MICHAIL
LERMONTOV
poesie
scelte
quaderni
di Erba d'Arno - dicembre 2017
di ANNA VINCITORIO COLLABORATRICE DI LEUCADE
Appare il bianco di una vela
sola
dentro la nebbia sopra il mare
azzurro...
Non si può parlare di Michail
Lermontov se non inserendolo nel contesto romantico. È un poeta ricolmo di
spiritualità, di passione e distacco a un tempo, di follia e di realtà, di
protesta e ribellione alle leggi umane e divine. Si accosta a Byron; con lui in
parte si identifica. Ne aveva colto lo scetticismo, la disillusione e la
romantica melanconia.
Michail
rientra nel cuore della grande Russa, madre di solitudini, di steppe, di lotte
e anche d'ingiustizie. La sua
ammirazione profonda per Puskin morto dopo un duello che doveva vendicare il
suo onore ferito: "Il poeta è caduto - ostaggio dell'onore -/ è caduto per
malvagia calunnia/ con il piombo nel petto, con sete di vendetta,/ chinando la
testa orgoglioso!... È stato ucciso... come il cantore, ignoto ma amabile,/
vittima della sorda gelosia/ che lui cantò, con forza e a maraviglia,/ come lui
abbattuto da un'impietosa mano." Anche Michail morì in un duello che lui
stesso provocò. Le sue accuse verso la Corte, fonti di intrighi e indiretta
causa della morte di Puskin, lo fecero arrestare e per ben due volte mandato
nel Caucaso... Michail è un giovane brillante, alter ego di Puskin ed esponente
anche lui del romanticismo russo. Ci sono, tra i due poeti, analogie e
differenze.
Analogie
nella libertà e modalità di vedute. Esilio per Puskin, Caucaso per
Lermontov. Maggiore originalità
in Puskin; il suo canto primitivo del popolo russo, legato alla tradizione.
Questi concetti poi furono elaborati dalla cultura e immaginazione, divenendo
realtà viva della letteratura russa. Fantasioso, ascetico e mondano a un tempo
e avido di piaceri. La sua spiritualità è filtrata attraverso la carne.
Raffinata cultura francese e impetuosa natura africana. Nella sua personalità si
identifica ogni uomo; è anche lui un lupo nella steppa in chiave
romantico-idealista, punto d'incontro tra realtà, fantasia, cielo e polvere.
Dal - Prigioniero del Caucaso
-:
"Non piangere, anch'io
son perseguito dalla sorte,/ ho provato anch'io la tortura del cuore: Io non ho
conosciuto l'amore riamato,/ ami solo, soffri solo/ e mi spengo come una fiamma
fumosa,/ dimenticato tra questi deserti burroni./ Morrò lontano.../ Gli occhi
della notte si oscurano..."
In
Lermontov, a parte la pubblicazione delle liriche dopo la sua morte, veniamo
trascinati da una fantasia
che, partita da esperienze di vita, si libra nei sogni. Lui vive e sogna in più
mondi, dettati dai suoi mutevoli stati d'animo. Per conoscere un poeta bisogna
leggerlo e carpirne l'essenza isolandolo dal contingente. La sua visione
dell'angelo: particolare. Nella mezzanotte il volo dell'angelo che cantò una
canzone tranquilla. Una giovane anima ascendeva al cielo, anima colma delle
tristezze del mondo. Quest'anima può essere quella del poeta e il suono del
canto diviene compagno dell'animo; vivo il desiderio del poeta di affrancarsi
dal dolore nell'avvicinarsi a Dio nelle braccia dell'angelo. Il poeta giovane e
impetuoso ha amato molto le donne. Un amore che non sempre è dato essere
completamente realizzato ma resta nella sua anima come sogno. Anche se uomo
attento al mondo e ai suoi carichi, lui indugia, penso, per sopravvivere, su
momenti di pura astrazione poetica. Ai suoi occhi "appare il bianco di una
vela sola/ dentro la nebbia sopra il mare azzurro!..."
Immagini
nitide ma scaturite da un sogno maturato negli occhi di Michail. La vela è
giostrata dalle onde e
"Ahimé non cerca la felicità,/ dalla felicità nemmeno fugge".
È quell'alternarsi di
contraddizioni dell'uomo imprigionato nel sogno ma consapevole di una realtà che
non gli darà gioia. La vela-uomo ha sotto la profondità del blu-celeste e,
sopra, i raggi dorati del sole. Masochista l'uomo-vela ricerca la tempesta
"come se la tempesta fosse quiete". La sua lirica talvolta diviene
prosastica ma sempre ricolma della calda melanconia dello spirito russo. I
laghi come mare, i fiumi lenti, il volo degli uccelli divengono parte vibrante
dell'animo del poeta. Ha amato la vita, più donne ma presente in lui l'immagine
della Madre di Dio a cui si affida - lui, "viandante in un mondo
vuoto". In lui carnalità e spirito.
Ha
vissuto per un periodo breve, intensamente ma l'intensità non era sempre fisica,
solo presunta e ingigantita
dalla sensibilità estrema della sua anima. È come se la donna di cui lui sente
il bisogno non possa essere scissa dalle profondità celesti del mare o dalla
leggerezza delle nuvole "eterne erranti".
La sua
essenza: corpo e anima fusi in un bisogno di luce, di conquista, di erranza
fuori dallo spazio e dal
tempo. È giovane e muore giovane e le immagini femminili delle sue liriche
rimarranno vivide in lui - figure mimetizzate tra sogno e realtà. Parla anche
di una roccia gigantesca, forse il duro dell'esistere. Sulla roccia ha dormito
una nuvola che poi è volata via nell'azzurro; ma qualcosa sempre rimane sulla
vecchia roccia. Gli attimi densi di gioia anche se poi svaniscono, lasciano una
traccia come la rosa che fiorisce un solo giorno ma conserva il suo profumo.
Poeta
di realtà, di sogni. Il tutto permeato nelle acque del mare o di fiumi come il
Térek in Georgia. E questa
natura equorea è sempre da lui legata alla figura femminile. Voce di donna
attraverso nebbie forse del sogno, desiderio, passione. Amplessi e suoni,
bizzarri e selvaggi. Poi, con la luce del giorno, il nulla. Sono sogni
ricorrenti del poeta o realtà lontane che lui fissa nel verso?
Probabilmente
il presagio di una vita breve e il commiato da realtà vissute o solo
immaginate che gli hanno però permesso
di lasciarci versi immortali in un mondo troppo spesso arido e ingiusto.
Anna Vincitorio
Firenze,
8 gennaio 2018
L'analisi di Lermontov da parte di Anna Vincitorio è - come sempre le accade - molto partecipata e coinvolgente, oltreché, letterariamente parlando, ineccepibile.
RispondiEliminaLa poetessa-traduttrice ha un suo particolarissimo modo di approcciarsi ad un poeta: vivendolo, immedesimandosi nella sua condizione umana.
In questo caso, una vita da confinato come per Puskin; per Lermontov da "prigioniero del Caucaso".
"Nella sua personalità si identifica ogni uomo; è anche lui un lupo nella steppa in chiave romantico-idealista, punto d'incontro tra realtà, fantasia, cielo e polvere."
- scrive la Vincitorio - e ancora: "Fantasioso, ascetico e mondano a un tempo e avido di piaceri. La sua spiritualità è filtrata attraverso la carne.". Descrizioni che ben fanno comprendere quanto a fondo si spinga la ricerca dell'anima del poeta.
D'altro canto - lo dice lei stessa -: "Per conoscere un poeta bisogna leggerlo e carpirne l'essenza isolandolo dal contingente". Ed è vero.
Ottima lettura, di cui sono grato ad Anna, che tanto si spende per far conoscere altre realtà poetiche al popolo dei cosiddetti "santi, poeti e navigatori", che,troppo spesso, però, si dimostra sordo alle voci straniere e poco (o per nulla propenso) a discuterne ed ampliarne la conoscenza.
Sandro Angelucci
Mi scuso con la carissima Anna per il ritardo nel commento alla sua magistrale recensione seguita da un'altrettanto superbo commento dell'amico fraterno Sandro Angelucci. Anna è donna di cultura autentica e ha scelto uno dei rari artisti della parola che è riuscito a esprimersi in ogni forma letteraria e musicale. Michail Jur’evič Lermontov, infatti, oltre a esprimersi ai massimi livelli nella poesia, nella prosa, nella drammaturgia. L'artista era anche un discreto pittore e un compositore musicale. Un uomo avvolto dall'aura di mistero che morì a soli ventisei anni in un duello. E la sua morte, mi sembra di poter asserire che si è rivelata specchio del suo vivere e, soprattutto, del suo scrivere. Specchio delle vicende d'amore, dei voli pindarici tra il reale e l'onirico, dei romanzi d'epoca, nei quali gli uomini morivano spesso nei duelli. Lermontov fu un giovane estremamente sensibile, scoprì l’amore prestissimo, a soli dieci anni e scrisse le sue prime vere poesie a tredici. Sapeva bene di essere diventato adulto troppo presto e i suoi versi lasciano intuire che sotto alcuni punti di vista l'artista rimase un bambino per tutta la sua breve vita. La famosa sindrome di Peter Pan, probabilmente lo afflisse, considerato anche l'abbandono da parte del padre, donnaiolo, dopo la morte della moglie. E tale sindrome spiegherebbe quella che la 'nostra' Anna definisce 'l'intensità non sempre fisica, solo presunta e ingigantita dalla sensibilità estrema della sua anima'. V'è da aggiungere che un giovane provato da esperienze così forti non poteva essere sicuro di se stesso. Affrontava esilii, sofferenze amorose, solitudine, fluttuando tra realtà e desideri. La storia dimostra che troppo spesso i sogni sono destinati a morire all'alba...
RispondiEliminaRingrazio Anna Vincitorio per questo tributo originale e di grande portata e il carissimo Sandro per la sua disamina da maturo critico letterario.
Un abbraccio a Nazario che ci ospita tutti.
Maria Rizzi