amorosi sensi, la ballezza del vivere, la
potenza del sogno e dell’amore, il messaggio della realtà. <<La gioia di
essere tristi>> come afferma V. Hugo. D’altronde è proprio dell’uomo
crearsi un angolo appaltato per respirare, per parlare con noi stessi, per
tirare bilanci, per agganciare le sponde dei sogni, e ovviare così alle sottrazioni
del quotidiano.
Ed è
proprio la poesia la vera amica e collaboratrice che mai potrà tradire il fatto
di esistere. È ad essa che la Zanello affida tutto il suo pensiero, ogni suo
input emotivo, ogni suo segreto vitale, perché al suo splendore germogliano i
campi, spuntano le mèssi, i raggi della pallida luna, l’atroce bellezza
dell’amore:
Germogliano
i campi
al
tuo passaggio, Poesia,
sotto
i tuoi piedi
spuntano
le messi
mentre
il tuo viso splendente
riflette
i raggi della pallida luna.
Se
tu non fossi tornata,
tu
prigioniera dell'oscurità,
soltanto
un grigio deserto
di
fuoco e di cenere
sarebbe
la terra,
senza
la tua musica
e
senza la crudele dolcezza
e
l'atroce bellezza
dell'amore.
Una
natura delicata e oggettivante che prende per mano la poetessa e la porta negli
angoli più reconditi delle sue magiche sponde; ed è in quegli angoli di panica
consistenza esistenziale che incontra la
misura dei suoi abbrivi emotivi: materiale per il suo canto.
Un
credo solido e indistruttibile al cui altare la Zanello tiene accesa la
fiaccola del suo sentire, la fiamma di una narrazione da far ereditare da
quelli che verranno. Dacché è cosciente della precarietà della vita, del
passare rapido dei giorni, dell’ingordigia del tempo, ed è per questo che
affida all’amore e alla poesia il compito di rendere eterno questo tratto
precario dell’esistete:
Così sarai sempre giovane per
me, sarai
la luna d'estate e il sole e
il mare, così
come sei, così azzurro
nell'azzurro degli occhi,
così immenso nella piega bella
e feroce
delle labbra, così alto e
forte come un albero,
giovane uomo elegante,
puledro, delfino.
Sempre, sempre insieme, senza
invecchiare
nel tempo che ci è stato
rubato, senza il male.
Insieme senza il tempo,
oggi come ieri,
Un
tempo eterno che vinca la futilità della vita. Ed è proprio la convinzione di
questa passione che fa vedere alla Poetessa quanto sia leggero il comportamento
di certe giovani che <<Non sanno nulla, finché un aereo le porta via/e
volano nel cielo, lontane, negli aeroporti/ e nelle strade affollate di tante città,
Londra,/ Parigi, New York,…>>
Figlie, sorelle, belle ragazze
che sempre
si lamentano del freddo e
delle amiche invidiose,
restano qui, aggrappate ai ricordi felici
dell'infanzia innocente, alle
estati, alla purezza
del mattino che sgocciola in
rugiada sui prati.
Non sanno nulla, finché un
aereo le porta via
e volano nel cielo, lontane,
negli aeroporti
e nelle strade affollate di
tante città, Londra,
Parigi, New York, Stoccolma,
Atene, Barcellona.
E Milano, Roma, Perugia,
Firenze, Sanremo.
Teatri e palcoscenici diversi,
note di jazz, applausi.
Così vanno e andranno via,
come foglie nel vento.
Io sono l'albero, sono il ramo
che le vede staccarsi,
ondeggiare, cadere, volare.
Panorami
e città dove è anche facile perdersi, smarrirsi
in pulcritudini che annullano il nostro essere con la loro attrazione:
La
rocca di San Marino, spezzata in due dal tempo,
non-
luogo, terra di libertà assoluta, indipendenza,
senza
sudditanza ad altrui poteri. Le guardie sorridono
nelle
loro divise azzurre e verdi, eccentriche.
L'aria
è leggera e dall'alto si vede la spiaggia lunga
di
Rimini, l'Adriatico verde di nebbie, il tramonto.
Breve
e felice è stato questo viaggio, veloce e travagliato
come
la vita e come tutto, senza inizio nè fine.
Il
viaggio e la vita, l’andata e il ritorno, la fuga e il rientro sono motivi che
tornano spesso in queste pagine, dove l’esistere è concretizzato in simboli di
configurazioni realistiche che o trascendono il reale per sfiorare l’onirico o toccano
le corde di una realtà, l’unica realtà possibile, in un corridoio di un ospedale ad aspettare
un medico affannato:
Poesia,
libertà, amore. Soltanto parole, oppure
l'unica
realtà possibile, per me, che non ho casa
più
se non nel tuo cuore straziato, madre adorata,
qui,
nel corridoio dell'ospedale, da due ore in piedi
ad
aspettare il medico affannato, stravolto, come
inseguito
da una muta di cani urlanti, poveretto.
Un
pazzo che non ha alcun potere su niente,
nell'urgenza
delle cose, della vita che sfugge
quando
scende nei rigagnoli, nel fango, nel fumo
di
una sigaretta, nel fondo amaro di un caffè.
Il
sogno, la realtà, l’immaginazione, la gioia e la tristezza si miscelano in
questo poema fortemente umano, e umanamente possibile come d’altronde è la
vita. Tanto vale rifugiarsi in quell’attimo, con il futuro alle spalle,
sorridere con gli occhi pieni di lacrime, cantare con la morte nel cuore:
L'inquietudine
è malattia che produce poesia.
Poesia è quell'attimo unico,
di bellezza,
di perfezione. Quell'attimo
che vale una vita.
Noi ci ritroviamo, noi due,
con il futuro
alle spalle. Gli anni migliori
sono dietro di noi.
E allora, meglio non pensarci,
no? Sorridere.
Con gli occhi pieni di
lacrime, per tutte le
brutte notizie, i lutti, gli
errori fatali, il perdono.
E cantare, con la morte nel
cuore, per celebrare
tante amare vittorie e le
sfide, i progetti,
sempre più piccoli ed inutili.
Sembra
che in questi versi domini la rassegnazione ed un certo pessimismo sulla vita;
ma il fatto sta che la Zanello la ama questa sua irripetibile vicenda; ed è cosciente
della sua unicità; e anche se spesso è attratta dalla complessità dei tanti
perché di difficile soluzione, alla fin fine è la speranza di un canto che non
muore ad occupare il campo e farsi primo attore:
Il viaggio è musica e la
musica è viaggio.
Nel vento raccogli ogni suono
del mondo,
ogni suono è un colore. La
voce ha tanti colori,
si innalza nell'aria come un
arcobaleno, finalmente,
sul
mondo impestato, ferito, calpestato, su tutte
le
fatiche deluse, sulle aspettative tradite, sulla buona
volontà
che non basta, sull'onestà che non paga.
E
allora, che sia musica e canto e suono armonioso!
Che
sia speranza che non muore o Spes ultima dea!
Una
musica che vinca le ristrettezze del vivere, gli inganni del tempo, la
coscienza di thanatos ed eros, il passare degli anni, il male dell‘amore:
Credetemi,
è già tardi.
Bisogna
prepararsi.
Ecco
un refolo di vento
che
si porta via la sera,
il
tramonto sulle isole
e
l'orizzonte chiuso,
sotto
un cielo assorto
di
pioggia trattenuta.
Così
passano gli anni
e
voi non lo sapete
quanto
male ci ha fatto
l'amore.
Nazario
Pardini
DAL TESTO
1.
Credetemi, è già tardi.
Bisogna prepararsi.
Ecco un refolo di vento che si
porta via la sera,
il tramonto sulle isole e
l'orizzonte chiuso,
sotto un cielo assorto di
pioggia trattenuta.
Così passano gli anni e voi
non lo sapete
quanto male ci ha fatto
l'amore.
2.
Si spezza il cielo nell'alba
di luce,
si infrange l'onda bianca
sulla scogliera,
mentre soffre il cuore nel
petto
la sua pena e intanto il
sangue scorre
ed è tristezza e rimpianto
e piovono lacrime, scendono
per i ricordi di una vita
felice.
Una vita a lungo protetta e
amata,
preziosa perchè ricca d'amore,
questa notte si spegne nel
silenzio.
3.
Così la gatta strana dal
musino buffo
e le calzette bianche non si
affaccia
più curiosa sulla soglia, come
prima.
"Due calzini" era il
suo nome
ma di calzini ne aveva quattro
sulle zampette, che la natura
tutta quanta di bianco e grigio
l'aveva così ben vestita e
calzata
nei punti giusti, come una
damina.
E' tornata una sera qui a
morire,
perchè l'abbiamo amata.
Io non so niente ma so che
domani,
quando starò meglio, porterò
una rosa
nel campo, lassù, dove è
seppellita.
4.
Madre, mamma, mà, cara, amata,
tutta la mia vita ho pensato a
te,
mi sono consumata nell'amore
di te
ma ora non sono riuscita a
trattenerti.
Eppure, i grandi tuoi doni e
l'amore
che generosamente ci hai
dato,
quelle tue rare carezze e i
baci,
i tuoi sorrisi, gli anni
andati via
e il moto lento e solenne dei
ricordi,
tutto ritorna, adesso, nell'ombra
della sera che scende. Si
rischiara
un poco l'orizzonte. Il cielo
si rasserena
e poi si spegne in acqua, come
quando
ero bambina, dopo il
temporale.
5.
Trovare pace è la cosa più importante.
O trovare l'amore? L'amore non
è pace,
è tormento, è fatica. Lo sanno
i cari animali,
le erbe e le piante del bosco,
i fiori, i cipressi
quando cantano alla luna le
loro poesie
e sussurrano nel vento le loro
canzoni.
Nella musica ascolti un suono,
un pensiero perfetto di note.
Ecco, in te io sento il mio
sangue
che non si perde. E' come un
gabbiano,
la tua voce. Vola nel vento, è
un aquilone.
Ed assomiglia al
silenzio, la tua voce.
6.
Così sarai sempre giovane per
me, sarai
la luna d'estate e il sole e
il mare,
così azzurro nell' azzurro dei
tuoi occhi,
così immenso
nella piega bella e feroce
delle labbra, così alto e
forte come un albero,
giovane uomo elegante,
puledro, delfino.
Sempre, sempre insieme, senza
invecchiare
nel tempo che ci è stato
rubato, senza il male.
Insieme senza il tempo, oggi
come ieri,
ieri ed oggi e domani. Il
tempo non esiste,
noi soli lo abbiamo ingannato,
in giorni d'oro.
Il tempo è niente. E' nostro.
E' soltanto luce.
Il tempo di una vita è finito
nell'alba.
E tu mi hai protetto dal
dolore più grande.
7.
La casa in collina è baluardo,
rifugio,
eremo assurdo avvolto nella
notte,
nascosto nella nebbia e nel
verde
della pioggia fredda di
novembre.
La casa è perduta dentro un
libro
di favole illustrato. Non
entra il mondo,
ci vive soltanto il mio
pensiero.
No, non bussate, non entra
nessuno!
L'amore qui è solitudine, è
assenza.
Oh santa solitudine, beata
solitudine,
oceani di silenzio, deserti di
ricordi!
No, non bussate, non tornate,
fantasmi.
Non c'è nessuno qui, più
nessuno!
Soltanto il mio pensiero.
8.
Ciò che avviene soltanto nella
mente
è pur sempre in qualche modo
reale,
così se io adesso scrivo i
miei sogni,
ecco, diventano subito vivi e
veri.
Le parole sono simbolo e
mistero.
Le parole fuggono, non le
afferri!
Non le raggiungi, nascono e
muoiono
come lucciole, come castelli
di carte.
Feriscono, uccidono, le
parole,oppure
guariscono, inventano,
perdonano.
Dimmi soltanto, mamma, le tue
parole
piene d'amore, per il nostro
addio.
9.
Figlie, sorelle, belle ragazze che sempre
si lamentano del freddo e delle amiche
invidiose,
restano qui, aggrappate ai ricordi felici
dell'infanzia innocente, alle
estati,
alla purezza del mattino che
sgocciola
in rugiada sui prati. Non sanno nulla,
finchè un aereo le porta via e
volano nel cielo,
lontane, negli aeroporti e
nelle strade affollate
di tante città, Londra, Parigi, New York,
Stoccolma, Atene, Barcellona.
E Milano, Roma,
Perugia, Firenze, Sanremo. Teatri e
palcoscenici
diversi,note di jazz,
applausi.Così vanno
e andranno via, come foglie
nel vento.
Io sono l'albero, sono il ramo
che le vede
staccarsi, ondeggiare, cadere,
volare.
Te ne prego, non stare in
pensiero.
10.
I pensieri sono libertà. I
miei pensieri corrono
come cavalli nella prateria,
corrono lontano,
ovunque nel mondo, in tutti i
luoghi dove
non sono mai stata, dove non
sarò mai,
pensieri che corrono in rete e
volano sul mare,
nel tempo avanti e indietro,
andata e ritorno,
senza pagare il biglietto e
senza confini.
E dove porteranno? Intanto
corrono, volano
dentro la notte buia, dentro la mia paura.
(...)
Donatella Zanello
Donatella Zanello
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