Nazario Pardini
prefazione
a
Le
pallide dita della luna
di Lidia Guerrieri
La voce del mare nella melodia del verso
La mia
poesia è tutta nei tuoi occhi, è così che inizia l’opera, con
una poesia che l’Autrice dedica alla figlia: un sentimento tanto potente che
non sono sufficienti le parole a esternarlo, occorrono immagini naturali per
dare colore, forza, ed esplosione allo stato d’animo: l’edera, il corimbo, il
lattice, la luna...
A ROMINA
La mia poesia è tutta nei tuoi
occhi
d'edera
e di corimbo,
sulla
tua pelle
che a
lattice di luna eguaglia il lume,
piccola
donna mia che tutto sai del mondo
e di
cui il mondo non conosce il nome!
(...)
C’è il bisogno di ricorrere a configurazioni paniche, anche
nel resto della plaquette, per concretizzare le vicissitudini; un
antroporfismo delicato e gentile che
contribuisce non poco alla organicità dell’insieme: Marina, il mare, le viuzze,
il Maestrale o il Libeccio che si fanno simboli di una storia in un dire di
classica misura che tanto risente di studi umanistici e di ambiti culturali
letterari, ma soprattutto di un animo zeppo di cose da narrare:
La
giuncaia che fiuta il Maestrale,
l'onda
che passa al vaglio sassi e rena,
e le
pallide dita della luna
a
frugare nel vento siderale
non
sono poi lontani
dal
falco che scandaglia i fiumi azzurri
sopra
le creste d'oro. Nè è diverso
colui
che scruta l'anima o che annaspa
tra le
curve insondabili del cielo
dal
verme che da secoli rovista
testardo
i sottoscala della terra.
Sì, si
respira aria di salmastro, odore di pinolo, e si ode lo sciacquio della bàttima.
La Guerrieri è tutta qui, con la sua storia, con la sua terra, con cui torna sempre a dare
carburante al serbatoio del linguismo, del patema esistenziale.
Una
silloge, questa di Lidia, che abbraccia con melanconici abbrivi le fragranze
della vita; e lo fa scolpendo coi versi la materia da forgiare. Sì, la vita con
tutte le peripezie, con tutti i dilemmi, con tutte le aspirazioni spesso
tradite dal volgere della sorte. Ma quello che da subito risalta agli occhi e
alla mente è il verso: un’architettura di intrecci verbali, di iuncturae
simboliche assegnate alla grazia della melodia. E tutto si fa musica, euritmica
sonorità, romanza che prende e non molla; che arriva e convince; che allunga il
tiro a sponde di isole lontane, verso le quali la Nostra aspira, e a cui tenta
di approdare in cerca di mondi puliti dove i tramonti sfiorano coi loro colori
gemme pure e vergini, dove poter ri-vivere con volti amati e troppo presto
scomparsi, e dove i sogni, le presenze e gli affetti non vengano scalfiti dalle
mani del tempo. Un’isola, insomma, dove la vita è vita, l’amore è amore, e
tutto si svolge senza trafitte dolorose, senza provare solitudini di un
esistenzialismo esiziale:
(...)
Capita
allora che ti accorga come
sia il
cuore dell'Inverno solo un buco
grigio
di luce, e freddo d'inquietudine,
e che,
mentre il dolore graffia il muro,
ti
chieda se potessi un poco entrare
ed
asciugare al fuoco questi panni
intrisi
di rimpianti e solitudine.
Rimpianti,
ritorni, rievocazioni... in versi nutriti di sinestetici accostamenti o di
metaforici allunghi che tanto danno al cuore del canto.
Senz’altro
la Nostra non appartiene a quella corrente di avventure sperimentali che
tradisce il vero spirito della poesia; non appartiene di certo a quella cerchia che ha contribuito con
positure prosastiche a stravolgere l’anima del poièin. Direi piuttosto il suo “poema”
un racconto interiore, una confessione che tanto si avvicina all’empito di un
realismo lirico. E il tutto si fa dolce e fluente, amabile e nostalgico, vero e
concreto come lo è la vita nel suo corso di andate e ritorni. Spesso c’è il
tentativo di aggrapparsi a memorie di antiche primavere:
(...)
E sono
insieme, voci di bambini;
mi vedo con le trecce in mezzo a loro:
risa di cerchi e giochi,
e laggiù un echeggiare di campane:
“Io sono il tempo,
giro la ruota, tutto cambia intorno!
E
sempre vado avanti,
io non ritorno!
Mai più ritorno!”
E come in un ninnare di rintocchi,
ecco che le distinguo
e riconosco;
voci lontane, sperse nel profondo,
tornano a sussurrare dolci e piane
le parole sfogliate di anno in anno,
si smorzano ed in esse mi confondo;
ronzio che mi accompagna e che si perde
sulla porta del sonno...,
o il bisogno di ripescare volti e luoghi che hanno segnato
tappe fondamentali nel percorso dell’esistere:
L'avete vista la ragazza bionda,
odorosa
di mare e di bucato
per le
vie alla Marina?
(...)
Va a
spolverare tombe, quasi all'alba.
e poi
di casa in casa,
fringuello
che sfaccenda gorgheggiando
e
dall'aurora torna al nido a sera.
Non
parrebbe, ma a casa ha una bambina
che ha
freddo ed ordinate vesti smesse,
oro di
nonne e baci,
vuoti
nel cuore, ma la bocca piena.
L'avete
vista, dite, la mia mamma?
Io la
ricordo appena!
Versi che ti prendono e non ti mollano; che dicono di dolore e sottrazioni;
di saudade e melanconiche intrusioni per ricordi che tornano vivi a stuzzicare
l’anima:
(...)
e
camminai fra genti, e mendicante
chiesi
pietà su quelle stesse vie
che
con violenza avevo insanguinato.
Io,
pensiero divino, io progetto
che
ancora deve compiersi.
È lì che la Guerrieri soffre e si fa triste
per una clessidra che ha fagocitato i
momenti più caldi dell’esistere,
reificando un’inquietudine che attraversa come filo conduttore il sottofondo
dell’opera, senza, comunque, volgere la rotta a un sentimentalismo mellifluo e
decadente, ma mantenendola dritta verso la robustezza del dettato lirico. È la
parola, il verbo, la spontaneità, a
volte vulcanica, a fare da padrona negli intrecci verbali, in quelli
rinvigoriti dal mare, dai venti o dai pini dell’amata Marina. Soprattutto
quando si dà all’anima la possibilità di girare libera fra gli anfratti dei
suoi luoghi, fra gli angoli più segreti della sua terra, fra le cospirazioni
emotive dei suoi dintorni; è essa che rincasando dalle perlustrazioni si porta dietro immagini di onde
verdeggianti, di case umide e fredde, solitarie, di piogge invernali, di
autunni velati di tristezza. Sono lì, in quelle occasioni, i frammenti di
un essere tutto vòlto a cristallizzare i suoi abbrivi. Se poesia significa
sentimento, immagine, memoria, e parola; se significa un mix di tutto questo
con la poesia della Guerrieri ci troviamo davanti a pagine di vera intuizione
lirica; di vero abbandono estetico, d’altronde non era E. A. Poe a definire nel saggio postumo Il
principio poetico “ la
poesia “creazione ritmica della bellezza”, convinto che “il sentimento poetico
si ottiene nell’unione tra poesia e musica, giacché nella musica, forse,
l’anima raggiunge quasi interamente il grande fine per il quale, se ispirata da
un sentimento poetico, essa lotta… per raggiungere la creazione della Bellezza
Suprema…”.
Quello che Lidia ottiene con uno spartito di settenari,
doppi settenari, accessori di effetto contrattivo o estensivo, ipertrofie e ipotrofie
formali, interpunzioni a centro verso per emistichi: il tutto in funzione di
endecasillabi che risuonano come getti di corrente in cascate di musicalità.
Finché il cerchio si chiude con un
inno all’amore; a quell’amore verso la figlia con cui l’Autrice aveva dato il
via al suo racconto; e lo fa con una oracolare visione di forte impatto
emotivo:
(...)
E poi che sarà colma ogni
tua luna
e non avrai rifugio per accogliermi,
cercami più lontano, vieni, trovami !
Ti verrò incontro per deserti e rovi;
tu segui solo il filo del mio amore,
di là dai fiumi inutili del dopo,
dai folgoranti eserciti di Dio
fino a che non mi trovi, bimba mia!
non mi lasciare nell'eterno sola
e non mi dire,
non mi dire addio.
e non avrai rifugio per accogliermi,
cercami più lontano, vieni, trovami !
Ti verrò incontro per deserti e rovi;
tu segui solo il filo del mio amore,
di là dai fiumi inutili del dopo,
dai folgoranti eserciti di Dio
fino a che non mi trovi, bimba mia!
non mi lasciare nell'eterno sola
e non mi dire,
non mi dire addio.
Nazario
Pardini
DAL
TESTO
Dedico questo lavoro a mia figlia Romina,
il solo legame che mi resta con questa Terra
A ROMINA
La
mia poesia è tutta nei tuoi occhi
d'edera e di corimbo,
sulla tua pelle
che a lattice di luna eguaglia
il lume,
piccola donna mia che tutto sai del mondo
e di cui il mondo non conosce
il nome!
Sbircia, il mio verso,
per l'usciolino schiuso del
sorriso,
dentro gli orti leggeri del
tuo cuore,
dove tu benedici cespi azzurri
di spigo,
ciuffi bambini di menta e di
timo,
tra grovigli di more
polverose,
nell'arruffato, piccolo
giardino
traboccante di rose.
E tu, rosa d'Inverno,
che dolce vieni dentro la mia
casa
come pioggia d'Agosto,
gran prodigio mi fosti! e non so come
mi venne dato bene sì
giocondo,
piccola donna mia!
che tutto sai del mondo
e di cui il mondo non conosce
il nome.
In rammarico, inquieto si
contorce
il bacio che restò sulla mia
bocca,
ne' prese il volo
al labbro corrucciato
dell'amore,
o che alienò, qualche pudore
erroneo,
dalla tua
cara guancia.
E sa di amaro e polvere,
e sa di un frutto ruvido
che prosciuga la lingua e la
fa muta,
e che dentro il silenzio
graffia e geme
come nel cielo illune
le stelle in loro frangersi
dolente,
nell'inutile sforzo di colmare
l'incolmabile vuoto della
notte.
Non siamo che binari
lanciati su pianure
nude, di sale e polvere.
La vampa di una conca di
papaveri,
o la benedizione verdeggiante
di un letto di trifoglio
sono stupore che ci stacca un
attimo
dal chiodo fisso dell'ansia di
esistere,
ma sgomenta la duplice
intuizione
di un tutto, e di una faglia
fra il resto e questo guscio,
e della nostra
divisione ci afferra la
vertigine.
Solo l'amore, breve
un'esplosione
di luce, un abbandono,
graffia la catafratta,
o di un amico il tocco sulla
spalla
ci spigola un sorriso
e incide per un attimo la
scorza
di questa solitudine.
Non siamo che binari:
brevi incontri agli scambi,
e ancora si allontanano
dentro nuovi silenzi.
Un giorno ancora
per ancorarmi in te, alle tue
parole,
ripararmi alla gronda del tuo
tetto
proibito a pioggia e vento,
ora che tuona sul mio
capo grigio
e il sorriso è una scarpa
appesa al chiodo.
Questo azzurro serale, questa
placida
luna di valli d'oro,
questo silenzio chiaro che
interrompe
solo il coro immutevole dei
grilli,
altri giorni li ho visti, e
già sentiti:
(restano il grano e i sassi
sempre quelli!)
Potrei voltarmi indietro, e ci
sarebbe
l'ombra del tuo rimpianto
a cingermi le spalle in un
abbraccio.
Ma è troppo caro il prezzo.
VITA
Sono
quattro anni che scrivo poesie, tre che studio la metrica e tanto ho da
imparare. So di non avere il quid che fa il Poeta, ma si sa che i Poeti li
sceglie Dio! Dico due parole di me per far capire meglio quello che ho scritto.
Sono nata nella zona antica della mia città, da una famiglia povera. La mia
casa era fredda ed umida tant'è che ho perso il timpano destro per le ripetute
otiti. Tutto questo freddo e la pioggia che entrava in casa, tanto che quando
c'era un temporale si dovevano dislocare pentole e tegami nei punti “strategici”,
compare a volte nelle mie poesie anche se non in queste. Per esempio la mia
vecchia poesia “ Il freddo” inizia :
Mi riconobbe, il freddo,
magro puledro della nevicata
e subito marchiò le mie radici
quale sua appartenenza-
perché sono
nata con la neve, e con difficoltà; a 15 giorni avevo già la polmonite, e una
iniezione di allora mi ha lasciato per sempre una cicatrice. Comunque i miei,
soprattutto la mia mamma che lavorava di casa in casa e che fino alla fine ha rimpianto
di non essere mai andata a scuola, volevano che questa loro unica figlia avesse
una vita migliore, e con tanti sacrifici mi hanno iscritta al Ginnasio ; qui,
ho vinto una borsa di studio triennale perché ero arrivata prima nella
Provincia con un un tema sulla morale nel Manzoni e così ho potuto continuare
fino alla maturità classica e dopo, arrangiandomi con i libri e facendo la
pendolare, mi sono laureata in Lettere a Pisa nel 1972 con una tesi
sperimentale “L'attività estrattiva del massetano nei suoi riflessi
antropogeografici”, che più che di Lettere sapeva di Geologia. Ho passato la
vita fra casa e scuola, fra ricami e libri, e volentieri perché non mi
interessa girare, sto bene in casa. Alcune di queste poesie sono sull'ala del
ricordo : di quelli che erano i miei progetti, di mio marito, morto di tumore
vent'anni fa quando aveva 58 anni ed io 52; altre parlano del quartiere dove
sono nata, Marina, la zona vecchia sul canale fra Piombino dove abito, e
l'Elba, della depressione di cui ho sofferto per quattro interminabili anni, di
mia figlia che ha passato l'infanzia o all'ospedale o con l'ossigeno a casa per
via dell'asma (anch'io soffro d'asma), della mia solitudine, del tormento che
ho sempre agli occhi, della paura del tempo che passa e delle trasformazioni
che esso opera sul mio corpo; parlo a volte dei miei pensieri: che ci sarà
Lassù? c'è un dopo? C'è un ritorno? (ho ben presente la lezione di Socrate nel
Fedone). Insomma, le cose di tutti. Niente di speciale. Spero che non rimarrà
troppo deluso da questi miei scritti: sono solo un' apprendista. Grazie
per tutto il tempo che vorrà dedicarmi.
Conosco la Guerrieri da alcuni anni. Ho letto i primi suoi versi e voi ... e poi ha volato sempre più in alto. La presentazione del Prof. Pardini è essa stessa Poesia. Ad maiora !
RispondiEliminaLidia Guerrieri e la più generosa ed esperta "maestra" di metrica che io abbia avuto il piacere e la fortuna di incontrare entrando a far parte del suo gruppo "Le pleiadi in versi". Sono lieta di leggerla su Leucade, coinvolta dal nostro Nazario Pardini, nell'entusiasmante avventura dell'ISOLA.
RispondiEliminaMi commuovi e mi confondi, Marisa :-) Sono solo una principiante: qualcosa la so, molto devo studiare. Quel che ho imparato meglio è la prima lezione che mi ha dato Mimmo Martinucci :" La cultura è un dono ; chi ha la fortuna di averlo, grande o piccolo che sia, deve condividerlo...altrimenti è un furto"
EliminaCara Lidia, benvenuta nel club, non tanto dei poeti, ma di coloro che scrivono per
RispondiEliminavincere i propri mali. Io sono poliomielitica e ho sempre detto che, se avessi avuto le
gambe sane, sarei andata a ballare invece di scrivere poesie. Però, dato che le gambe
sane non le ho, mettermi al computer mi distrae, mi fa vincere la solitudine, mi fa
dimenticare per qualche momento tante cose della vita che non vanno proprio per il
verso giusto. Se continuerai a frequentare il blog e se parteciperai a qualche concorso
conoscerai tante persone con cui intrecciare amicizie, scambiare opinioni, ricevere
consigli. La tua poesia è fresca con belle immagini, del tutto apprezzabile. Prosegui
senza fermarti in questo tuo cammino anche se non sempre ti darà le soddisfazioni
che meriti: io ho sempre affermato il valore catartico dello scrivere. Ti do questi
pochi suggerimenti perché dalla tua biografia mi sembri una neofita anche se su
internet ho scoperto una Lidia Guerrieri che ha pubblicato dei libri. Mi è già capitato
di dare consigli a chi ne sapeva molto più di me. Se è così, pazienza! Rimane sempre
valido il mio giudizio sui tuoi scritti. Ciao
Carla Baroni
Grazie, cara Carla; io non sono un poeta, mi considero un costruttore di versi; la mia vera passione è la metrica con i suoi trabocchetti, le sue splendide sottigliezze, la sorpresa di vedere che quello che alcuni considerano un laccio rigido e stretto può diventare flessibile e leggero , tanto che non l'avverti :-)
EliminaLa poesia di Lidia è fresca, ma profonda, ricchissima di immagini mai banali, autentica perché parla delle emozioni della sua vita, del suo rapporto con gli altri e con il mondo. Mi felicito con lei per aver vinto il concorso Parasio di quest'anno e per l'attentissima e curatissima presentazione che le ha donato il Prof. Pardini.
RispondiEliminaAdele Libero
E' veramente un piacere trovare Lidia su Leucade. Sono felice che i suoi armoniosi testi approdino in questa isola che da oggi è ancora più luminosa.
RispondiEliminaSerenella Menichetti
Lidia sei la più bella e delicata anima che io abbia conosciuto nella vita! Ti voglio bene! Lella
RispondiEliminaE' gioia pura trovare Lidia, che non conosco di persona, ma con la quale ho scambiato lunghe chiacchierate virtuali, sullo Scoglio di Leucade, introdotta magistralmente, con passione e lirismo, oltre che con la consueta competenza dal carissimo Nazario. Le sue poesie sono perle, incastonate nel quotidiano, nella collana della vita, dalle alterne stagioni.
RispondiEliminaIl suo stile, che mi riporta a mio padre, è classico e attuale. Poesia pura, ispirata, luminosa, calda e autentica. Tra i suoi versi l'anima rinasce, Araba Felice, e coglie il senso profondo del fare ed essere 'poesia'. Estasiata abbraccio Lidia e Nazario...
Maria Rizzi