Annalisa Rodeghiero: Versodove, Blu di Prussia, 2017
Annalisa Rodeghiero, collaboratrice di Lèucade |
Circola all'interno della versificazione
(classicamente atteggiata nella sua intelaiatura metrica, ma moderna nei suoi
esiti verbali) della Rodeghiero la grazia di uno sguardo capace di coniugare
slanci spirituali, sogni, struggenti tensioni verso un altrove con una piena
adesione dei sensi al brulicante teatro delle creature tutte.
Anche quando sulla scena irrompe il
dolore, trattato con quell'elegante pudore che esclude la sterilità della lamentatio,
lo spalancamento del cuore alla vita resta identico, in nome di una fede che,
direttamente testimoniata dal testo a pag. 54 Il dondolio dell'onda, dà
alla parola un'impronta di fervido impegno esistenziale e un ardore etico da
cui sgorga un sentimento di pietas storico-creaturale che, immerso nel
tempo attuale, dà vita a versi umanissimi di impegno e solidarietà nei
confronti dei sofferenti d'ogni razza e luogo.
In altre parole, la poesia della
Rodeghiero appare come un flusso ininterrotto che indaga con partecipazione
ogni aspetto dell'esistere: la natura, come luogo di sempre nuove epifanie di
bellezza o come spazio in cui si compongono figure d'interiorità o metafore
dell'assoluto; il tempo, come dimensione in cui si alternano la percezione
dell'instabilità e dell'impalpabilità del reale e la certezza di un sovra-mondo
eterno, l'ombra della morte e la luce dirompente delle cose vive, l'astrazione
e la concretezza, il presente e il passato. E, ancora, l'amore, come sentimento
che sostanzia la propria biografia di madre, figlia, sposa, amante, credente;
ma soprattutto forza vitale, passione e precipizio, felicità e tristezza,
tenerezza e pacatezza del cuore; e, infine, strumento di unione mistica fra gli
esseri e fra quest'ultimi e il mondo.
Aderire
alle sfumature dei sentimenti, alla variabilità e ricchezza delle forme
conferisce alla lingua della Rodeghiero un notevole dinamismo coincidente
con le tappe del percorso conoscitivo: l'esperienza dei sensi, l'emotività del
cuore, la riflessione razionale, che sfociano in quello che, secondo la poetica
dell'autrice, costituisce il ruolo fondamentale del gesto poetico: conciliare
visibile e invisibile, spirito e materia, alto e basso, cielo e terra, in nome
di un'esigenza etico-estetica che, includendo il reale, lo trasfiguri.
Anche
la limpidezza dell'espressione costituisce un punto d'arrivo programmatico,
volendosi offrire al lettore come dono di comunicabilità, ché, ad un esame
approfondito, appaiono evidenti l'ampia cultura e la perizia tecnica di questa
poeta che desidera risolvere il problema del rapporto fra la realtà e la poesia
in una sorta di ritmo magico che sovrasti con la sua armonia ogni stridore. La
musicalità è, infatti, uno dei pregi maggiori di questa silloge, cosa non da
poco in un'epoca in cui la disarmonia sembra prevalere anche nel linguaggio
delle arti.
Franca
Alaimo
29/01/2018
DAL TESTO
CAREZZA
D’ACQUA
Aspettare
anche se invano
ha
un senso pieno
quando
si tratta di te.
È
la certezza d’esistere
oltre
la vista, il tatto, l’olfatto, l’udito, il gusto.
Condanna
d’altri il tangibile.
Noi,
carezza primaverile d’acqua
nell’insondabile
velo d’anima.
Mistero
che unitamente ricopre
me
e te e l’infanzia nello sguardo,
promessa
d’orizzonti
sempre
nuovi a venire.
Noi
eternità. Noi sillabe. Poesia.
Certezza
del frutto nell’operosità dei voli.
“Il tempo presente e il tempo passato
sono forse presenti nel tempo futuro…”
T.S.Eliot
MAI
POTREMO DIRE
Mai
potremo dire per quanto è stato, era.
Era
un minuto a valere un giorno intero
o
un giorno intero a non valere nulla.
Mai
potremo dire dove. Noi, eravamo.
Quando
finire era ricominciare
e
una salita nuova, era subito discesa,
là,
in quel tempo donato al tempo,
eravamo
noi
a
stringere a due mani l’esistenza.
Sembrava
così facile allora
abbracciare
l’alba,
sentirla
sbocciare dentro i nidi
e
dopo che era stato giorno tutto il giorno,
consegnarla
nelle ali del tramonto.
Cosa
interviene dunque, dopo,
a
frammentare il cielo, a incenerirlo,
forse
a nessuno è dato di sapere.
Quel
che è certo è solo ciò che resta.
Negli
occhi muti,
estranee
geografie da sopportare,
un
rifiuto, quasi, nel guardare l’orizzonte,
solo
-futuro privo di futuro-
a
chi non sa godere del passato.
Perduto
è allora il tempo che rimane,
serrato
l’uscio a petali di rosa.
Il mistero della poesia è la dissolvenza che rimane!
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