T.F.R.
Pietro Rainero, collaboratore di Lèucade |
Non appena Cloto disse
“Butta il dado!” Lachesi, che non aspettava altro, le rispose con “Sì, sì, che
bello! Adoro gettare i dadi!”, buttando nella pentola stracolma di acqua
bollente il cubo di estratti vegetali. Poi, sempre lei, Lachesi, prese l’enorme
cucchiaio di legno e si apprestò a rimescolare il liquido ribollente,
esclamando infine: “Fatto! Tra dieci minuti sarà pronta una minestrina con i
fiocchi!”
“Stupida!! Intendevo il dado della vita!” la rimproverò
Cloto.
“Ah...quello.. Va bene,
eccolo qui! Per chi devo buttarlo?”
“Lancialo per Echimede,
quel macellaio di Sparta”
“Bene” e Lachesi lasciò cadere dalla sua mano il
dado a forma di cubo.
“Croce!!” constatò tutta eccitata Atropo che, pochi attimi dopo,
impugnò le cesoie.
“T.F.R, T.F.R!”
gridò Cloto.
“Sì, sì, taglia il
filo residuo, taglia il filo residuo!” la esortò anche Lachesi.
Ed Atropo tagliò. Recise il filo della lunga
vita di Echimede, che a 97 anni abbondanti lasciò questa valle di lacrime per
diventare un'ombra vagante nel regno dei morti.
Già, perché allora
funzionava proprio così (ma neppure oggi, penso, le regole sono cambiate): le
nostre tre amiche, Cloto, Lachesi ed Atropo, dipendenti di Ade, dio
dell'Oltretomba, avevano il compito di tessere il filo del fato di ogni uomo,
svolgerlo ed infine reciderlo segnandone la morte.
Per essere un poco più
precisi, Cloto filava lo stame della vita, Lachesi lo avvolgeva sul fuso e,
gettando un dado, stabiliva quanto del filo spettasse a ogni uomo ed infine
Atropo, l'inflessibile, con le forbici lo recideva, inesorabile. Ed il taglio del filo residuo, che rimaneva
cioè integro per tutta l'esistenza di una persona e che cresceva di un metro di
lunghezza al passar di ogni annata, segnava la morte di quella persona. Sì, proprio loro, le tre Moire, figlie
dell'Erebo e della Notte, totalmente indifferenti verso l'esistenza umana. Tre
vecchie signore, con un solo occhio ed un solo dente (ecco spiegata la
preferenza per le minestrine!).
Ricapitoliamo: tre
Moire dipendenti di Ade, con nelle loro mani il destino dei mortali: una volta
all'anno veniva lanciato (da Lachesi) il dado collegato ad un certo individuo e
da questo evento dipendeva la vita o la morte di quella persona. Se usciva testa, allora il tizio continuava a
mangiare, bere e dormire, ma se usciva croce, beh..., amen.
Dipendenti di Ade,
pagate piuttosto bene e assolutamente distaccate dalle sorti delle umane genti,
felici di poter recidere il filo della vita (o della morte, fate Voi), seguendo
la volontà del Fato, o del Caso, chiamatelo come volete, insomma del dado.
Anticipo le Vostre
obiezioni: lo so che la probabilità di morire a trent'anni non è quella di
morire a novanta. Infatti i dadi non erano tutti uguali: fino a venti anni il
dado aveva 256 facce, su una delle quali soltanto era indicata la croce; sulle
altre c'era il simbolo della testa. Quindi la probabilità di morire a dieci
anni, una volta raggiunta quell'età, era solamente di una su 256.
Poi le sfaccettature
del dado si dimezzavano con l'età: diventavano 128 tra i venti ed i quaranta
anni, 64 tra i quaranta ed i sessanta, poi diminuivano ogni dieci anni,
diventando 32, 16, 8, e 4 infine per gli anziani tra i novanta ed i cento.
Quindi, ad ottantatré anni, ammesso che uno arrivi a quel punto, la probabilità
di raggiungere gli 84 è di 7/8, poiché su una sola delle otto facce del dado è
incisa la croce della morte.
Superato il secolo,
sempre se uno ci riusciva, il dado diventava a due facce, praticamente una
moneta, con il 50% di possibilità di non raggiungere il prossimo
compleanno. Ecco perché gli
ultracentenari sono così pochi: per chi raggiunge il secolo, la possibilità di
festeggiare le 103 primavere è di una su otto.
Ora, dovete sapere però
che c'era una famiglia che, alle nostre Moire, stava molto ma molto antipatica.
Di chi parlo? Parlo dei Setiti. E perché
stava antipatica?
Il motivo era che i
componenti di questa famiglia, una dozzina di persone, avevano già da lungo
tempo tagliato il traguardo dei cento anni, anzi... erano decisamente in là con l'età, avendo, ad
esempio, Peleg 239 anni, Enoch 365 e Noè
addirittura 950.
Incredibile, vero?
Soprattutto se ci si sofferma a pensare quanto esigua sia una tale possibilità.
Per un centenario, poiché ogni lancio del dado (lo abbiamo già detto) implica
una possibilità su due di lasciarci le penne, la probabilità di essere ancora
su questo strano pianeta dieci anni dopo è di una su due alla decima,
ovverossia di una su 1.024, e di essere sano e salvo dopo una ventina di anni è
minore di una su un milione.
Invece, in barba
a tutto ciò, e forniti di una barba molto lunga causa l'età, i
componenti della famiglia Setiti avevano preso a calci questa statistica
matematica, e bellamente passeggiavano indisturbati per le poleis greche prendendo
a calci i sassi, parlando, sorridendo o andando dal barbiere,
apparentemente in buona salute (o manifestando solo un po' di artrite).
Le Moire, o se
preferite le Parche, come le avrebbero poi chiamate i Romani, erano furibonde!
Il filo della vita di
quei ritrosi a decedere erano inusitatamente lunghi, troppo lunghi e quello di
Noè non era poi così tanto lontano dal pavimento della capiente grotta nella
quale le Moire dimoravano e.... lavoravano (passatemi il termine).
Era un lavoro stancante
ed indubbiamente stressante, sempre a contatto col pubblico (dei morituri) e
senza un giorno di ferie, ma in compenso godevano di una buona busta paga e Ade
versava loro pure i contributi previdenziali. Tra l'altro, se vi interessa, la
società di Ade, la Alcor Ade & Wife s.a.s., contava solo su cinque
dipendenti: la moglie del capo, Caronte, il quale fungeva anche da autista, e
loro tre.
E loro non si lamentavano e filavano di continuo le
cordicelle che tenevano in vita i mortali in tutti i continenti. Gettavano di continuo i dadi, cosa che
Lachesi adorava, e Atropo era sempre pronta con le forbici in mano.
Curioso destino
davvero, quello dei mortali: nati con un taglio, quello del cordone ombelicale,
e morti con un altro taglio.
Insomma, era un lavoro
che sembrava tagliato apposta per loro, per le nostre amiche Moire.
Quindi la vita per loro scorreva tranquillamente, un tiro di dado dopo
l'altro, tra un dipanar di arcolai e un tagliar di cesoie, in quella profonda
caverna attraversata dal fiume Stige, che scorreva tranquillamente,
senza alcuna fretta, verso i secoli dei secoli.
A proposito del
contratto di lavoro... c'era una clausola, la numero 7, che prevedeva il
licenziamento in tronco delle tre Moire (e questo nonostante avessero ormai
accumulato quasi due milioni di anni di anzianità di servizio!) nel caso in cui
un filo della vita fosse divenuto così lungo, pari a mille anni, da andare a
posarsi sul fondo della grande, enorme grotta in cui lavoravano, alta circa un
chilometro.
Ecco spiegato dunque
l'astio delle tre nei confronti della famiglia dei Setiti, imparentati con
Abramo. Cominciavano ad essere nervose: quegli ostinati israeliti non si
decidevano a morire! Come era possibile? Nessuno poteva raggiungere i mille
anni, ovvio! Si era mai sentita una simile cosa? La possibilità di arrivare al
millennio era uguale a quella di pescare un granello di sabbia in tutto il
Creato, e forse meno.
Un giorno Cloto, che
era la più colta e saggia, si era tolta lo sfizio di calcolare le probabilità
di un tale evento, cioè che un mortale tagliasse (senza che il suo
cordone della vita venisse... tagliato, appunto) il traguardo del
millennio.
Sapete a che risultato
era arrivata? A una probabilità inferiore ad una parte su un miliardo di
miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di
miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di
miliardi di miliardi di miliardi di miliardi
di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi
di miliardi di miliardi di miliardi di
miliardi di miliardi di miliardi di miliardi.
Ed aveva ragione.
Ma tant'è, nonostante
ciò, tutte le volte che veniva lanciato un dado associato a quella famiglia,
i Setiti, usciva inesorabilmente testa!!
Che testardi, quei Setiti, non volevano proprio saperne di morire. Quasi come se, cosa impossibile, i dadi
fossero truccati. Eppure, nonostante la teoria della probabilità, usciva testa,
testa, testa ed ancora testa! Sulla
faccia superiore del dado non compariva mai croce: per le tre la
famiglia Setiti costituiva davvero un grosso tormento, una vera croce.
Comunque, mentre noi
discutevamo di possibilità, Cloto, seguendo il calendario, aveva deciso che
colui che doveva sottoporsi ai giochi della sorte fosse un certo Polibio, un
mercante di schiavi di un piccolo paese della Tessaglia. Avendo egli 62 anni, Lachesi impugnò
ovviamente il dado da 32 sfaccettature e lo lanciò, contenta come al solito,
esclamando: “Che bello, che bello!!”
E purtroppo per il caro
Polibio, nonostante la teoria delle probabilità, uscì croce e quindi un attimo
dopo troviamo Cloto che urla il solito acronimo “T.F.R.!” e l'entusiasta
Lachesi che le fa eco: “Taglia il filo residuo!”.
Atropo non si fa
pregare e con le aguzze e lucenti forbici che sempre tiene in mano recide il
filo di Polibio, che, sorpreso e molto contrariato, va ad aumentare di un'unità
il numero dei trapassati.
A proposito di dadi
(della morte o da brodo) chiariamo una faccenda: Lachesi usava un solo dado
della morte (o della vita, fate Voi) perché, come le sue sorelle, aveva un
occhio solo e sarebbe stato difficile con quello seguire il rotolare di due
dadi. Ugualmente, avendo le tre un solo dente, mangiavano spesso la minestrina,
che non richiedeva grandi sforzi nel masticare: erano dunque sobrie e frugali
nel bere e nel mangiare.
Già, le Moire erano davvero molto parche !!
Ma intanto che noi
discutiamo amabilmente di cibarie, era giunto il tempo, come ogni anno, di
decidere il destino di Matusalemme, il meno giovane (passatemi il termine)
della famiglia Setiti.
Era egli giunto infatti
alla veneranda, venerabile ed incredibile età di 968 primavere (ma anche
autunni), e costituiva pertanto la maggior preoccupazione delle tre colleghe,
che iniziavano a preoccuparsi per il mantenimento del loro posto di lavoro (Vi
ricordate la clausola numero sette?).
Lachesi prese il dado a
due facce, molto emozionata, e sotto gli occhi (ma solo due) delle sorelle,
ugualmente eccitate, lo buttò con decisione verso il pavimento con la speranza
di vedere finalmente la croce della morte e non la testa della vita.
I tre occhi erano
focalizzati sullo stesso punto, sulla moneta che ancora rotolava per terra e
che poi, senza affanno, si fermò, mostrando la decisione da lei presa.
Scommetto che avete già
indovinato quale fu la faccia mostrata dalla moneta: sì.... uscì testa, proprio così!
Ancora una volta ,
l'ennesima, testa !!!
“T.F.R.” disse con un sottile filo di voce
Cloto, visibilmente preoccupata.
“Ma non posso tagliare
il filo, non è comparsa la croce!”
le obiettò Atropo.
“Già, non è venuta
croce” rimarcò anche Lachesi.
“Cretine! Non mi
riferivo al taglio del filo, volevo solo dire che, se continua così, sarà lo
stesso Ade che taglierà il filo residuo che ci lega a lui in qualità di sue
dipendenti. Ci licenzierà:
T.F.R., cioè Trattamento
di fine rapporto !!”
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