Maria Grazia Ferraris, collaboratrice di Lèucade |
Per Silvia Venuti
Silvia
Venuti, varesina, che compare talvolta accompagnata da magnifiche recensioni
sulla nostra isola di Leucade, e che ho rivisto da poco, con gioia, dopo un
intervallo molto lungo, (la vita è difficilmente programmabile!) è poetessa,
pittrice, critico d’arte, donna pensosa, rigorosa, lucida ed essenziale nella
sua riflessione, alla ricerca di se stessa, delle ragioni della sua arte, e del
senso ultimo della vita.
Ricostruisce
nelle liriche così come nei suoi
dipinti la sua storia di donna artista,
la sua vita,
le sue
visioni, le sue scelte esistenziali, senza praticare l’autobiografia, né
affidarsi sentimentalmente a fragili ricordi che pur caratterizzano il passato,
inevitabile fardello di ogni scrittore.
Scrivevo di lei in altra occasione e dicevo: … “Una ricerca lucida, attenta, appassionata, critica, la sua, ma anche una macerazione interiore accompagnata dalla riflessione filosofica:
Scrivevo di lei in altra occasione e dicevo: … “Una ricerca lucida, attenta, appassionata, critica, la sua, ma anche una macerazione interiore accompagnata dalla riflessione filosofica:
“Non dipingo per abitudine estetica, per
capire dipingo…”, una ricerca “in trincea”, che si esprime in immagini
metaforiche soprattutto legate alla vita di lago, come quel sentirsi “come il
palo d’attracco/ nel silenzio capovolto” o alla quotidianità della vita, nelle
operazioni che ricordano quelle tipiche delle donne, come l’esigenza di “far
l’ordine al frammento”, o “Ripiegare il tovagliolo …con fare
ordinato”. Tanta strada ha percorso da allora approdando, tra il visibile e
l’invisibile, a una spiritualità “metafisica”.
Ha mantenuto il gusto dei dettagli che nondimeno sconfinano dal loro limite e diventano visioni intere, metafore sapienti, come è giusto e congeniale che sia per tutti i poeti. In ogni caso le situazioni, le descrizioni, rare, non sono mai estetiche divagazioni, compiaciute, fini a se stesse, ma annunciano la loro natura emblematica che avvia all’oltre, al filosofico, al concettuale, talvolta al metafisico.
“Tutto è metafora/ di un’altra metafora/ e ancora metafora/ all’infinito….” La ricerca è difficile per tutti coloro che ci si avviano, doppiamente difficile per una donna che si muove su un doppio – difficile e paziente- itinerario, che vuole esprimere nell’arte se stessa, le proprie emozioni e la propria creatività rinventando parole, concetti, immagini per dare vita e visibilità al proprio originale essere.
E analizzando il suo desiderio di poesia e la tensione ad accedere agli alti spazi del pensiero, dell’infinito, ci parla di intuizioni, quasi illuminazioni, della sua ricerca che è stata umile e solitaria, sognata a lungo e raggiunta con fatica e dubbio, ma anche con consapevole orgoglio, con passione costante, in cerca del riscontro col vero e aperta all’ infinito, ma fatta anche della certezza di avere radici, corpo, affetti, doveri, morale, e una casa comune, “la casa dei Poeti”.
Ha mantenuto il gusto dei dettagli che nondimeno sconfinano dal loro limite e diventano visioni intere, metafore sapienti, come è giusto e congeniale che sia per tutti i poeti. In ogni caso le situazioni, le descrizioni, rare, non sono mai estetiche divagazioni, compiaciute, fini a se stesse, ma annunciano la loro natura emblematica che avvia all’oltre, al filosofico, al concettuale, talvolta al metafisico.
“Tutto è metafora/ di un’altra metafora/ e ancora metafora/ all’infinito….” La ricerca è difficile per tutti coloro che ci si avviano, doppiamente difficile per una donna che si muove su un doppio – difficile e paziente- itinerario, che vuole esprimere nell’arte se stessa, le proprie emozioni e la propria creatività rinventando parole, concetti, immagini per dare vita e visibilità al proprio originale essere.
E analizzando il suo desiderio di poesia e la tensione ad accedere agli alti spazi del pensiero, dell’infinito, ci parla di intuizioni, quasi illuminazioni, della sua ricerca che è stata umile e solitaria, sognata a lungo e raggiunta con fatica e dubbio, ma anche con consapevole orgoglio, con passione costante, in cerca del riscontro col vero e aperta all’ infinito, ma fatta anche della certezza di avere radici, corpo, affetti, doveri, morale, e una casa comune, “la casa dei Poeti”.
Da lei
ho avuto due regali personali: il primo, un dipinto per la copertina dei miei racconti dal titolo “Lettere mai
spedite” edite nel 2010 per l’edizione Montedit : Albero, acrilico. su tela
cm 120x 80.
Scrivevo
allora a commento della copertina: “La scelta di porre questa immagine in
copertina, un quadro la cui fotografia
mi è stata gentilmente concessa dalla pittrice amica, ha un valore
simbolico, quasi di commento alle varie <lettere > che andavo scrivendo.
Quest’albero
lungo e spoglio, ferito ed inciso, solcato da rughe quasi sanguinanti nei loro
colori bruciati, caldi e sofferenti, contemporaneamente vivo e morto, che pur
sfida la vita, ed alza coraggiosamente i suoi rami al cielo, come una
preghiera, come l’ultima domanda e l’ultima sfida, mi affascina. Mi sembra
molto simile alla vita di molte donne, forse anche di quelle che nel mio libro
inviano le loro ultime lettere….”
Un
secondo omaggio ho avuto da lei in questi giorni, quando ha partecipato alla
presentazione del mio saggio “Una singolare generazione. La MILANO
poetica del primo Novecento”. Ed. Il Convivio, 2018.
È un acrilico in tecnica mista, numerato e
stampato dalla libreria Bocca dal titolo
Siamo foglie, accompagnato dalla poesia che riporto e nella quale la
nostra artista riconferma, sottolineando la nostra fragile caducità, la sua
alta spiritualità.
Grazie a Silvia.
M.
Grazia Ferraris
Bella testimonianza, questa di Maria Grazia Ferraris, sulla poesia e sull'arte di Silvia Venuti. Due amiche e due artiste pregevoli, accomunate da una visione dell'arte come conoscenza e non come gioco evasivo. “Non dipingo per abitudine estetica, per capire dipingo…”, dice Silvia, ed è un assunto che so che Maria Grazia condivide. Sono amico di entrambe e ne vado fiero. Di Silvia conosco la poesia, un canto di fede purissima, sciolto da ogni riferimento confessionale. Fede pertanto che si alimenta del dubbio e - come dice Maria Grazia - di profonda macerazione interiore. Aggiungo che nella poesia di Silvia è rintracciabile la lezione dell'ermetismo, soprattutto ungarettiano, e tuttavia la stagione del Simbolismo appare superata. La solitudine si scioglie e l'intelletto si apre alle armonie celesti, alle sinfonie naturali e universali. L'ariosità, la levità, l'azzurrità dei versi chiamano in causa la spiritualità tutta orientale ed il misticismo naturalistico degli haiku. Un carissimo saluto a entrambe.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Ringrazio F. Campegiani che considero oltre un filosofo di valore un amico prezioso: condivido la sua sensibilità per la poesia quasi mistica ricca di spiritualità di Silvia V.
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