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lunedì 2 ottobre 2017

PAOLO BASSANI: "POESIA IN CLASSE"

QUALCHE RICORDO
DEI MIEI INCONTRI DI POESIA
IN CLASSE
            
di Paolo Bassani



Paolo Bassani,
collaboratore di Lèucade


Il mio primo incontro di poesia in classe risale al 1981. Si può dire, però, che alcune mie poesie erano entrate in classe alcuni anni prima, dopo l’uscita della mia prima raccolta di poesia “Immagini e fremiti”. Quando si stampa un libro, soprattutto il primo,  si prova una grande gioia e il desiderio di “donare” la pubblicazione ad amici e parenti, mettendola anche a disposizione di estranei in qualche libreria della zona. Fu così anche per me. Per questo, quella mia prima timida raccolta (non avevo osato chiedere a qualche critico di scrivere una seppur breve prefazione) uscì allo scoperto e, grazie anche ad un insperato articolo giornalistico, finì nella mani di un insegnante che fece entrare la mia poesia in classe. Lo seppi indirettamente, mentre ero in attesa alla fermata del bus,  sentendo il commento di una bambina che diceva alla mamma: “La maestra oggi ha fatto leggere due poesie… e come compito ha detto di studiarne una… ho scelto “Ottobre”, quella più corta. Ha detto che il poeta è di questa zona…”   
Nel marzo 1981 fui contattato telefonicamente da una maestra che mi invitava al mio primo incontro di poesia in classe, presso la Scuola elementare del Termo, frazione della Spezia. Ricordo ancora il nome dell’ insegnante: Astesana Tulimani. Quella prima esperienza mi accese di entusiasmo per la calorosa accoglienza ricevuta e per l’interesse dimostrato dai miei giovanissimi ascoltatori. Da allora,  moltissimi sono stati i miei incontri nelle scuole (elementari, medie e superiori)  spezzine e della provincia. Innumerevoli sono gli episodi che hanno addolcito quel  mio percorso. Mi piacerebbe ricordarne qualcuno. Innanzitutto, vorrei rammentare come nacque il primo incontro tenuto presso la Scuola di Prati. Un giorno Gabriele, mio figlio, che frequentava la terza elementare, tornò trionfante dalla scuola. Entrato in casa,  incominciò a correre felice avanti e indietro esclamando: “Evviva, evviva…”  “Hai preso un bel voto?” dissi, ricordandomi che gli avevo promesso, in tal caso,  di portalo al circo, che in quel tempo era giunto alla Spezia. “No, no!” replicò continuando con quel “evviva” la sua corsa.  Mi sorse allora un dubbio: “Per caso, domani c’è sciopero? e non andate a scuola? Con più forza replicò quel suo “no”, aggiungendo: “La maestra ha fatto studiare una tua poesia… sarebbe contenta se venissi a trovarci, a scuola”. E, così, incominciai i miei incontri nella mia zona , a Prati, poi a Vezzano paese, quindi a Bottagna. Da quel momento, è iniziato il mio percorso scolastico che si è andato progressivamente allargando. Numerosi sono stati gli incontri su invito di Istituti scolastici,  di Assessorati alla Pubblica Istruzione (del Comune della Spezia, del Comune di Santo Stefano di Magra, di Vezzano Ligure, ecc.) e di singoli insegnanti, sia in città,  sia nella nostra provincia (giungendo fino alle Scuole di Corrodano).
Nei miei incontri ho cercato umilmente di portare la mia testimonianza di affetto per la poesia, sperando che potesse interessare gli alunni ed invogliarli a scrivere versi. Dirò che alcune volte sono rimasto io stesso sorpreso di trovare in questi giovani una profonda sensibilità ed, anche, un modo espressivo poetico insospettato. Un giorno, leggendo una breve raccolta di poesie, mostratami da un alunno, rimasi un po’ perplesso: non mi pareva “farina del suo sacco”.  L’insegnante, invece, mi confermò l’autenticità di quegli scritti e di quella “vocazione”. Ne ebbi conferma quando lessi una poesia scritta in classe, durante un compito di creatività poetica. In quella circostanza, rivolgendomi all’alunno, mi uscì spontaneo un commento: “Bravo! Tu avrai un futuro letterario”. Con grande semplicità il ragazzo mi rispose: “Veramente, io voglio diventare medico”.  A quella categorica affermazione mi parve opportuno replicare: “La poesia non è incompatibile con una professione che non sia strettamente letteraria (ovvero scientifica, tecnica, informatica, ecc.) Prendi, come esempio, un personaggio legato a Vezzano Ligure: Mario Tobino, grande medico ed altrettanto grande scrittore. Anzi, la sensibilità di poeta, gli ha permesso di testimoniare con grande efficacia la sua esperienza di medico a contatto con la malattia e la sofferenza”. Sì, anche un esperto informatico può sentire amore per la poesia, esserne attratto e darne viva testimonianza.
La vocazione è certamente qualcosa che è parte del proprio dna. Si può farla uscire e valorizzare in un ambiente favorevole ove operano persone che seguono veramente la crescita del giovane. L’insegnante, animato da autentica vocazione (soprattutto quello elementare), riesce, spesso, a fare quasi un prodigio: a far emergere dall’alunno potenzialità insperate, impensabili. Il rapporto di stima, di fiducia e d’affetto che s’instaura tra alunno ed insegnante è certamente il centro del processo educativo. Lasciatemi ricordare un episodio cui sono stato testimone durante i miei incontri avvenuti nella Scuola Elementare “G. Garibaldi” di Piazza Verdi. Finita la lezione di poesia, mentre salutavo l’insegnante, che stava parlando con un’alunna, ella mi disse: “Bassani, ascolti anche lei…” La maestra, volgendosi alla giovane (che mostrava più anni di una scolara di quinta elementare) continuò: “Non aver paura di dire la verità…sii sincera con il tuo babbo;  trova le parole giuste, vedrai non si offenderà, ti capirà… digli - papà, non mi sento ora… verrò una prossima volta -. Sarebbe peggio se tu andassi e, poi, mantenessi il broncio”. L’alunna, nonostante la sua giovane età, si trovava ad affrontare una situazione di sofferenza esistenziale “adulta”: il suo babbo aveva lasciato moglie e famiglia ed era andato a convivere con un’altra donna. Ebbene, aveva chiesto alla figlia di trascorrere con lui (e con l’altra donna) la festa del Natale ormai prossima. La figlia non si sentiva di fare quella scelta. E, tuttavia, aveva timore che il suo rifiuto potesse amareggiare il genitore. Ho pensato molte volte a quest’episodio. Mi ha fatto capire il grande valore del rapporto educativo ed affettivo alunno-insegnante. Quella giovane, davanti ad un problema più grande di lei, non si era confidata con qualche compagna di classe, ma soltanto con la sua maestra che per lei era più di una vera amica, in cui riporre tutta la sua fiducia.
       Altri episodi che si legano in qualche modo a quei lontani incontri, di tanto in tanto,  mi tornano alla mente. Alcuni anni fa, mi trovavo sull’autobus che mi riportava a casa,  quando mi accorsi che un giovane mi si stava fissando e cercava  di avvicinarsi per parlarmi. Poiché quella figura giovanile aveva tutto  l’aspetto di  uno straniero nordico (alto e biondo) pensai: “E’ sicuramente un turista che mi vuol chiedere qualche informazione, magari in inglese”. E così, feci appello a tutto il mio <English>, innanzitutto per capire quello che mi avrebbe detto il mio interlocutore e poi, ovviamente,  per farmi capire. Ma, quando mi fu vicino, il giovane mi disse: “Poi, l’ho trovato l’elicriso!”. Era uno dei tanti alunni che, una decina d’anni prima,  aveva partecipato ad uno dei miei incontri di poesia in classe. In quella circostanza avevo presentato il mio libro  “L’elicriso”, facendo anche conoscere, attraverso le immagini, questo mio caro fiore ignorato dai più, aggiungendo: “Quando a giugno fiorisce l’elicriso, fatevi portare dai genitori o dai nonni nelle Cinque Terre. Quando lo vedrete fiorito su una rupe, esclamate ad alta voce: <Evviva, è fiorito l’elicriso!> Vedrete che  più d’una persona vi guarderà con un certo stupore, anche se nessuno vi chiederà alcunché. E’ comprensibile, un adulto si trova sempre con un certo disagio quando vede che un bambino  ne sa più di lui.”  Ebbene, il giovanotto dell’autobus mi aveva riconosciuto e, immediatamente, il suo pensiero era tornato a quel lontano incontro di poesia. Nella sua mente era riapparso l’elicriso splendido di luce, come lo aveva visto nelle Cinque Terre. Voleva dirmi che aveva seguito il mio consiglio ed, ora, sentiva il bisogno di farsi riconoscere. 
Voglio ricordare ora un altro episodio. Un pomeriggio di parecchi anni fa, mi trovavo in coda al CAAF-Cisl di via Gianturco per la dichiarazione dei redditi, quando una voce squillante uscì con questa battuta: “Largo alla poesia! Abbiamo il poeta Bassani…” Era una giovane impiegata che non conoscevo. Visto il mio stupore, sentì il bisogno di precisare: “Forse lei non si ricorda… ma io mi ricordo perfettamente quel giorno quando venne in classe a parlarci di poesia…”
       Infine, vorrei rammentare un fatto che, sicuramente, mi ha fatto particolarmente piacere. Un giorno, mentre tenevo gli incontri nella scuola di Piazza Verdi, mi si presentarono due alunni con il mio libro “I miei racconti per Televideo”, uscito da pocochiedendomi di porre un autografo sul frontespizio. Uno dei due disse: “Ieri pomeriggio abbiamo girato tutte le librerie della città; volevamo comprare il libro. Finalmente l’abbiamo trovato”. L’altro soggiunse: “E’ il più bel libro che ho letto”. Confesso che quella dichiarazione, nata dalla spontaneità di un giovane,  mi ha gratificato come la  vittoria di in premio letterario.



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