Aurora De Luca, Resta mio, Il
convivio Editore, Castiglion di Sicilia, 2017, pgg. 56, € 7,00
Aurora De Luca, collaboratrice di Lèucade |
Ho il valore acceso
della mia giovinezza
un grappolo d’umore e luce
che si matura al sole.
Ho il valore acceso
della mia giovinezza
lago di due fiumi terrestri
chioma d’albero
slanciato di coraggio a
coraggio verso il cielo
somma universa di radici e
semi
(Luce).
Luce,
cielo, sole, acceso, giovinezza, matura, universa…
Sta
qui, in questo gioco di riflessi, in questa gamma di splendori, in questo
grappolo che matura, la poetica di Aurora. E’ tutta in questa ascensione
ontologica; in un climax di sfavillii e paniche risonanze che tanto dicono del
dipanarsi della vita.
Un dono da tenere stretto al cuore, questa
plaquette, per la sua portata di amicizia e di poesia. D’altronde Aurora stessa
nella sua lettera di accompagnamento e in esergo esprime tutta la sua
generosità emotiva, il suo forte sentimento di simbiosi con l’arte di Calliope
che le permette di indagare su venti e
boscaglie – questo vento sa di posti che non ho veduto - per ripescare quella
parte di sé “perduta (o) non si sa né quando né dove.”. “I testi sono stati
scelti solo con il cuore per farne dono agli amici di penna più cari e stimati,
accorciando distanze e allungando fili che ci tengono uniti”, scrive la
poetessa. Un calendario dal titolo emblematico: Resta mio, come a indicare l’appartenenza, il possesso di un dire
che si fa e si è fatto misura di scarti emotivi, di una storia di epigrammatica
estensione. Ogni parola, ogni verbo, ogni iunctura stilistica volge a
concretizzare un’anima ora spersa, ora ritrovata, ma sempre inquieta per il suo
vagare in mondi difficilmente raggiungibili. Questo è il dilemma di Aurora, la
sua conflittualità interiore: l’azzardo verso mari, orizzonti, immensità erotiche
che la trascina verso limiti
invalicabili per un essere il cui sguardo è a misura umana. E’ così che ella
rivolge il suo occhio verso una
interiorità complessa e articolata per appagare il suo ambire all’infinito,
alla completezza, a quella pluralità verso cui il suo animo bramerebbe
ascendere pur cosciente delle sue ristrettezze. Una poesia per ogni mese, ed una antologia poetica, le due sezioni
del testo. Uno spartito di ondulazioni marine, di guizzi e di impennate
vertiginose, di ricerche affannate con soluzioni inappagate: “Io ti cerco così al di là dei giorni/ da non
poter dire: oggi, domani”; in cerca di ampie spalle: “per i miei cieli”;
cosciente la Nostra della impotenza della montagna: “contro l’erosione dei
venti”. Ci si affida ad una metaforicità di valenza esistenziale per delineare
la nostra precarietà di fronte al tempo che improrogabilmente ci annulla: “e
noi,/ cellule passeggere,/ siamo in un respiro affidati al racconto/ come miti,
come falene”. E bruciarsi nella luce che rappresenta il nostro appagamento è
forse il simbolo più nobile della poesia:
“Mi
riscopro mimosa primaverile,/ un sole giallo/ che non muore nemmeno nella notte”, un sole che va oltre
la tenebra perché l’amore è sole, è luce.
Nazario Pardini
Carissimo Nazario,
RispondiEliminati ringrazio profondamente per l'analisi che hai compiuto. Il tuo occhio ha colto il nocciolo, che sta proprio nel contrasto, nell'irrequietezza.
Ti sono grata per questa lettura così partecipata, e per quanto su Leucade è avvenuto in 'corrispondenza' a Resta Mio.
Il modo migliore per far fruttare il tempo è seminarlo (con la poesia)!
Un forte abbraccio a tutti i naviganti,
e al caro Nazario!
Aurora