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giovedì 13 dicembre 2018

ANNA VINCITORIO: NOTA E COMMENTO A DOMENICO DEFELICE


DOMENICO DEFELICE
Riflessioni su To erase please e La morte e il Sud
Nota e commento
 
Anna Vincitorio,
collaboratrice di Lèucade
Uomo e natura in primitiva simbiosi, poi all’uomo ferito nel dolore presente e immanente nella natura, si contrappone l’ombra della morte; ancora un lirismo che è presente non più nella semplice persona ma assume valore corale. Viene studiato, criticato, si risale alle origini, all’infanzia. L’io è mutevole, lotta, schernisce, aspira ad una complessa ascesa. Davanti a sé, Dio; in lui il rifugio dopo aver subito pesanti offese e ferite. L’uomo sbaglia e intorno a sé non scorge speranza. La sua indole dalle molteplici sfaccettature non può salvarlo; in lui il timore del male e scarse possibilità di salvezza. Si deve difendere, agire, allontanare il Male che potrebbe schiacciarlo…ma come? Fuggire fisicamente, viaggiare. Ma anche il viaggio è conoscenza e consapevolezza: il male è anche fuori di noi; la civiltà è assurda e consumistica; la cultura superficiale ed edonistica. Ogni viaggio ha un ritorno; anche l’errore può accrescere la conoscenza. Siamo peccatori anche se non sempre consapevoli. La solitudine apre le sue braccia; lo stesso terrestre disordine accresce la nostra consapevolezza e ci porta all’ordine. Se il contorno ci spaventa, possiamo fuggire ma la fuga è corsa verso la libertà e la vita sia pur nella trasgressione. Il mondo ha deluso il poeta che prega Dio di cancellarlo ma nel mondo c’è pur sempre lui stesso e la sua vita, il giusto, l’ingiusto, il tutto, il niente. La poesia può anche perdere la sua vernice lirica ma resta realtà in tutte le sue forme e aspirare all’ascesi verso quel Tu, ambito, temuto, fortemente amato. La fuga del poeta preceduta dall’urlo, poi la partenza: “via anche da te, nemico/ dagli occhi come ventose/ dal seno/ li staccherò tuffandomi/ nell’acqua perlacea/ dell’isola lontana”. “Mare e cielo, cielo e mare/ e un gabbiano d’alabastro/…il blà-blà mi perseguita”. “Andreotti ha formato il governo…veleni, maledetti veleni”…“Eccomi, Signore, to erase il prete/ nero cangiante, le suore tutto fare, cerimonie dorate,/ strippate colossali./ To erase, Signore, to erase!…”
Il poeta chiede disperatamente aiuto. Da solo non può cancellare tutto.
L’isola può costituire salvezza, allontanare gli spettri. Compagna la solitudine, la natura. Gli antichi Dei nel sonno gli sorridono ma lo sveglia il maestrale. La scena idilliaca vagheggiata appare nella sua realtà: montagna d’alghe e di plastiche: “c’è il tanfo nell’aria…Acqua, acqua! Alzo le braccia,/ ma neppure uno stillo/ dalle nubi sterili”. To erase, to erase. Ma sarà possibile cancellare tutto? È un grido accorato, assurdo, ma non ha risposta. Il poeta è come nudo; ama il Sud ma ne è lontano. Anela a una terra ormai mito, memoria. Forti descrizioni di una natura che è Sud, quel Sud incollato alla pelle del poeta: “Danze di fuochi/ in tutta la campagna. Sui sassi/ e fra i dirupi, il serpe tende insidie/ al ramarro, fischia, apre le spire,/ schiocca al sole come scudiscio”…Il serpe, simbolo del male, annienta l’amore di un essere che fu amore. Là intorno solo silenzio e l’erba alta non permette liberazione di colei che fu vita: “santa reliquia”. Cosa diviene allora l’uomo? “Sono l’uomo feroce che solo quando l’ora scocca del dolore/ corale, veramente diviene mansueto, perché nell’agonia del corpo fragile ritrova il vero io,/ sincero è con se stesso e si ricorda/ dell’anima immortale”.

Nota a La morte e il Sud

Domenico Defelice è il Sud che si personifica in lui; Sud che ha lasciato ma che è presente nelle morti improvvise ammantate di mistero. Sud, malato di morte, Sud che trattiene Domenico lontano, Sud che avvelena l’amore che vive nel poeta. Come un video scorrono calde immagini, i ricordi del fratello contadino. In lui il dolore dell’abbandono sconfina nell’immensità del rimorso. Risuona nelle orecchie il canto delle cicale. Tutto col pensiero lo riporta indietro: la luce dell’alba, l’amore perduto, l’attesa, il bacio della speranza…un bimbo che non c’è più: “Aria di festa/ nel camposanto pieno di viole/ ti composero con le mani in croce,/ gigli e rose stringi tra le tue braccia”…Il nome che ti pose il cantastorie/ al mondo parla della tua gaiezza: eri come un uccello a primavera/ tutto trilli e gorgheggi; nella tua casa/ solo nota di festa in tanto lutto”. In Domenico presenti immagini di morte forse ancora più vive perché lui ormai lontano, e la lontananza vissuta come un lutto. Morti per fatalità e morti crudeli in cui c’è un compiacimento, una nemesi come in Morte del seduttore. “Così in un giorno di maggio/ in mezzo al prato. Fu Ninì Fronda a tatuarti il petto col coltello/ e disegnò per tutti con furore,/ tredici fiori aperti sul tuo cuore/ tredici amori”. Ancora lirici accenti di dolore – Al morto alla solfara…Per questo te ne andasti alla solfara/ lasciando i campi molli, la rugiada,/ per l’aria pura, il sole…ora il capo ti preme una montagna,/ Ma il sogno che t’illuse/ il buio squarcia e giunge fino a noi/ pietrificato nelle tue pupille”. Ho accostato To erase please? A La morte e il Sud perché mi sembra che dalla loro analisi possa meglio delinearsi la fertilità artistica ed emotiva di Defelice. Crudezza, rabbia, ironia, quasi fotografia di momenti di una realtà politica che ha sempre accompagnato e condizionato un testo, mentre nell’altro affiora il grande amore, i colori, il rimpianto per realtà struggenti che però, solo il Sud denuncia. Potrebbe sembrare un luogo comune ma le immagini, le testimonianze che più volte del Sud ci hanno tramandato, sono realtà traslucide, e avvolgenti. Affiora l’impotenza di fronte alla ineluttabilità degli eventi. Il Sud è come una delle pietà di Michelangelo. Il dolore trasuda dallo sguardo della Vergine e il corpo inerme e squarciato del Cristo, sono i suoi figli. Con questa ricchezza interiore è comprensibile che Defelice si ribelli. Le cose non cambiano ma il male va denunciato in tutti i suoi aspetti: morale, civile; nella violenza, follia, terrorismo, aborto… “Trovo qualche riposo nell’amore e sono quelli i versi meno duri e meno amari”. Parole tratte da una lettera del settembre ‘91 a Lucianna Argentino. Defelice è anche e soprattutto un amico. Il suo cuore è grande così come è grande la sua capacità di ascolto. Siamo di fronte a un gigante buono. Essere burbero è per lui una difesa.
Lui poeta lirico, lui satirico, lui visionario nel senso che ha una visione profetica dell’esistenza, si rivolge agli uomini, quelli però che, come lui, vivono la poesia come un approdo. La poesia ci permette di sognare ancora e “muove il sogno di un nuovo avvento, connotato dalle leggi dell’Amore Universale che potranno creare l’homo novus[1]

 Anna Vincitorio
 Firenze, 4 dicembre 2018


[1]     In Alberi? Prefazione di Sandro Allegrini.

1 commento:

  1. Mi scuso con Anna per il ritardo. Le festività rappresentano la saga dei riti e si finisce assediati e senza tempo. Ancora una volta grazie alla recensione scritta con assoluta onestà intellettuale e con la volontà di non invadere il mondo del Poeta, Anna ci consente di conoscere molti nuovi aspetti di Domenico Defelice. Sottolinea il suo legame con il Sud, infatti l'autore pur vivendo fuori dalla Calabria,non ha mai dimenticato le radici. Il figlio umile di contadini di Anoia resta legato al Sud, ne patisce la sorte difficile, una sorte che dalla fine del Regno Borbonico è purtroppo l'etichetta che ferisce molte regioni italiane, figlie di cattivi governi, di ingiustizie, non di piaghe interne. Defelice, pur essendo oggi affermato nel panorama internazionale, non ha mai tradito
    il suo mondo semplice e, come Anna sottolinea con arguzia e rispetto del vero, diviene poeta civile per farsi scudo della propria terra. Il suo lirismo, che conosciamo come panteistico, in realtà si lega di continuo alla saudade e alla rabbia. Anna scrive:" Le cose non cambiano ma il male va denunciato in tutti i suoi aspetti: morale, civile; nella violenza, follia, terrorismo, aborto… " e ci presenta l'Uomo nella sua interezza. Lo stesso Uomo che dietro a tanta crudezza sa essere buono. Ed è provato che molte persone celino dietro l'aspetto 'burbero' il lato benefico. Una relazione completa, illuminante, di spessore. E vibrante di sentimento. La nostra splendida Artista, infatti, in quest'occasione mette a nudo l'anima e mostra l'affetto che la lega a Defelice.
    Bellissimo tributo. Lettura che arricchisce e induce a riflettere. Ringrazio la mia amica, la abbraccio e, ovviamente, stringo al cuore il nostro Condottiero Nazario.
    Maria Rizzi

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