Moti
dell’anima
Pasquale Antonio Marinelli: Moti dell'anima. Mama Dunia Edizioni. 2017 |
Lontano
si scorgono mete,
traguardi
di un’anima nomade
che
girovaga nell’universo umano,
in
cerca di pace e serenità.
Scandaglia
il tempo dell’amore,
il suo
altalenante andamento,
delle
lancette dei sentimenti
il
loro movimento.
Anima
ribelle,
segnata
dal vissuto quotidiano,
dalle
labbra di una donna,
dai
tradimenti e dalle passioni.
Anima
inquieta,
vogliosa
di gocce di rugiada
che
dissetino il desiderio di vita,
che
mitighino le angosce incessanti
e
aprano prospettive future.
Lontano
si scorge una luce,
riflessa
in un’anima ardente,
racchiusa
nel cuore infuocato
di un
uomo che ama
la
vita e la sua libertà.
Questa la poesia che, con
valore eponimo, contiene il focus di un canto tutto vòlto a cristallizzare gli
input emotivi di una storia. Quella di un poeta che ama la vita, la poesia,
l’amore, le vicissitudini di un percorso vissuto fra gioie e inquietudini, fra terrenità
e slanci oltre la siepe per agguantare un cielo di difficile approdo.
D’altronde è nella natura umana non accontentarsi dei giorni e delle ore,
dell’hic e del nunc; ed è proprio dell’uomo estendere lo sguardo oltre le
colonne per sottrarsi alle aporie del quotidiano; per aprirsi alle prospettive
future. Ed è da qui che derivano saudade e malinconie, spleen e nostalgie,
dacché è anche cosciente il poeta delle sue micragne esistenziali, del suo limitato raggio d’azione. Per questo
va in cerca di una pace; di un’alcova rigenerante che, nirvana edenico riparatore,
lo sottragga agli smacchi del vivere; alle sollecitazioni di una vita che ti
vuole sempre presente:
(…)
E lì, ti ho custodita, pace mia,
cullando la speranza
di giorni migliori, posandoti
come fossi pietra rocciosa
con l’ansia di non vederti
rotolare come l’enorme
masso affidato alle robuste
Sì, esistono gli orizzonti che
si dilatano davanti ai nostri occhi. Ma esistono anche le sottrazioni; le
privazioni che ci vincolano agli spazi ristretti e non ci permettono di
indagare oltre, di navigare in un mare senza un faro che illumini la rotta. E
purtroppo l’essere umano è privo di tanta potenza esplorativa, sa che le sue
forze sono deboli per poter raggiungere il faro della verità. Questa è la vita,
e questo è l’abbrivo che l’anima prova:
tempo che fugge, thanatos e eros, passioni, tradimenti, memoriale, panismo
esistenziale: un gioco di andate e ritorni, di ritorni e di fughe, di voli e
svoli, che segnano la storia del poeta nel dipanarsi della silloge, dove l’amore
per la vita e per la libertà tratteggia il filo rosso; la sincronia dell’opera
i cui versi, con ritmo incalzante e poematico,
cercano di farsi corpo di un
patema che scava in profondità nell’animo dell’autore. “La vita è l’arte dell’incontro”, affermava un poeta
brasiliano, Vinicius De Morales, “e vita e poesia sono la stessa cosa”. Sono
proprio i fatti dell’esistere che, facendo volume dentro noi, dopo la
maturazione del tempo diventano
determinanti per l’atto creativo. È da là che si pesca; è da là che attingiamo
sfumate parvenze per la resa del canto; per
dare ospitalità alle emozioni, alle rievocazioni. Ed è anche col ricorrere al
pascaliano “… milieu entre rien et tout”, simboleggiato in un fiore reciso
dalla falce del tempo, che il poeta trae riflessioni sulla caducità del vivere, ragione
del suo malum vitae. D’altronde alla base del tutto c’è la spinta ad approdare
agli spazi misteriosi delle sirene per appagare il desiderio innato della conoscenza:
Socrate: “... Conoscere è
ricordare..”. Conoscere e
ricordare, anelli di congiunzione, anfratti
emotivi di una perlustrazione ontologica.
“Noi siamo quello che ricordiamo/
il racconto è ricordo/ e ricordo è vivere” (Mario Luzi). E riportare a vita
antiche primavere, colline disseminate di papaveri e girasoli, volti, incontri,
luoghi, parole non dette, come simbologia di un’itera vita, significa prolungare
il nostro esistere, dargli vèrve e nutrimento per la rea visiva del canto; per la sua liricità, per la
sua verità estetica, e per la pluralità del suo messaggio; per le diatribe che
caratterizzano l’esistere: vita morte, ordine caos, alfa omega, Ulisse e
nessuno, il niente e il tutto: quel polemos degli opposti eracliteo di cui è
fatta la nostra essenza; la navigazione in un mare enorme e pauroso che può
significare fine, ma anche apertura ad una libertà luminosa e indecifrabile,
quale era il sogno dei romantici, il terreno fertile per le dolci illusioni,
per gli amorosi sensi:
Non abbandonare quei sogni
che sin da fanciullo hanno
alimentato il tuo bel sorriso.
Le rughe sono solchi pronti
a raccogliere ancora i voli
della mente e le dolci
illusioni.
Rifugiarsi
nel regno degli onirici impatti o in quello delle rifrazioni memoriali, può essere di conforto in momenti
di struggimento di fronte alla fuga delle immagini:
Penso a quegli anni,
ai capelli scolpiti dalla
brillantina
ai larghi pantaloni
e alle camicie a fantasia.
Alle sere d’estate
avvolte nei suoni di una
chitarra,
ai passi cadenzati di una
danza
seguendo i ritmi del jukebox.
A quel rotolarsi nella sabbia…
Ma
anche motivo di ritorno ad un mondo che abbiamo creduto eterno, indistruttibile
nelle sere d’estate avvolte nei suoni di una chitarra.
E
il tutto scorre con efficace duttilità per abbracciare i sobbalzi di una stagione;
per raccontare, con un realismo lirico di intensità umana, aveux e vicende,
dove presente, passato e futuro si legano corposamente per il bene della
poesia; per situazioni sociali a scuotere la sensibilità di un poeta che vaga verso i misteri di un epigrammatico sentire:
Pallida ti salutai, quel volto
di cera nascosto da fitta
chioma,
fanciulla magra e
rannicchiata,
che l’anoressia consumava
giorno dopo giorno, inseguendo
la morte che tutto acquieta,
se non l’anima mia che
disperata vaga.
La
silloge, arricchita da foto in stretta simbiosi con i Moti dell’anima, si chiude con la sezione Haiku, composta di
quattro brevi componimenti.
Nazario
Pardini
POESIE
TRATTE DALLA SILLOGE
A
volte la solitudine
A volte la solitudine
mi appare necessaria,
come catarsi liberatoria,
mi allontana dal mondo
e dalle sue contaminazioni.
Si specchia nell’anima
e si riflette nel mare dei miei
pensieri
vorticosamente arroccati
nella mia mente.
Compagna invisibile
lasciami riflettere
sul tempo che scorre,
guarda le mani e la fronte
sempre più rugose,
e il desiderio di tornare
all’infanzia che fu.
A volte la solitudine
mi spinge per la strada
a trovare gente
con cui chiacchierare.
Mi allontana dalle angosce
e dai tormenti dell’anima
che ardono nel mio petto
cosparso di ferite cicatrizzate.
E mi sospinge,
come fosse vento di tramontana,
verso la vita e le sue incoerenze.
E mi difende,
come fosse baluardo inespugnabile,
dalle insidiose fragilità
dell’essere umano.
A volte la solitudine
mi appare liberatoria
nelle sue vesti di musa ispiratrice
che si traduce nei versi
di un poeta nomade e selvaggio
curioso di girovagare nell’animo umano.
Pace
mia
Ti ho cercata lontano,
tra sponde di fiume arso
dall’aridità di sentimenti.
E il guado, tra pietre silenti,
mi è parso triste,
tracciato da lacrime e tormenti.
Ti ho cercata vicino,
tra le righe di un libro
sfogliato distrattamente.
E le pagine, tra loro incollate,
mi sono parse asciutte,
come panni stesi
sotto un sole cocente.
Ti ho cercata nel cuore,
tra le sue cavità segnate
dalle mille sofferenze.
E i suoi battiti, tra le mura
ovattate, mi sono parsi vivi,
come il vagito di un bimbo
appena nato.
E lì, ti ho custodita, pace mia,
cullando la speranza
di giorni migliori, posandoti
come fossi pietra rocciosa
con l’ansia di non vederti
rotolare come l’enorme
masso affidato alle robuste
mani di Sisifo.
Ho
deciso di restare
Ho deciso di restare
in questa mia terra fatta
di ulivi secolari,
delle loro braccia pendule
che chiedono ossigeno e salubrità.
Alle loro possenti radici
ho deciso di aggrapparmi
e a loro resterò avvinghiato
sino a quando il respiro
mi darà modo di vivere.
Al profumo dell’olio
di questa terra,
ai suoi teneri frumenti,
ai robusti tralci di vite
che si intrecciano come
corpi innamorati
ho deciso di legare
i miei sogni, le mie ansie,
i miei sentimenti.
E allo splendido sole
che illumina le case bianche,
a quei centri storici fatti di viuzze,
di cantinole e gerani profumati
che colorano i balconi.
Ho deciso di restare
per amore, e amando Lei
amo Te, cara Terra mia.
Leggendo le poesie, e i versi riportati dal recensore, sinceramente, non mi pare di trovarmi di fronte ad una poesia eccelsa. La direi piuttosto ovvia, semplicistica, superficiale, i cui impatti emotivi li vedo consegnati ad un verso di immatura elaborazione. Insomma, non me ne voglia il poeta, poesia che non merita una recensione tanto fine, profonda, e accurata (quali le tante a cui ci ha abituato il critico) come questa del Prof. Pardini.
RispondiEliminaAngela
"La semplicità è mettersi nuda davanti agli altri...". Così inizia la famosa poesia di Alda Merini "La semplicità" che forse rappresenta in modo emblematico i versi che compongono questa mia nuova silloge. Poesia non eccelsa, ma semplice. Semplicistica mi pare piuttosto pesante come giudizio, specie se si affianca anche all'aggettivo superficiale, anzi nel termine semplicistico è insita la superficialità. "...Un verso scevro da ricercatezza formale, ma per questo autentico.." Così lo ha definito la giuria del Premio Letterario "Scriviamo Insieme" facendo esplicito riferimento alla mia lirica "A volte la solitudine" premiata in quel contesto. Cara signora Angela apprezzo la sua critica e lascerei alle valutazioni soggettive del caro Prof. Pardini l'opportunità di una recensione tanto fine, avendo profonda stima del Nostro e credendo che faccia il suo lavoro con coscienza ed obiettività. Mi farebbe piacere ricevere un suo contatto per inviarle personalmente in formato ebook le mie due raccolte di poesie sino ad oggi pubblicate. Pasquale Marinelli
EliminaSarebbe opportuno che Angela chiarisse ulteriormente le affermazioni negative sulla poesia di Marinelli. A parte il fatto che non la si può giudicare dalle poche citazioni riportate. A me sembra che tali state buttate giù a caso, senza alcuna convalida; senza alcun riferimento oggettivo, filologico sulla poesia riportata. Prima di scrivere credo sia necessario conoscere a fondo ciò su cui si vuole intervenire. Per quanto mi riguarda, dopo una attenta lettura del testo, confermo la mia opinione critica qui espressa.
EliminaNazario
CORREGGO:
Eliminaa me sembra che tali considerazioni siano state...
Ed io non posso fare altro che ringraziarla professore, rinnovandole la mia stima.
EliminaSemplicistica e immatura allora doveva essere anche la poesia di Ungaretti, se per "semplicistica" e " immatura" vogliamo intendere il verso asciutto, scevro da orpelli e fronzoli, essenziale e scolpito nelle parole, esse stesse significanti, prese una per una. Per me, per quel poco che conta il mio parere, Marinelli offre una buona prova. E d'altro canto, non è uso, il Nostro professore, ad elargire lodi immotivate.
RispondiEliminaMaurizio Donte