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martedì 6 marzo 2018

N. PARDINI LEGGE: "INEDITI" DI PATRIZIA STEFANELLI



γνῶϑι σεαυτόν

Patrizia Stefanelli,
collaboratrice di Lèucade

Tentativi di nuovo seppur legati a ritmi di neoclassica andatura. Sembra che si volga al racconto, a penetrare in stanze che esistono solo fra gli anfratti della non ragione, fra i meandri che ci vogliono e ci attraggono ma che non offrono porte d’accesso. Una prosodia eufonica di morbida andatura che contrasta con contenuti vòlti al N.O.E. (nuova ontologia estetica), corrente che si azzarda a distruggere una poetica che vanta storia; corrente che nasconde propositi di svecchiamento, con una ragnatela  di  spersonalizzazioni; con una prosastica raffigurazione  di memoria eliotiana. Ma  qui siamo solo agli albori di tali tentativi, dacché il canto, quello vero, quello armonico, quello riflessivo, quello umanamente indagatore, conserva la pienezza della sua valenza. D’altronde cosa è la poesia se non che riflessione sul nostro esistere; sul perché siamo qui invece che là; sul perché amiamo o non amiamo; sul perché del tempo e della sconfitta; su tutto ciò che gioca su di noi fra ragionevolezza e irragionevolezza. Raccontarci in spazi non ancora esplorati fa di queste poesie un modo nuovo di ricerca: tenersi aggrappati alla tradizione per non smarrirsi in orizzonti di visionaria portata; sì, dare al nuovo la substantia della storia, del vissuto,  del verificato, significa fare della diacronica dialettica la filosofia delle stagioni; rendere il pensiero materia di inquietudini che tanto hanno a che vedere col “poema”. “Non c'è mai stato un mio racconto in alto, a destra, e Borges non c'è,né Céline . Non sono nella stanza?”. Dove è che siamo alfine? Può darsi che il nostro esistere non esista? Può darsi che la vita sia tutta una patacca? Forse è la musica con le discese, le selvagge nature indomabili, con la luce che segna l’inizio a darci la contezza del giorno, del tempo, dell’acqua, del mare; a riportarci a terra almeno con le certezze che l’acqua bagna, che il sole intucca,  e che l’amore esiste non soltanto quando si fa. Queste sono le meditazioni di una poetessa che ingabbia la sua malinconia, la sua ontologica fuga, i suoi umanissimi interrogativi in costruzioni di magica euritmica sonorità; forse perché dopo tutto vuole restare aggrappata alla musica per non farsi spazzar via dal vento degli sperimentalismi. Ed è lì, ben piazzata,  piedi a terra, ma corpo e anima disposti a volare in isole lontane: a quelle  dove i veri poeti ambiscono approdare con vascelli che si infrangono sui marosi. Ed è allora che si scrutano; che rovesciano il proprio animo per indagarlo; per chiedersi  se vale la pena continuare il viaggio o invece fermarsi per conoscere meglio se stessi:

Richiama la ragione il coro dei saggi
che è sacra corte disposta per sentenza.
Hai perso ancora e questa è la tua condanna:
Per mille giorni e uno terrai serrate
tra le tue labbra bugie e identità.
Chiarità avrà la voce. Nosce te ipsum.

Questo fanno i veri poeti e Patrizia Stefanelli lo è a pieno titolo.

Nazario Pardini


Alterata visione d’interno intorno al nulla

Al penetrare nella stanza il passo
si lascia andare, non avanza, cede
a lusinghe di luce lasciate sulla porta.
Indietreggiare è logico. E serrare pupille?
-Guadagnano i contorni –
L'intuito orienta allo scaffale in alto,
a destra. Tra Céline e Borges il mio racconto
che qualcuno ha spostato.
Nel buio un verso obliquo;
una pagina stacca lo sguardo, agita
il fondo di un abisso.
Sono stata l'autrice di un titolo improbabile:
"Bio - logico" (lo strappo è orizzontale).
Magia delle parole, sostanza di negata
voglia di dire e dire della vita
il logico del nulla che ci resta.

Non c'è mai stato un mio racconto in alto,
a destra, e Borges non c'è,
né Céline . Non sono nella stanza?


Amanti

Selvagge nature indomabili
su piane e monti della luna
incontenibili
riverse sulle cime dei nevai
dove è l’ inizio, là dove si spegne
l’oscurità e sorge luce.
Sospese.
Tra le braccia di un uomo: musica,
amplissime falcate, alte vedute
e picchiate alle fonti e risalite
allo splendore
sfiancate di corse alle valli
e poi discese
in planare leggero
un uomo, una donna, la musica.


Nosce te ipsum

Flebile voce nell'aria della stanza;
non è la stessa di tanto tempo fa.

Grani di sale, in ogni angolo, esorcismo
per inquiete creature che ridendo
di noi vengono, poeti della notte.

E’ acuto lampo il risveglio d’improvviso.
Alle pareti chiazze di luna, mobili
nell'agitarsi della luce, cercate.
Ci custodisce il sogno inganni o riporta
come un'ubriaca coscienza dopo il vino ?

Qualcuno ha detto un nome. Un boato ringhia
dietro ai vetri, lo scroscio d’acqua percuote,
rimbalza su ogni superficie d’intorno.
Non più discerne ingegno, il punto da cui
mosse né quello a cui tende, e sorda è l’arte;
che ci soccorra il cuore, o forse un vate o un lume!    

Richiama la ragione il coro dei saggi
che è sacra corte disposta per sentenza.
Hai perso ancora e questa è la tua condanna:
Per mille giorni e uno terrai serrate
tra le tue labbra bugie e identità.
Chiarità avrà la voce. Nosce te ipsum.

Patrizia Stefanelli








5 commenti:

  1. L'esegesi a dir poco eccellente di Nazario mi frenerebbe dal dire, ma i versi di Patrizia suscitano da sempre in me emozioni violente, strappi e carezze, dolori e lacrime. Non posso astenermi dal comunicarle le mie umili sensazioni. Innanzitutto la musica. Si vola su tanta melodia. Si perdono le coordinate spazio - temporali, ci si ritrova in dimensioni leggere e visionarie al tempo stesso.
    "e poi discese
    in planare leggero
    un uomo, una donna, la musica".
    Sono versi magici, nei quali le note trascinano,sono avvolgenti, ma non vanificano neanche per un istante il significato letterale dei testi.
    Le liriche di Patrizia sono vestite. Non vengono mai ridotte all'osso semantico.
    L'ultima lirica viaggia su un registro di rara originalità, che non può assolutamente definirsi ermetico, in quanto il suo respiro ampio, inarrestabile, nutrito di amore e sdegno, porta i relitti del suo, del nostro esistere verso un lido che può sembrare inaccessibile: il lirismo del futuro. Non quello inflazionato, avveniristico e privo di senso, ma quello vicino alla filosofia e al senso della vita. Nei versi dell'Autrice vi è l'eco di Eraclito, con la sua armonia dei contrari, e vi è la luce romantica e crudele del tempo che vive ogni individuo:
    "Per mille giorni e uno terrai serrate
    tra le tue labbra bugie e identità.
    Chiarità avrà la voce. Nosce te ipsum".
    Grazie, Amica mia, per questi doni didattici che travolgono...
    Maria Rizzi

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    1. Maria, la tua critica, poiché tale è, mi è preziosa. Leggerti mi ha lasciata a bocca aperta. Tu, come il nostro Mentore, sai entrare nei miei versi così come ogni autore amerebbe. Questo è un atto d'amore bellissimo. Chi scrive si denuda senza paura ma con timore e ciò che può accadere di meraviglioso è essere compreso, preso dentro di sé. Grazie,amica mia, felice e orgogliosa della tua lettura che conserverò.

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  2. Grazie, Maestro mio. Torno consapevolmente alla poesia che mi scrive. Sai bene che a niente tendo se non alla semplice materia che mi contiene. È permeante la tua saggia critica, ormai, come ben dici, mi conosci più di quanto io possa fare. Ammiro in te, io come tanti, la tua capacità di andare oltre la consuetudine, capacità che attraverso velati consigli, è capace di risvegliare sopite stanze interiori. Sono altresì consapevole che questa mia poetica non e sorniona, non strizza l'occhio ai tramonti e alle stelle pur restando ferma nella musicalità propria del verso. Grazie, a te e a chi avrà la pazienza di leggere, pur strabuzzando pupille.

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  3. Sì,la lettura di Nazario appaga, puntualmente,ogni più riposto desiderio letterario. Così anche la tua, Maria, è ambita per la passione e chiarezza esplicativa. Ringrazio Patrizia che indora le pupille di orizzonti terreni; e, richiamando Mario Luzi,"Al fuoco della controversia".
    Cordialmente, Rita Fulvia Fazio

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