NAZARIO PARDINI
Canti d’amore
Appunti di lettura di Marisa Cossu
Marisa Cossu, collaboratrice di Lèucade |
Non è semplice accostarsi alla vasta produzione letteraria di Nazario Pardini, sia per il gran numero di opere pubblicate, sia per il rilievo del linguaggio poetico che, immediatamente fruibile dal punto di vista emozionale ed immaginifico, straripa in una ricchezza di termini su cui si misura immediatamente la forza e la portata della versificazione del nostro Poeta.
In questo libro, il tema dell’amore viene annunciato fin
dalla dedica: “A mia moglie, ispiratrice
dei miei canti d’amore”.
Ed è l’amore di Delia e per Delia a far brillare di bellezza
intrinseca, le immagini di una natura rivissuta come sogno, confusa ai capelli,
ai gesti, alle forme della donna amata, quasi in una simbiotica metafora che trae
linfa dalla memoria: essa si ripropone come vita ancora fluente nelle varie
composizioni e lascia traccia profonda del senso del vissuto.
Il linguaggio del Poeta trascina inevitabilmente in un flusso semantico dove la poesia si
arricchisce di moderna sensibilità; nel contempo si avvertono strutture,
termini e immagini che pongono solide radici nella tradizione letteraria
classica. La semplicità si fonde alla classicità nei Canti d’amore sia nell’estatica ed avvolgente appercezione dei dati
ambientali, sia nel pensiero del lento sciogliersi delle stagioni e della loro
dolce luminosità in pensieri di distacco e di lontananza.
Il Poeta unifica l’esperienza affettiva all’esperienza nella
natura e armonizza in vibranti e suggestive visioni, le due realtà; ma lascia
immaginare un “ non luogo” dove l’amore
sia eterno scambio di effluvi tra le creature, eterna ricerca di dolce e
sofferta bellezza di cui Delia è centro propulsore.
Un amore vasto quanto e più dell’opera del Pardini , forse
in vista dell’Isola in cui fermare il canto e il tempo, perché lì l’armonia
esiste davvero e si manifesta costantemente.
“Andiamo insieme Delia per la strada,
che un tempo ci portava alla tua vigna,
mi piace ricordare al solatio
dei chicchi il biondeggiare di
trebbiano
o il moreggiare rosso sangiovese”.
Delia è pretesto per la suggestiva rievocazione di un momento
di profonda comunione tra il delicato amore del Poeta e la natura che
imbiondisce, arrossa con il succo di more sanguigne una vigna ormai “sepolta d’erba gramigna”; e poi il
desiderio di “toccare stelle mai viste”, volando con Delia verso il cielo libero ed
azzurro o alla volta del mare incendiato dal tramonto.
“E mi parlavi del mare,
delle foglie che cadono
con mano lenta, nella spenta pineta”
Il mare , come Delia, è terra promessa, elemento del canto,
una vibrata e melodiosa colonna musicale che chiama dalla “ridente pineta” dove cadono foglie sulle braccia nude della Musa.
La Natura ha voci di bosco: la voce di Delia si leva tra
cose che “rinascono ad ogni stagione”,
ma l’anima del Poeta è un libro sulle cui pagine si possono leggere nubi e
parole distese fino al mare sconfinato. Le immagini del mondo circostante sono
proiezione del’interiore e immaginifica visione del Poeta.
Qui la poesia assume toni soffusi e dalle immagini nascono
sensazioni colorate di toni pastello.
Più forti e
problematici si effondono i colori e i ricordi di Settembre: forse il vissuto
ha seminato “bei ricordi” mescolando “il senso della vita ai profondi orizzonti”;
ma la lontananza dell’amata è come una
stagione autunnale che s’ invera e profuma solo nella memoria, all’addensarsi
di foglie secche.
“Correvi snella fra le verdi prode
in cerca d’erbe nuove. Non avevi
timore della vita, e tutto quanto
amavi vivere, gustare con
la gioia più profonda dell’età”.
Il tempo non ha scalfito i magici palpiti del guardare
lontano, dove i sogni e le speranze si versano nel mare per ”eternare la giovinezza”, sebbene
tutto sia volato via insieme al paesaggio
ormai profondamente interiorizzato.
Anche la parola del Poeta si eterna nella forza delle “descrizioni” che si dipanano in una luminosa narrazione che tutto
comprende. La morte è parte del tutto, parla con le voci dei cari: ed è Novembre.
Consolano le grandi braccia potentemente universali in cui
s’acqueta l’animo consapevole del trascorrere delle stagioni belle e del
consumarsi della vita.
In questa cornice il
poeta prende per mano Delia, gli elementi figurativi, il mare, la terra e dialoga
con la propria interiorità e con il riverbero luminoso della memoria.
“La memoria sola sconfigge la morte”: il poeta si accosta alla pietra dei morti con lo stesso
affetto dolorosamente pacato per le cose ancora vive che effondono storicità
nel processo del tempo, e sanno ancora accendere incancellabili emozioni.
“Si raccoglie in campagna il cimitero
dei tanti miei vicini. Oggi è novembre,
il giorno dei defunti, ed ogni anno
mi chiamano all’incontro. In mezzo ai
campi
fra le distese di terra coltrata
e all’aria fresca di sole e cipressi,
sono da voi , miei cari,...”
Marisa Cossu, collaboratrice di Leucade
un vero capolavoro di sensibilità e di vivacità esegetica. L'amore mio per Delia esce fuori con parole di verace armonia e il ritmo del dettato si fa incalzante e avvolgente: emozioni da vendere espande a larghe mani il tuo scritto. Mi ha conquistato! mi ha preso scatenando in me vibrazioni emotive che non provavo da tempo. Bella pagina critica! Ne terrò di grande conto dacché segna una tappa importante del mio percorso poetico. Non ti ringrazio, perché sarebbe poca cosa; non posso fare altro che abbracciarti con affetto e riconoscenza.
RispondiEliminaNazario
Grazie, gentile Nazario, per il commento benevolo e per la pubblicazione sul tuo prestigioso Blog. Mi sono appassionata alla lettura deiie tue liriche: sono stata subito avvolta nelle ariose atmosfere tra Amore e Natura, in un intreccio magico. Avrei voluto ancor più intensamente penetrare la meraviglia dei versi e la fluidità della scrittura poetica; mi riservo di farlo in una prossima nota. Un caro saluto.
RispondiEliminaMarisa