Maria Grazia Ferraris, collaboratrice di Lèucade |
Per
l’edizione de Il Porticciolo, a cura della prof. Rina Gambini, che ne ha curato
l’edizione e l’ha accompagnata con un ampio saggio introduttivo, focalizzato
sul suo significato universale declinato nelle varie diversità geografiche (
nostalgia, saudade, sehnsucht, appocundria…) è uscito il volume antologico IN
VIAGGIO… SUI SENTIERI DELLA NOSTALGIA:
Raccolta di pensieri, poesie, riflessioni, ricordi.
Hanno
partecipato gli iscritti all’associazione culturale omonima spezina che cura
anche l’annuale concorso letterario di
Pontremoli e che sono anche in gran parte attivi sia sul blog letterario ALLA VOLTA DI LEUCADE che su face-book.
Ne
cito alcuni, in modo che gli interessati si possano riconoscere: Claudia
Astori, Giuseppe Benelli, Ester Cecere, Valerio Cremolini, Francesca Favaro, M.Grazia Ferraris, Sonia
Giovannetti, Daniela Quieti, Nelida Ukmar….
A
ciascuno di loro sono state assegnate più pagine dell’antologia (prosa e
poesia) accompagnate da un’ampia nota biografica ed un commento davvero
illuminante e significativo della stessa R. Gambini. Si conoscono grazie a tale
iniziativa personalità non comuni del nostro panorama letterario.
La
partecipazione è stata numerosa, il tema è infatti ampio, intimo ed intrigante.
Alcune pagine sono di una bellezza e commozione esemplare. La presentazione
ufficiale sarà a La Spezia il 1 dicembre 2018 alle ore 16 presso la Sala
Conferenze del Circolo Ufficiali Marina Militare La Spezia – V.le Italia, 2 .
Anch’io
ho partecipato con un racconto e tre poesie.
Mando
il mio racconto, dal titolo Nene, confidando nella generosità di N.
Pardini che non viene mai meno.
NENE
Anche
la navigazione sul web offre le sue meraviglie e le sue avventure, emozionanti
scoperte, come un vero viaggio nel tempo e nello spazio. Basta affidarsi
giocosamente al caso, magari in un pomeriggio di noia o di solitudine …Talvolta
mi capita di fantasticare con questo nuovo mezzo di navigazione-trasporto,
questo gioco mentale, pur senza particolari insistenze. A caso…: un mio
personale gioco dei tarocchi. Informazioni, immagini affiancate a caso
producono talvolta una storia, in cui riconosco un senso, che mi spinge poi
a provare a scriverla.
Cavalco
col mio mouse anche questa volta, uggiosa domenica agostana di questa strana
estate, ed entro fortuitamente in un sito milanese, la redazione di un
piccolo giornale di quartiere, che offre, oltre al consueto notiziario politico regionale e locale, una serie di racconti.
Mi incuriosisce. Uno, scelto a caso, si
intitola :“Il violino”. Leggo:
“
Succede: i ricordi reali sembrano fantasmi e i ricordi elaborati dalla mente
sono così reali e convincenti che capovolgono il senso della vita. Succede che
delusione, amarezza e dolore ti cambino le prospettive e non riesci più ad evitare
l’idea della morte come soluzione. Succede in una notte alla vigilia di Natale,
dopo una cena, si fa per dire, con il pan cotto e una mela.
E c’era freddo in quella casa senza
riscaldamento centrale. La stufa a gas non bastava…
Ero
sola. Le campane, un canto di Natale, una risata in strada, le luci dei
lampioni che violavano l’ombra della stanza per disegnare le mie paure, mi
parlavano di una vita altrove, lontana da me.
Mi lavai con cura, l’acqua era fredda, ma
dovevo andare pulita e profumata a quell’ultimo appuntamento …I capelli erano
in uno stato pietoso, ma avevo ancora un cappello che mi ricordava tempi
migliori e calzava come un guanto, incorniciando il viso. Uscii senza rimpianti
da quella casa.
“Mi voglio offrire ancora una possibilità –pensai-
una telefonata a Lui, dopo 10 anni di matrimonio, dopo tante emozioni insieme,
dopo tante dichiarazioni d’amore”….
Il mio
atteggiamento è di curiosità un po’ scontata, mista a noncuranza; mi pare una
delle solite storie strappalacrime natalizie, …poi l’attenzione si sveglia e
diventa partecipe.
Mi immerge, pur controvoglia, in un mondo
letterario espressivo che evoca luoghi e situazioni che io credo di conoscere.
Mi ricorda la Milano dei miei vent’anni, squattrinata studentessa…
Mi fermo e cerco altri spunti di lettura sullo
stesso canale, stessa rubrica:
“…Ci
si fermava alla latteria di “buenosaires” per una cioccolata bollente o in
piazza Castello per il gelato di frutta. Così… in compagnia, quando c’era,
quando si rideva per niente, quando un’ora di tram era come un viaggio a
Parigi. Quando le piccole cose scandivano il tempo e l’amicizia aveva un senso,
e i sogni erano il lavoro, la casa, il vestito nuovo nelle feste. …
Alla
domenica c’era il guizzo dell’improvvisazione, c’era una libertà ritrovata e il
tram era il salotto delle chiacchiere, lo scambio delle impressioni,
l’occasione di nuove conoscenze…..
…C’era
una piccola latteria, in zona Magenta, senza pretese, i tavoli di legno, le
sedie un po’ spagliate, la luce fioca per non consumare più del dovuto, un
proprietario sorridente, sempre di buon umore. I prezzi erano davvero
convenienti e la cucina casalinga era, comunque, saporita e genuina. La scelta
del piatto era tra due proposte, ma là ho mangiato i piatti milanesi più
gustosi della mia vita….
La
nebbia mi isolava in un mondo ovattato, di tenero e dolce calore dove potevo
immaginare cavalli bianchi cavalcare al di là della siepe, giochi di uccelli in
volo, case fumanti di camini accesi, ombre di fantasmi camminare in un silenzio di terrore. E
l’incertezza l’evanescenza dei contorni delle cose era la soglia del sogno e la
mia mano protesa era la presenza della vita….”
È la “
mia” Milano, penso, quella in bianco e nero della metà degli anni Sessanta:
Milano brumosa di dicembre, la fiera degli oh bei oh bei in piazza S.Ambrogio,
le vetrine scintillanti intorno a piazza Duomo, i Navigli non ancora di moda, i
chiostri bramanteschi dell’Università,
la scoperta del teatro e dei film d’essai, le passeggiate primaverili a
Chiaravalle….
Continuo
la lettura del racconto drammatico che mi ha catturato.
…
“Ecco, avevo la risposta che cercavo. Camminai svelta verso la metropolitana.
C’era freddo e buio. Quel pensiero costante “
Voglio morire” mi spingeva verso la metropolitana, dopo il lungo viaggio della
vita. Le chiazze di luce sull’asfalto mi rassicuravano: “Sono quasi arrivata” Volevo morire e non avevo ancora capito il
sole, la vita, Dio.
Volevo
morire perché avevo fame, una fame viscerale di pane e di vita. Scesi i gradini
della metropolitana..
Avevo
pietà di me e cercavo qualcuno che avesse pietà di me. Su una panchina del metrò, un uomo assorto, suonava
il violino. Un suono vibrante e malinconico, ora sferzante, ora dolcissimo. Un
suono che creava immagini inquietanti, che sapeva scavarti dentro e ti chiedeva
“Perché?”
…Perché
avevo fame da giorni, senza un lavoro, in una casa da demolire, senza luce, ad
aspettare il sonno, ogni sera e non trovarlo.
Perché Lui da un anno viveva con un’altra, dopo 10 anni di matrimonio e
il Natale mi ricordava una soffitta con tante piccole cose ridipinte insieme,
una stufa di maiolica rosa, le lenzuola a fiori quasi fosse un prato e il raccontare
e raccontarsi , senza fine, un albero di Natale ritagliato da un cartone e
dipinto a regola d’arte, i bigliettini dei desideri incollati quasi fossero
palle dorate e chissà, forse l’anno venturo qualcosa succederà, ma siamo felici
ugualmente, c’è tempo, abbiamo la vita davanti….
Il violino, sommesso, cantava anche la mia
disperazione. Lui, il violinista, mi guardava…
La
musica aveva creato un miracolo di suggestiva simbiosi. Mi accoccolai vicino e,
finalmente, piansi. Parlammo in libertà, come si può fare con uno sconosciuto
che non ti giudica. Parlammo del senso della vita e della morte. Parlammo di
noi. Risalimmo le scale, insieme, per ritrovare ognuno la propria strada.
“Buon
Natale”La mia strada mi portò in una chiesa per una preghiera di rabbia e di
rinnovata speranza.”
Sono
turbata. Vado alla firma: Nene.
Un
tuffo al cuore. Io ho conosciuto e amato una Nene nei miei lontani vent’anni
milanesi.
Quel
clima, quei luoghi, quella familiarità di emozioni che il racconto mi
trasmetteva fanno parte anche del mio vissuto.
Ma la
storia raccontata è triste: un racconto di solitudine desolata, di miseria, di
tristezza, disperazione, pur con un recupero vitale di ultime energie, temprata
solo dalla forza poetica della scrivente e dalla sua capacità di coinvolgimento.
Mi emoziona e spaventa. Sarà un racconto
autobiografico?
Mi
sento smarrita, poi mi dico che no, non può essere: lo scrittore è sempre un
fingitore, diceva qualcuno che la sapeva lunga… che parlava di eteronimi,
doppi, metacomunicazione.
Calma. Sono passati quasi cinquant’anni!
D’impulso
mi getto a scrivere un commento, là nello spazio apposito che è riservato ai
lettori: <…se sei quella Nene...>.
Incredibilmente
arriva la risposta. È proprio lei, la Nene di un tempo. C’è un numero di
telefono e un invito.
Mi
prende il panico. Una amicizia giovanile, due vite vissute senza mai più
incontrarsi, scelte di vita forse agli antipodi. Il tempo impietoso. Ha senso
incontrarsi? raccontare, ricordare, commuoversi forse?
Il
tempo. Devo fare i conti col tempo trascorso e con la mia ritrosia.
Non lo
so. Ho paura. Potrebbe essere un incontro deludente e potrebbe anche, nella mia
fragilità odierna, farmi male.
Il
Tempo dell’attesa, il ‘tempo di aspettare che accada’ destinato a finire per
fare strada ad un nuovo tempo…. L'attualità non è che un ritaglio arbitrario
nello scorrere del tempo, un comodo "fermo immagine", del tutto
abusivo, nell'incessante movimento diacronico del divenire….
Io
temo il tempo. Già perché ora sono una
donna sola, vecchia, (non bisogna aver paura delle parole!) che ha perso nel
percorso della vita speranze, affetti, passioni vitali.
Non so
se chiamerò. Forse sarebbe meglio affidarsi alle emozioni di un tempo ormai
concluso e ben chiuso nella memoria, emozioni labili che emergono involontariamente
dai ricordi.
Ascoltavamo allora, sognando, con struggimento, una canzone melodica e
ritmata.”Sapore di sale, sapore di mare, che hai sulla pelle, che hai sulle
labbra…!”
Il tormentone estivo degli anni Sessanta, così
lontani.
Ma la
memoria è pur poesia, è recupero, anche di se stessi, è volontà di
prolungamento o rifugio nel nostro esistere… Chiamerò.
Ecco un esempio di come il web possa essere veicolo di interessanti scambi artistici e di arricchenti incontri umani. "Avevo pietà di me e cercavo qualcuno che avesse pietà di me. Su una panchina del metrò, un uomo assorto, suonava il violino. Un suono vibrante e malinconico, ora sferzante, ora dolcissimo... Il violino, sommesso, cantava anche la mia disperazione. Lui, il violinista, mi guardava. Il violino aveva creato un miracolo di suggestiva simbiosi". Cavalcando con il mouse, in un'"uggiosa domenica agostana", la Ferraris entra fortuitamente in un sito milanese e s'imbatte in un racconto di Natale struggente, scritto da un'anonima Nene, che poi scopre essere stata un'amica di gioventù, sparita tra le nebbie del passato. Straordinaria pagina di letteratura e di humanitas, questa di Maria Grazia Ferraris. Con quanta superficialità si addossa al mondo tecnologico l'aridità e il degrado il cui unico responsabile è l'essere umano (disumano)!
RispondiEliminaComplimenti vivissimi a Rina Gambini per questo nuovo gioiello letterario estratto dalle collane de "Il Porticciolo".
Franco Campegiani
Bello e poetico il racconto di Maria Grazia Ferraris che ho avuto il piacere di leggere sulla nuova e bella Antologia, curata da Rina Gambini. Mi fa piacere trovarlo qui, su Lèucade.
RispondiEliminaUn incontro inatteso e imprevisto restituisce al tempo il potere di stupirci, irrompendo inusitato e quasi sfrontato nella sofferta monotonia dei giorni che passano senza poter lenire la malinconia dolorosa di “una donna sola, vecchia…che ha perso nel percorso della vita speranze, affetti, passioni vitali”. Ma la vita, che non cessa mai di riservarci sorprese, si fa ineluttabilmente strada e finisce per prospettarsi nella sua reale essenza di inarrestabile fluire. Memoria e futuro si abbracciano “nell’incessante movimento diacronico del divenire”, rivelando la natura fragile e arbitraria dell’attualità. Noi stessi diventiamo tempo, nel momento stesso in cui la nostra vita si fa storia per ciò che riusciamo a contenere, a ricordare.
Dice bene la Ferraris “la memoria è pur poesia, è recupero, anche di se stessi, è volontà di prolungamento..” fino a diventare tempo dilatato che ci apre il futuro.
Ringrazio molto Maria Grazia per aver citato la mia presenza nell’Antologia, con il racconto di un viaggio in treno.
Siamo insieme “in viaggio.. sui sentieri della nostalgia” facendoci compagnia.
Sonia Giovannetti
Ringrazio F. Campegiani che ha colto l'importanza del web fuori da ogni luogo comune e sottolineato la responsabilità di chi lo usa e come lo usa, e ringrazio S. Giovannetti che ci presenta un tema che le è caro, quello del tempo, che ci fornisce identità e dà senso al futuro. i più grandi ringraziamenti vanno naturalmente al nostro capitano che generosamente, come sempre, ci ospita.
RispondiEliminaComplimenti per la pubblicazione di questa Antologia che si presenta con un titolo tanto accattivante. Grazie a M. Grazia Ferraris per avercene dato notizia, e un pensiero particolare per il suo racconto, letto con l'interesse che sempre suscita il solo suo nome. Attrae il modo con cui porta il lettore al clou del dettato narrativo fondamentale, e come già osservato fa riflettere sulle opportunità che può offrire il mondo del web.
RispondiEliminaA prescindere dalla originalità della struttura del racconto e della piacevolezza della narrazione, personalmente trovo qui, alcuni punti che da sempre mi intrigano, come la memoria del vissuto e soprattutto l'entità del Tempo.
"Fare i conti col tempo trascorso....." è una verità inconfutabile, un valido aiuto ad affrontare il vivere dei giorni. E questo porta ad infinite altre considerazioni....
Approvo e condivido la riflessione finale,una conclusione del pensiero che si fa universale: "La memoria è pur sempre poesia, è recupero, anche di se stessi..."
Ancora una volta la eccellente Ferraris ci conquista con la preziosa lievità del suo narrare, in questa pagina arricchita da una punta di emozione nella nostalgia del passato.
Edda Conte.
Grazie per le parole preziose e per la vicinanza emotiva ed intellettuale carissima amica Edda
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