Pagine

martedì 11 settembre 2018

PAOLO BASSANI INVIA: "PRESENTAZIONE DI OMBRALUCE" DI E. MALATESTA



Paolo Bassani,
collaboratore di Lèucade

PRESENTAZIONE DEL LIBRO
OMBRALUCE
di
EGIZIA MALATESTA



Prefazione
Sandro Angelucci,
collaboratore di Lèucade

Ombraluce: così Egizia Malatesta titola la sua nuova raccolta poe­tica. Ed è proprio da qui, dall’intestazione, che voglio iniziare per introdurre il lettore alla fruizione dell’opera.
Nella seconda strofa della lirica eponima si legge: “Funambola dei sogni / nascondo il buio / nel pugno di una mano, / l’altra dischiusa . . . docile / alle lusinghe della luce..
Pochi versi, ma sufficienti - a mio modo di vedere - per farsi un’idea sul vertere dei contenuti che animano il florilegio di una poetessa che vive il suo tempo in una terra di demarcazione tra la Toscana e la Liguria.
Un’indicazione geografica da non sottovalutare in merito a quanto mi appresto a scrivere.
Già, perché - lo abbiamo appena evinto dalla citazione - la Nostra si percepisce una “funambola dei sogni”; un’acrobata, dunque, che cammina sulla sottilissima fune della vita così come agevolmente si muove al con­fine tra la Lunigiana (dove è nata) e l’ultimo tratto di costa a ridosso della Versilia (dove risiede).
Il tutto, senza perdere l’equilibrio, cercando di non sbilanciarsi né da una parte né dall’altra, né verso l’ombra - appunto - né verso la luce; ce­lando il buio e tenendolo stretto nel pugno e palesando la luce sul palmo di ciascuna delle proprie mani.
L’esistenza è gaudio ed amarezza, afflizione e consolazione: ne abbia­mo ogni giorno riprova, ma se non si accetta totalmente va a finire che il dolore ti schiaccia e la gioia non ha la forza necessaria a scendere nell’in­timo dell’anima.
E sotto gli occhi di tutti: il mondo è diviso in modo disuguale tra ricchi e poveri (con larga maggioranza dei secondi) ma, ancor di più, e ancora più veneficamente, dalla sperequazione tra felicità ed infelicità (anche in questo caso, con l’ago della bilancia che pende in favore di quest’ultima).
Quello che, però, davvero sconcerta è che i cosiddetti felici, in realtà, non lo sono. Come mai? Qualcosa non torna. E qui si denuncia - con le povere armi della parola - questo stato di cose.
Così, in Olga dome (mi sia consentito reputarla la migliore del testo), l’autrice vede Olga Kogut (trentunenne ucraina) morire di stenti e di in­differenza, in un bosco alla periferia di Carrara, con un bimbo in seno di sette mesi.
A lei, a loro, rivolge il suo canto: “Olga dorme / l’Ucraina è lontana, / lontane le voci, trasparente il dolore, / il respiro si perde, / nel buio finisce l’attesa: / china il capo la rosa, / nel grembo appassisce / non nato lo stelo // Per i mercanti di sconfitte / e i venditori di rose senza odore / sarà festa domani. / Porteranno all’occhiello quel fiore / ostentando un dolore di poche / recitate parole. .
Soltanto “l’ostinata compassione dell’erba”, il soffio freddo ma infiam­mato del vento potranno e sapranno consegnarla al silenzio, la voce ini­mitabile della poesia.
Desidero, tuttavia, insistere sull’aspetto malinconico di questa scrittura: è uno spleen del tutto soggettivo e circostanziato quello della Malatesta.
C’è una lirica - di nuovo - che può rivelarlo forse meglio di altre: mi riferisco a Un albeggiare lontano, dove la mestizia, oltre a non degenerare in amarezza e sconforto, neppure sconfina in quell’infelicità, artefatta quan­to il benessere, di cui ho già precedentemente parlato.
“Chiudo gli occhi / e ritorna / la mia età migliore / nascosta dentro / un’altra età /..../ Eppure mi sorride / un albeggiare lontano / di fiume che scorre / verso il mare / laddove il futuro / ritorna / verso il suo pas­sato / in un eterno andare.”.
Ecco, è in questo sovvertimento che mi piace scovare la cifra più alta della poetica che propone Ombraluce.
L’immagine del fiume che risolve la sua corsa sfociando nel mare è chiara allegoria della vita: il ciclo dell’acqua non ha termine - di più - non si sa dove nasca né dove muoia l’acqua; evapora dal mare per alimentare la sorgente e, dalla stessa, sgorga per cercare il pelago salato.
In modo analogo, Egizia, si rimette all’esistenza con fiducia, con la fede autentica di chi crede nella natura spirituale della realtà.

Sandro Angelucci
  









1 commento:

  1. Ringrazio sentitamente Paolo Bassani per aver voluto comunicare ai lettori di Lèucade la presentazione del nuovo lavoro di Egizia - nostra comune e cara amica - nella sua Caprigliola attraverso la pubblicazione della prefazione da me redatta sul testo poetico.
    Ovviamente il mio grazie va anche a Nazario, come sempre disponibile e attento a questi eventi.

    Sandro Angelucci

    RispondiElimina