Recensione
a Salvatore Quasimodo…: Ombra e sogno.
Poesie
giovanili.
Edizioni Atelier. Taranto/Nizza. 2010
Una plaquette, quella che ci troviamo di fronte curata dal Alessandro Quasimodo e da Vittorio Del Piano e editata dalle Edizioni Atelier MediterraneArtePura, Taranto, 2010, che riunisce in tre sezioni (Alucce, Atomi, Chiaroscuri) le poesie giovanili di Salvatore Quasimodo. Come afferma il figlio Alessandro nella prefazione del testo: “Tra le attività a cui mi sono dedicato negli ultimi anni, una mi regala particolari soddisfazioni: il riordino, l’analisi e (talvolta) la pubblicazione del materiale che riguarda l’intera produzione di mio padre.”, si tratta di poesie inedite, carteggi, saggi o interventi.
Trovarsi
di fronte a composizioni di ispirazione giovanile di un tale poeta, intanto, è
motivo di forte emozione per uno che biascica poesia da anni. Poi,
naturalmente, di urgente sollecitazione razionale ed esegetica a far tesoro dei
subbugli emotivi, affiancandoli allo scoprire fino a che punto questo cantore
in nuce abbia a che vedere con il poeta delle grandi questioni umane, politiche
e sociali, o semplicemente esistenziali degli anni a venire.
Quello,
per intenderci, di Acque e terre,
dove stilemi e contaminazioni liriche mallarmeane, convivono sia a livello
contenutistico che formale con reminescenze leopardiane, pascoliane o dannunziane.
E dove un saldo equilibrio creativo fra dire e sentire la fa da padrone, facendosi esempio esplicito (“Vento
a Tindari”) de ”La poetica della parola” (“e segrete sillabe nutro”) che
avvicinerà Quasimodo alla esperienza di un esasperato ermetismo con la ricerca
attenta del verbo e dei suoi nessi, motivo principale della sua poetica e di
una metaforicità voluta e cercata, che
non andrà mai a scapito, comunque, di quella liricità pura che lo ispira; anche
se questa assillante aspirazione ad andare oltre il termine si affievolirà in Giorno dopo giorno, in cui l’esperienza
della guerra sarà motivo valido a fargli rivedere il ripiegamento solipsistico
o il mito di purezza formale che lo aveva antecedentemente caratterizzato (Alle
fronde dei salici, Milano agosto 1943). Ma non è certo questo il luogo adatto
per scandagliare tutta l’evoluzione
tematico-formale del Nostro attraverso le sue opere; semmai, è quello di ricavare l’assioma definitivo della
finalità della sua arte: la poesia come espletamento di una missione etico-sociale;
l’uomo visto nei suoi attributi spirituali di creatore di civiltà che si evince
dal discorso sulla poesia: “Oggi, dopo due guerre, nelle quali l’eroe è
diventato un numero sterminato di morti, l’impegno del poeta è ancora più
grave, perché deve rifare l’uomo… questo
è il problema capitale, questo l’impegno”.
Insomma,
per tornare a noi e all’analisi comparativa di queste prime esperienze
giovanili, direi che ben poco c’è del futuro
scrittore. Vi leggerei semmai un impeto incontrollato ed emotivamente acceso di
un giovane Autore che sente l’urgente bisogno di confessare tutto il suo patema
giovanile in maniera effusiva; priva del linguismo di quegli argini stilistici
a frenarne le esondazioni che caratterizzerà la poetica de La terra impareggiabile, ad esempio, o la vita non è sogno, o ancora il falso e vero verde, che si
porteranno dietro l’echeggiare di quell’urlo nero di Giorno dopo giorno. Lo fa senza condizionamenti alcuni, con versi
semplici e liricamente liberi, anche se vi si può riconoscere qualche impennata
e qualche guizzo etimo-fonico o iperbolico che sottintendono già quella
insoddisfazione per un dire senza pointes cospirative. Ma si dovesse misurare
il risultato poetico di queste prime poesie con quello di intonazione epica in
endecasillabi di continuata musicalità espressiva; con quello che si fa timbro
di un respiro creativo che traduce in immagini di rude vigore biblico gli
impulsi dell’humanitas quasimodiana, ben poco vi si troverebbe di comune.
Credo, quindi, che abbiano, senz’altro,
un grande valore storico-letterario in quanto documenti per studiosi. E che
vadano considerate come opere a sé per quello che valgono e per quello che non.
Una cosa è certa: per come io intendo la poesia, queste composizioni hanno un
pregio: sanno arrivare con empatia e generosità comunicativa, impiegando
analogie, metafore, e accorgimenti panici con tale semplicità verbale da farne
apprezzare l’insieme. In qualche pièces anche per l’uso di un endecasillabo che
già preannuncia, anche se in maniera piuttosto vaga, la predisposizione del
Nostro per questa misura espressiva.
Nazario Pardini
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