RINA
BURONI e CARLA BARONI. VIRGILIO BUCOLICHE. TRADUZIONE ITALIANA IN ENDECASILLABI.
NUOVE CARTE
EDITRICE, FERRARA, 2018
La
Poesia di Carla Baroni. La nostra poesia.
di Giuseppe Ferrara
Carla Baroni, collaboratrice di Lèucade |
La lettura di questa animosa traduzione delle Bucoliche di
Virgilio accoglie subito il lettore in uno stato ambivalente di nostalgica
beatitudine e di drammatica presa di coscienza.
Diciamo subito che questa
bellissima operazione di tradurre in endecasillabi l’opera virgiliana è
perfettamente riuscita e che ancora una volta Carla Baroni e, prima di lei sua
madre, Rina Buroni, dimostrano di essere attente ascoltatrici delle Muse: la Poesia
è, prima di tutto, ASCOLTO DI UN CANTO.
Diamo subito un esempio della
magnifica resa sonora di questa traduzione, confrontandola sinotticamente con
una traduzione classica dell’incipit della V
Egloga.
Una traduzione come questa
(tradizionale e tecnica)
«MENALCA: O Mopso, poiché ci siamo incontrati
entrambi bravi
Tu nel soffiare le lievi canne, io nel recitare versi, perché
Non ci sediamo qui tra gli olmi frammisti ai noccioli?
MOPSO: Tu (sei) maggiore; o Menalca, è giusto che io ubbidisca a te,
sia che ci sediamo sotto le mutevoli ombre al muoversi
dei venti sia piuttosto nell'antro. Guarda, come la vite
silvestre coprì l'antro con rari grappoli.»,
Tu nel soffiare le lievi canne, io nel recitare versi, perché
Non ci sediamo qui tra gli olmi frammisti ai noccioli?
MOPSO: Tu (sei) maggiore; o Menalca, è giusto che io ubbidisca a te,
sia che ci sediamo sotto le mutevoli ombre al muoversi
dei venti sia piuttosto nell'antro. Guarda, come la vite
silvestre coprì l'antro con rari grappoli.»,
mostra una sua evidente
limitazione se confrontata con quella delle poetesse Buroni- Baroni:
«MENALCA
Perché, Mopso, dacché ci siam trovati
entrambi esperti, tu nelle sottili
canne a dar fiato ed io nel declamare
i versi miei, non ci sediamo insieme
qui tra i nocciòli mescolati agli olmi?
MOPSO
Tu maggiore mi sei; è quindi giusto
che ti ubbidisca, sia che ripariamo
sotto le incerte ombre delle piante
mosse da dolci zefiri, sia invece
nella grotta, Menalca; guarda come
la lambrusca selvatica quest’antro
ha cosparso di grappoli isolati.»
La scelta di Carla Baroni, alla quale si deve il compimento dell’opera
iniziata dalla madre, è evidente già solo da questo semplice confronto:
preservare l’anima del testo
virgiliano piuttosto che aderire perfettamente e tecnicamente ad esso.
D’altra parte la stessa operazione si prestava a questa scelta diremmo, a
questo punto, obbligatoria: non sembra forse il brano sopraccitato un dialogo
ideale tra una madre e una figlia?
La Baroni non continua forse “qui” il suo dialogo silenzioso con la madre
e non confronta il suo stato (definitivo) di figlia con quello (definitivo) di
madre?
Se la cultura non è niente altro che una collaborazione tra generazioni,
allora possiamo senz’altro dire che questa traduzione rappresenta un esempio
illuminante di operazione culturale.
L’animosità che
contraddistingue questa traduzione così intrecciata da vicende personali; la
sua presenza stessa in un momento così delicato per le sorti del pianeta
gravemente minacciato dai cambiamenti climatici, sono i segni di quella sapienza
poetica che Giambattista Vico poneva a fondamento delle istituzioni umane.
Carla Baroni restituisce, per primo a sé stessa e poi a noi tutti, quel
canto ascoltato fin da piccola, un canto fatto da lampeggianti rivelazioni, da piccoli
miracoli interrotti celati nel mistero.
Quel canto che ancora oggi chiamiamo Poesia.
RICEVO E PUBBLICO:
RispondiEliminaCaro Nazario, ancora una volta ti ringrazio per aver ospitato nelle pagine del tuo blog questa bellissima recensione di Giuseppe Ferrara alla traduzione in endecasillabi mia e di mia madre delle Bucoliche di Virgilio. Ferrara mette in evidenza, con molto acume e in modo veramente semplice, quanto sia differente e assai più piacevole una versione in versi ad una in prosa pur mantenendosi molto fedeli al testo. “La Poesia – afferma – è l'ascolto di un Canto” e tale deve rimanere anche quando viene tradotta. E, quindi, un sentito grazie anche a te, Giuseppe, che hai saputo cogliere i lati più salienti di questa mia fatica. Io, come ho già affermato più volte, sono molto affezionata a questo lavoro, in primis perché l'input proviene da mia Madre, secondariamente in quanto lo ritengo – nessuno me ne voglia per la mia non modestia – una traduzione molto ben riuscita e certamente una delle mie cose migliori. E poi l'amore per la natura - le erbe, i fiori, il serpillo - mi proviene proprio da questa opera di Virgilio essendo io vissuta sin dall'infanzia sempre e solamente in un centro cittadino, lontana, quindi, da un certo tipo di vegetazione. Ho imparato dai libri che ho amato il nome delle piante, me le sono raffigurate, mi sono creata un habitat che forse appartiene solo al mio immaginario ma che è alla base e parte integrante di tutta la mia produzione poetica. Chi mi conosce un poco, lo sa.
Ancora grazie per tutto
Carla Baroni
Premetto che ho letto il libro di Carla, e trovo la recensione di Ferrara perfettamente aderente all'opera di Carla; forse la maggiore, che la stessa ci regala. Certamente si tratta di una delle maggiori fatiche poetiche di Carla. Fatica che consiste, anche, nell'innestare il proprio canto su quello "un'altra persona". Problema che la Poetessa supera agilmente dimostrando di aver imparato molto bene "quel canto" ... la lingua madre.
RispondiEliminaClaudio Gamberoni
È opinione comune, tra gli addetti ai lavori che tradurre sia sinonimo di tradire. Le cose non stanno proprio in questi termini, ma effettivamente in ogni traduzione c’è una dose di tradimento, specialmente nel caso di testi poetici (per via del linguaggio connotativo e,come vedremo di seguito, nel caso di sistemi metrici diversi). E d’altra parte, se non ci fosse l’ausilio della traduzione, bisognerebbe leggere nella lingua originaria. E ciò è possibile solo in pochi casi (quante sono, cioè, le lingue che un determinato individuo conosce). Ora Carla traduce dal latino che, in poesia, si avvale di un sistema metrico quantitativo, mentre la metrica italiana è accentuativa, che è tutt’altra cosa, sicché qui il tradimento è inevitabile. Codificato. Anche Carducci, che tra tutti i “metrici barbari” è il più noto, ha tradito, riuscendo ora meglio ora peggio nelle misure delle sue trasposizioni. E poi a danno della traduzione cospira anche la diversità dei due patrimoni linguistici che sono chiamati a fronteggiarsi. Qui Carla Baroni e, in misura minore (circa due egloghe), Rina Buroni traducono le Bucoliche di Virgilio, dove -mi pare- l’inevitabile tradimento è ridotto al minimo indispensabile: al posto dell’esametro troviamo l’endecasillabo, verso in tutti i sensi più breve rispetto all’esametro, ma tuttavia il più lungo tra i normali lacerti metrici italiani (esclusi, quindi, i versi doppi), che viene qui reso in modo riposato e disteso per riecheggiare adeguatamente i tempi del latino. Una nota di indubbia positività di questo lavoro mi è parsa la fedeltà al testo, che non vuol dire traduzione letterale, ma interpretazione autentica e ricodificazione pertinente e credibile di atmosfere e di ambiti semantici. Rina Buroni e Carla Baroni, per evidenti doti poetiche e per fine sensibilità, hanno colto l’essenza della poesia virgiliana e l’hanno restituita a noi nella sua immutata bellezza.
RispondiEliminaPasquale Balestriere
Nella nostra epoca così convulsa, dove il “rumore” – interiore e non solo esterno a noi – pervade le vite di ciascuno, la capacità di ascolto del Canto, che ben viene messa in luce in questa acuta recensione, è una dote che va ben al di là della abilità (indubbia) nel saper tradurre poesia proprio, ma non solo, perché si sa “ascoltare” la poesia.
RispondiEliminaCredo che l’educazione all’“ascolto” della Bellezza in tutti i suoi aspetti, ovunque noi possiamo e vogliamo riconoscerla, possa diventare educazione all’apertura del cuore, dell’animo, educazione alla sensibilità e alla percezione dell’altro da noi. Carla Baroni, che ai giovani ha parlato per tanti anni come insegnante, non solo ci offre una mirabile traduzione delle Bucoliche virgiliane, ma ci traccia dunque una via per adoperarci a divenire, giorno per giorno, donne e uomini migliori.
Silvia Casotti
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RispondiEliminaCaro Claudio, grazie del tuo affettuoso commento. E grazie anche a te Pasquale per questa tua sapiente spiegazione sulle difficoltà della traduzione e il perché della divergenza tra il numero dei versi latini e quelli italiani. Ci voleva una persona colta come te per mettere in luce tutto questo. Oggi la conoscenza della maggior parte degli italiani è rivolta alle canzoni e ai cartoni animati: me ne rendo conto guardandomi nel pre-serale alla TV i vari programmi di quiz i quali spesso mi strappano qualche sonora risata quando la domanda verte su quella che una volta era chiamata cultura generale. Poveri Virgilio, Shakespeare, Verdi o Mozart: i giovani di oggi non conoscono neppure i titoli delle loro opere ma sanno tutto su Fedez. Se devo essere sincera non me la prendo con loro ma con la scuola che diventa ogni giorno di più povera di contenuti. Virgilio? Un server per inviare e-mail.
Carla Baroni
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RispondiEliminaCara Silvia un grazie anche a te e un ulteriore grazie a Giuseppe Ferrara che, con la sua recensione, ha suscitato commenti così colti e positivi.
Carla Baroni