Letti bianchi di
Mariagrazia Carraroli Edizioni ETS, 2017. Lettura
di Annalisa Rodeghiero: Ali tutelari
Dieci
letti bianchi d’ospedale a numerare le dieci poesie della breve ma
significativa silloge di Mariagrazia Carraroli, nata come riflessione conseguente
all’esperienza vissuta in occasione dei ripetuti ricoveri del suo compagno di
vita Luciano Ricci.
I
letti d’ospedale, qui umanizzati, parlano a chi ha sensibilità per ascoltare e
insegnano che la salute non è mai dovuta e quando viene a mancare, si rompe un
equilibrio per la persona colpita e per chi le sta attorno. Cambiano
all’improvviso le coordinate di riferimento, cambiano i modi di approcciarsi
agli altri, cambiano i ritmi della vita nelle anonime stanze d’ospedale.
Il
dolore, diverso per ognuno - a differenza dell’uguale felicità, come ci ricorda
Tolstoj – risuona di letto in letto e accomuna le persone, sia quelle malate
che i loro familiari.
Con
questo tipo di dolore si misura la poetessa e lo traduce in versi nati dalla
sua profonda sensibilità. Ciò che colpisce il lettore non è comunque tanto il
lamento, inevitabilmente presente nei luoghi della sofferenza, quanto piuttosto
quel senso di condivisione della paura e della speranza che si respira attorno
ad ogni letto, nei volti e nei gesti dei pazienti e di chi li accompagna. E
così possiamo leggere tra i versi: Anche
il letto vicino si conforta quando i parenti del bel ragazzo albanese si segnano tutti recitando una preghiera.
I
letti ascoltano, carpiscono i segreti, i sorrisi e il dolore. Quello N˚3, ad
esempio, consola la figlia (non riconosciuta dalla madre) che piange sua madre scomparsa/ mentre c’era.
Le
badanti (sempre più numerose nei luoghi di cura) pur sorridenti e attente,
racconta il Letto N˚4, non riescono con la loro presenza a pagamento a colmare
la solitudine nel nulla vuoto degli occhi persi/
dentro orfanezza di figli.
I
letti bianchi si tengono stretta la vita, sono pazienti rispetto al mondo che
fuori dai vetri delle stanze corre velocemente, e si accontentano di ogni
piccolo progresso rispetto al giorno prima: Lui
con fatica alza l’esile gamba/ ride/ e chiede l’applauso per esserci riuscito
(Letto N˚5)
Nei
versi, i tanti gesti teneri e silenti in cui il non detto d’un gesto conta più delle parole (Letto N˚9), ci
ricordano come la solidarietà sia così frequente nei luoghi di cura dove sorrisi
di gratitudine, baci e strette di mano si alternano a calvari, a vite
paradossalmente divorate per morire/
prima di morire (Letto N˚7).
Con il
tocco lieve che attraversa l’intera silloge entra inevitabilmente in scena
anche la morte, necessaria ad altra rinascita sotto il bianco del lenzuolo:
LETTO N˚10
Vuoto, sono vuoto
Su di me l’ala dell’Angelo
ha raccolto l’ultimo respiro
Lo implorava l’uomo
quando il male
impietoso martellava alla gola
e alla vita gridava
stringendo a sé mani familiari
Inutile il dolore?
Io resto là, dalla parte
solcata dalla pena
certo d’insita inquietante
sua necessità
Privato del corpo
privato della pena
dal freddo ora sono invaso
dentro il vuoto raggelo
e il grumo di domande
che fa più vero l’uomo
è mutismo cieco sotto il
bianco
del lenzuolo
Inutile
il dolore? Si chiede la poetessa e la risposta ci viene suggerita dall’idea
insita nella cultura arcaica fino al pensiero contemporaneo secondo la quale la
sofferenza genera sempre nuova conoscenza.
E così
l’ultimo letto implora l’ala dell’Angelo mentre ancora grida alla vita: armonia
di opposti, immancabile fino all’ultimo respiro.
Annalisa Rodeghiero
18 luglio 2018
Lettura attenta, circostanziata e centrata, questa, di Annalisa Rodeghiero. Ad iniziare dal titolo che la Scrittrice ha voluto dare al suo testo esegetico: "Ali tutelari", con riferimento all'ultimo letto che implora l'Angelo "mentre ancora grida alla vita". Protettrici, dunque, queste ali; custodi della sofferenza, questi letti 'numerati', e della speranza. Numerati non per disumanizzare - come avviene nel quotidiano tran tran - al contrario, per rendere più personale il dolore: "diverso per ognuno - a differenza dell’uguale felicità, come ci ricorda Tolstoj – risuona di letto in letto e accomuna le persone, sia quelle malate che i loro familiari", scrive Annalisa.
RispondiEliminaDieci letti bianchi che "parlano a chi ha sensibilità per ascoltare e insegnano che la salute non è mai dovuta e quando viene a mancare, si rompe un equilibrio per la persona colpita e per chi le sta attorno": parole indiscutibili.
Verità come quella enunciata in chiusura: "la sofferenza genera sempre nuova conoscenza".
"Inutile il dolore?" - si chiede il Letto n° 10 - e si risponde: "Io resto là, dalla parte / solcata dalla pena / certo d’insita inquietante / sua necessità"
Bene: mi complimento con Annalisa Rodeghiero per aver colto l'anima anche in ciò che può sembrare inanimato, ancor più inanimato come può essere un letto "vuoto" d'ospedale.
Sandro Angelucci
È sempre bello leggerti, Sandro e ti ringrazio di cuore per essere riuscito a sottolineare, con il tuo commento, l’importanza del messaggio racchiuso nei versi profondamente umani di Mariagrazia.
RispondiEliminaFinché potremmo contare sulla carezza irrinunciabile di “ali tutelari” – siano esse legate alla sfera degli affetti o a quella della spiritualità – i letti che inevitabilmente sono là ad aspettarci non saranno solo giacigli di dolore ma speranza di rinascita alla vita.
Annalisa Rodeghiero