Ho letto “Precipitare” di Luisa
Bolleri, Leonida Edizioni, Reggio Calabria, 2019
Un titolo emblematico quello scelto da
Luisa Bolleri per la sua ultima raccolta di racconti, che mi suggerisce una
doppia interpretazione. “Precipitare” nell’abbandono, nell’apatia, nella
follia, nella disperazione o “precipitare” nell’indifferenza, nella mancanza di
empatia, di compassione, di umanità, per dirla con una sola parola?
La raccolta consta di ventuno racconti
brevi, ognuno dei quali si incentra su di un problema dell’attuale società ma
anche su eventi criminosi. L’intento dell’Autrice è, appunto, quello di
richiamare l’attenzione del lettore sul dramma umano, che le disfunzioni della
odierna società comportano, aspetto che spesso sfugge ai più, assuefattisi ormai
alla serie di fatti di cronaca nera che vengono sciorinati dai mass media con gelido
distacco.
La sua intenzione è ben palesata dalla
citazione di E. M. Cioran in antiporta, la quale recita: “Un libro deve frugare
nelle ferite, anzi deve provocarle. Un libro deve essere un pericolo”. E di
ferite questa raccolta ne provoca molte, profonde e sanguinanti! Leggendo si ha
l’impressione che le situazioni trattate siano in fila su di un palcoscenico
buio e che ogni racconto, come un faro, ne illumini una alla volta, mettendone
in evidenza i molteplici aspetti, quelli che riguardano il singolo individuo e/o
la collettività. E così, di volta in volta, il faro si accende sul suicido di
un padre di famiglia che è stato licenziato e che in una fredda alba scivola
nel fiume. Ora si accende su storie di disabilità fisica e mentale vissute nel
degrado e nell’isolamento, creati dagli stessi familiari, da coloro, cioè, che
per primi dovrebbero prendersi cura dei bisognosi. Si tratta di situazioni
spesso sotto gli occhi dei vicini di casa, a conoscenza di movimenti sospetti,
di sparizioni di persone, eventi che però essi preferiscono ignorare, per essere
discreti, per non impicciarsi: «E che ne so io, di cosa contengono quei
sacchetti? Io lavoro e sto poco in casa. Se una volta ho incrociato la signora
con i sacchetti non mi sono posta troppe domande» (da “Segregata”), espressioni
ricorrenti che mascherano indifferenza e ipocrisia.
Analogamente, si finge di non vedere lo
svolgersi di altre tragedie, l’uomo violento che urla spesso contro la sua
compagna, la coppia che si dibatte tra i debiti, la figlia, in seno a una
famiglia di immigrati, “partita” ma in realtà venduta per denaro o concessa in
sposa minorenne. E così via. Ogni racconto è emblematico di una situazione, di
un crimine. E il faro impietoso illumina femminicidi, stupri, episodi di
pedofilia, crimini stradali.
Ma non è mera cronaca quella di Luisa
Bolleri, ché l’Autrice, forte delle doti di psicologa già dimostrate nelle sue
precedenti opere, mostra il dramma interiore vissuto dalle vittime sensu lato, dramma che va dallo
spaesamento, dal semplice disagio, dall’inquietudine, dallo sconforto,
all’angoscia, al terrore, alla disperazione, ora urlata scompostamente ora
lucidamente silenziosa. L’Autrice mostra abilmente ai lettori tutta la gamma dei
sentimenti propri delle situazioni trattate in un inesorabile crescendo.
Dalla narrazione emerge una società in
cui sono “tutti innocenti, forse tutti colpevoli” (da “Segregata”), in cui
impera “un’umanità indifferente, indirizzata verso il niente”, dove “la gente a
piedi scansa” chi ha bisogno di aiuto, dove “le auto scorrono impazienti lungo
il senso unico” (da “I pensieri uccidono”), una società che non è al servizio
dell’uomo ma in cui egli è al servizio della stessa, in cui ogni individuo è un
ingranaggio non indispensabile, una collettività completamente disumanizzata,
ormai priva di valori. E viene in mente la “società liquida” del sociologo e
filosofo Zygmunt Bauman nella quale, a seguito della crisi del concetto di
comunità, emerge un individualismo sfrenato, dove non esistono compagni di
viaggio ma tutt’al più antagonisti da cui guardarsi.
La tecnica narrativa va dalla classica
narrazione in terza persona, a quella in prima persona, più coinvolgente; decisamente
particolare, l’ultimo racconto in cui la protagonista, vittima di femminicidio,
si rivolge a se stessa per parlare a tutte le donne.
Metafore dalla grande potenza evocativa
conferiscono pathos alla narrazione, suscitando nel lettore emozioni che
difficilmente dimenticherà: “Cupi ricordi sarebbero riaffiorati prepotenti,
come melma velenosa vomitati da una fogna sotterranea” (da “Ad Alessandria c’è
il mare”).
Fa soffrire questo libro di Luisa
Bolleri ma, ritengo, che ogni tanto soffrire sia necessario se può servire a
soffermarsi su di una parte di umanità spesso da noi
tutti dimenticata.
Ester Cecere
Ringrazio Ester Cecere per la lettura molto positiva del mio libro 'Precipitare' e Nazario Pardini per la gentile ospitalità sul suo Blog 'Alla volta di Leucade'. Suggestiva l'immagine di un palcoscenico con la luce puntata sulle varie situazioni raccontate nei 21 racconti. Ancora grazie! Luisa Bolleri
RispondiEliminaConosco Luisa Bolleri come scrittrice e anche fisicamente. Lo scorso sabato ho partecipato alla presentazione di questo suo ultimo lavoro. Ho già letto qualche racconto, e colpiscono fin dall'inizio la scrittura felice dell'autrice, le scene ben costruite, la storia avvincente. Ma quello che più mi emoziona è l'interesse vivo e sincero verso le problematiche sociali. La forza di questi racconti proviene, oltre che dalla tecnica e dall fantasia della scrittrice, anche dal suo modo di sentire il mondo, e la società in particolare. Una lettura che appassiona e ti fa ricordare il mondo in cui viviamo.
RispondiEliminaAdoro i racconti, li leggo e li scrivo. L’antologia di Luisa è stata una bella scoperta passando - da pagina a pagina - attraverso vari universi guidati dal fil rouge della caduta. Una narrazione fluida e uno stile impeccabile insieme a storie avvincenti, mai banali. Complimenti!
RispondiEliminaUna lettura accurata ben spiegata questa di Ester Cecere.
RispondiEliminaMi trovo perfettamente d'accordo in ogni sua parola. Ancora non ho letto il libro: "Precipitare", ma ero alla presentazione e già lì, si avveriva la sensibile qualità narratrice di Luisa Bolleri. La conosco già da diversi hanni e subito ho compreso il suo dramma: raccotare per ribellarsi a tutta le violenza esistente, a tutta l'indifferenza che ci porta avanti giorno per giorno in un mondo malato dove i più deboli soccombono ed è tutto uno sgretolarsi di valori e di rispetto per l'altro. Luisa vede lontano, dove gli altri arrivano a fatica, ma per fortuna la sua anima non si stanca mai di rifiutare, di rimandare le parole che vanno scritte subito, senza indugi. Per chi la leggerà sentirà, il dolore vivo implacabile di persone che sognano solo la Pace. Grazie! Graziella Cappelli
Grazie a tutti!
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