Claudio Fioirentini, collaboratore di Lèucade |
Sono qui, con
voi,
intanto Dio, o
chi per lui
rimane in
panchina seguendo distrattamente il nostro gioco.
Fosse per me,
gliene direi quattro
a
quell’allenatore inutile
però sono in
campo a compiere il mio destino
insieme a voi,
giocando fino a sfinimento.
Ho anche
pensato, di traverso, di chiedere la sostituzione
per sedermi in
panchina e guardarvi senza correre
ma sarebbe da
vigliacchi lasciare agli altri il gioco
e poi ci sono
gli avversari
quei folletti
maligni che giocano a tradimento
infidi
divoratori di amore e serenità.
Se mi sedessi
ora, se smettessi di competere, di combattere, di giocare
il male che non
voglio farebbe festa
e io non posso
concederglielo.
Guardo
l’allenatore, così disinteressato a me
così lontano
e poi guardo
gli avversari, guardo i compagni, guardo il campo, guardo...
e capisco:
il mio dovere è
questo.
Inutile
chiedere, inutile sperare, inutile...
giocherò la mia
partita così com’è,
consumerò le
mie forze, tutte
non resterà una
sola goccia di sudore nel mio corpo.
Dio? No, non è
questo il punto.
Io.
Claudio Fiorentini
Tra il serio ed il faceto - come è solito fare - Fiorentini sussurra una verità. Si trova sul campo di gara (di battaglia?), certo che "sarebbe da vigliacchi lasciare". Ligio al dovere, sa che è inutile chiedere, invocare il divino. Tanto "Dio, o chi per lui, rimane in panchina". Menefreghismo? indifferenza? o, al contrario, amore (vero amore) divino? "Aiutati che Dio t'aiuta", recita il detto popolare, mentre un altro motto assicura: "voce di popolo, voce di Dio".
RispondiEliminaFranco Campegiani
Coraggio, perseveranza, solidarietà nei confronti “degli altri giocatori” ma anche preghiera, si, preghiera, perché nell’affermare che Dio non si cura di lui, l’Autore ammette la Sua esistenza e, indirettamente, chiede il Suo aiuto, così come farebbe un bimbo con la mamma distratta.
RispondiEliminaEster Cecere