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venerdì 19 aprile 2019

NAZARIO LEGGE: "SILLOGE" DI MARISA COSSU


Marisa Cossu,
collaboratrice di Lèucade

Poesie eleganti, meditate, i cui versi scorrono lisci come l’acqua di un ruscello alla sorgente. La perfezione metrica della Poetessa non confonda il lettore: qui tutto è energico, spontaneo, sincero, schietto. Niente di vincolante, di costrittivo, di riduttivo a scapito della libertà espositiva.  E’ l’animo con tutte le sue impennate emotive a chiedere argini robusti per il suo aveu. E li trova nell’autodisciplina dei significati: nel soffio di immemori  marine, nella libertà di un cardellino, nel sapore della magica bellezza, nel canto sciabordante delle fontane, o nei dolori che gonfiano e muovono l'onda.
Dieci poesie di una silloge di urgente resa  introspettiva. Vario è l’articolato linguistico, vari gli schemi dell’architettura metrica,  polivalenti e proteiformi i momenti ispirativi, le chiavi interpretative: dalla motivazione esistenzialista, alla psicanalitica, a quella  naturalistica. Ogni scena, ogni fatto storico, ogni elemento panico, ogni fruscio di sole o di vento si fa occasione concretizzante per la Cossu; Ella fa di ogni fatto una nota da collocare sullo spartito della sua romanza; e come negli intermezzi dei grandi musicisti il processo della melodia varia, si adegua alle esplosioni degli stati emotivi. Da lì l’endecasillabo, il settenario, il novenario; la strofe saffica, il sonetto elisabettiano… Una vera maestria nel creare, nell’intuire, nel giocare con le misure, frutto di una spontaneità creativa sostanziata da anni di studio; di ricerca di uno specchio in cui la poetessa possa riflettersi per scoprire se stessa nel tempo che, implacabile, tutto fagocita e consuma senza riposo:
  
Cammina il tempo, né mai si riposa.
Il mondo muta, tutto giunge a quiete,
cadono stelle e l’ombra di ogni cosa
segue la scia di flebili comete…

 Nazario Pardini     


Poesie inedite di Marisa Cossu
(collaboratrice di Lèucade)

1.    E ti posai
2.    Il cardellino
3.    Vincent Van Gogh
4.    Roma
5.    La processione
6.    Siamo nuvole
7.    Dimmi, Poeta
8.    Cammina il tempo
9.    Andromaca
10 Metamorfosi
                      
E ti posai
(sonetto)
ABAB ABAB CDE EDC


E ti posai come reciso fiore
nel seno primitivo di un ricordo
dove l’oblio trattiene ciò che muore,
vi giace con un male acuto e sordo.

Per giorni e notti vo traendo cuore
da quelle spine conficcate al bordo
di sogni e di speranze; ma il dolore
è mare di relitti. Sempre ingordo,

muove la rosa alla scavata meta
con gli sgualciti petali, al dolciastro
profumo del passato. Ecco la fine:

un soffio verso immemori  marine
là dove pulsa fioca luce d’astro
e, sazio, anche il patire poi si cheta.


Il cardellino
( strofa alcmania)


 Libero, un cardellino, sfuggito alla triste prigione
 tremando si leva nel sole:
 nella gabbia cantava, sognando canzoni di vento,
 che a volte bussava alla porta;

a sera un drappo nero, calava il sipario sul giorno
 e cupo spegneva la luce.
 Tenda priva di stelle, finita visione del mondo,
 sembrava la notte improvvisa,

prima del tramontare del sole accecava la vita.
 La luce del giorno fa male
 e la stella mai vista non ama le piume leggere,
 l’antica ambizione del volo:

la fuga è un inganno, tormento sottile ma vano
- è meglio restare nell’ombra,
qui si può riposare nel cavo di un tenue lamento-
Inutile forse sognare.


Vincent Van Gogh
(acrostico)
 (Pensando alla “Notte stellata”)


Vanno le stelle lungo
I veli della notte.
Nuove galassie brillano serene,
Cento e poi mille fiamme
Entrano in quei vortici dipinti;
Nulla si ferma nel giro delle luci
Tra le strade celesti
Velate dal tremolio dell’attesa.
Anche il mio sguardo, perso nel chiarore,
Naviga nell’immenso
Giocando con la polvere stellare
Ovunque sparsa e viva.
Giace quieta la notte:
Ha sapore di magica bellezza.

Roma
(sonetto elisabettiano)
  
Mi sfiora dolcemente il Ponentino:
 e vado lungo i muri della sera
calda e felice per un po’ di vino
e la carezza della primavera.

E non s’ode rumore per la strada
che batte il Lungotevere dell’Armi
dove si sosta prima che già cada
quest’aria di allegria; voglio cantarmi

uno stornello antico, i desideri.
Sto bene qui, guardando questa  riva
che rimemora il mito tra i pensieri
in un momento  che mi rende viva.

Mentre le stelle brillano lontane,
canta lo sciabordio delle fontane.


La processione
(strofe saffica)

L’Addolorata va cercando il figlio,
il fazzoletto in mano, il cuor trafitto
da ferrea spada, cupo il suo cipiglio,
l’animo afflitto.

Nera la veste nel finir del giorno,
rosso il tramonto tra candele accese,
gli occhi perduti verso quel ritorno,
le mani tese.

Madre dolente spoglia di corona,
il figlio ti hanno appeso ad una croce
e il tuo patire tra la folla suona
con fioca voce.


 Siamo nuvole
(acrostico)

 Salgono chiare in cielo
 I ridi senza volto
Accumulate in albe evanescenti.
Moriamo in quei silenzi
Ormai corpi spogliati,
Naufraghi nell’iperbole dell’io,
Ustionati dal sole,
Vuoti d’acqua che evapora nell’aria,
Orientati dal vento.
La lieve gravità
Esala un impalpabile respiro.


Dimmi, Poeta
(idillio)
  
Dimmi, Poeta, che cosa sarà
dei colori d’autunno,
dei rarefatti squarci di  sereno
che si affacciano ai rami del pineto,
che cosa esiste dietro quel confine,
dove lasciamo spoglie le sembianze
del tronco che ci accoglie.
E dell’amore, dimmi, che divampa
col sole e poi s’adombra
all’apparir del vero,
quando sospinge un refolo di vento
le prime foglie e già vanno gli uccelli
verso l’altrove fatto di parole.
Dimmi, Poeta; dopo questo cielo
forse cadrà una notte che tu solo
già scrivi nei tuoi fogli,
e vi disegni  gocce  di memoria.
E di te, dei tuoi sogni visionari,
che cosa lasci  adesso
che il tuo foglio è già scritto
e consumate sillabe di niente
chiudono stanche, tutte le domande.


Cammina il tempo
(sonetto)
ABAB ABAB CDE EDC
  
Cammina il tempo, né mai si riposa.
Il mondo muta, tutto giunge a quiete,
cadono stelle e l’ombra di ogni cosa
segue la scia di flebili comete;

trascolorano i cieli in silenziosa
concava notte, dove senza rete
affonda l’esistenza già corrosa
e si discioglie in lacrime segrete.

Dove sarà la trepida speranza,
avrà pietà l’Eterno che ci attende
nell’infinita vastità del cielo;

ma non vedremo che in un tenue velo
la luce che  per noi qualcuno accende
da quella insuperabile distanza.


Andromaca
(acrostico)

 Ardente sabbia bacia i tuoi calzari:
 Nel fragore del mare cade il pianto
 Di un dolore che gonfia e muove l'onda.
 Ruba l'amato a te gelida morte
 Ora che avanza fulgido lo scudo
 Minaccioso del greco invitto Achille.
 Ahi! dolce sposa, presaga del lutto,
 Cogli l'amore nell'abbraccio estremo,
 Ama questo momento d'infinito.


Metamorfosi
          (sonetto caudato)           
ABBA ABBA CDE EDC cFF


È freddo il cuore più della silente
notte dipinta da soffi leggeri;
passa il fantasma di bianchi velieri,
nel buio si dissolve lentamente.

E guardo da lontano, dal mio niente
accovacciato in oscuri pensieri,
la cavalcata dei bianchi misteri,
nell’onda  che riveste l’apparente;

forse, da neve nata, sono stella
caduta tra le pietre della storia
e cerco il senso del mutare forma

nella corsa del tempo che trasforma
l’uomo in un quanto, semplice memoria:
né nulla, né materia, ma fiammella,

minima particella
pulsante nella volta sconosciuta
e non sa in quale nome sia vissuta.



1 commento:

  1. Grazie di cuore, carissimo Nazario, per la bellissima nota che indaga con perizia e grande umanità il mio dire poetico. Ricevi gli auguri pasquali per te e la tua famiglia.

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