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martedì 7 maggio 2019

NAZARIO LEGGE: "A. IZZI RUFO NELLA CRITICA"


Antonia Izzi Rufo nella critica, il titolo del testo in questione. Un’antologia di grande valenza  epistemologica, dove i più quotati nomi della vicenda letteraria attuale,dando il loro contributo alla lettura dei vari testi dell’Autrice,  la presentano in tutte le sfaccettature interpretative: naturalistica, psicologica, psicanalitica, memoriale, esistenziale. Circa settanta le opere  date alla  luce dalla Rufo, che dimostrano la sua versatilità sotto i vari punti di vista: narrativo, poetico, saggistico e altro. Un vero vulcano in eruzione che, con saggezza interpretativa e  vèrve emotiva, dà tutta se stessa nel mondo della letteratura. La scrittura semplice e arrivante procede in tutti i settori espressivi con agilità e forza  significante, al di là di ogni perifrastica inclusione, di ogni fuga iperbolico-simbolica, per offrire su un piatto d’argento un animo in cerca del bello, dell’universalità rappresentativa dei sentimenti messi in gioco. Utile a diradare le nebbie dell’attività scritturale, ce ne fossero, risulta senz’altro la quarta di copertina che chiarisce già un “orizzonte di pensiero ben preciso, al di là dei preconcetti, indirizzato verso una scrittura onesta”.  Ben cinque sono le pag. in cui figurano i miei interventi testuali; e credo importante a questo punto riportare almeno una delle mie esegesi   contenuta alla pag. 216:            

Antonia Izzi Rufo: In viaggio con Vittorio Alfieri. Edizioni Eva. Venafro (IS). 2017
Antonia Izzi Rufo: Giorno dopo giorno e Donne. Il Convivio Editore. Castiglione di Sicilia (CT). 2018

Di sera
È la voce del silenzio
quella che ascolto di sera
appena la coltre di buio
si posa sul borgo, sui monti,
su campi, nella valle.
Occhieggia tremula la falce di luna
in alto, all’occaso,
sonnecchia  ad oriente l’unica stella
della volta oscura,
scintillano le luci elettriche
delle contrade, delle strade,
del campanile,
e le finestre di alcune case
l’interno mostrano illuminato.
Tutto tace. Che pace!
La vita scorre senza emettere suoni.
(Da Giorno dopo giorno)

Mi sono giunti oggi 4 maggio due libri interessanti di Antonia Izzi Rufo: In viaggio con Vittorio Alfieri (e altri saggi) e Giorno dopo giorno e Donne. Da subito convincente s’impenna la maestria ritmica, la sapida verbalità della Rufo; la sua abitudine alla scrittura, la sua ampia cultura di cui mai fa sfoggio, ma di cui neanche può fare a meno nel suo viaggio di odisseica misura. Un viaggio che la vede poliedrica nella sua proteiforme veste ora di narratrice, ora di poetessa, ora di critico, ora di saggista... definita  “La Poetessa  Pentra” da Mario Di Nezza, “La Ninfa delle Mainarde” da Aldo Cervo, e “La Saffo italiana” da Luciano Nanni. Quanto al primo testo citato, di saggistica, mi piace iniziare questo scritto au rebours, partendo da una sua Opinione che mi sento di condividere appieno: “In tutte le epoche vi sono stati scrittori e poeti, artisti, in numero più o meno rilevante, però la corsa verso la scrittura s’è accentuata  nel Novecento e continua tuttora. Ci si esprime in prosa e in versi, si scrivono saggi, si dipinge, si compone musica; si traducono opere in lingue diverse, ma i traduttori non abbondano come gli scrittori e i poeti. Perché si scrive? Perché  tanta proliferazione? Forse perché il dialogo che c’era nelle famiglie d’una volta s’è spento e se ne sente la nostalgia, si avverte il bisogno di comunicare con gli altri, di confidare ai nostri cari, ai nostri simili quanto è racchiuso nel nostro microcosmo e, non potendolo fare, riversiamo sulla carta i nostri pensieri, le nostre gioie, e le nostre angosce, i nostri sogni infranti, le nostre aspettative deluse?...”. Un’analisi sociologica di grande rilievo, di grande portata umana, attualissima. Poi lo scritto continua con un accurato apparato bio-bibliografico di proficuo valore letterario, in cui si elencano nomi prestigiosi di critici e di premi, che hanno avuto un impatto significativo nella produzione della Rufo. Materiale indicativo per eventuali ricerche monografiche o tesi di laurea in letteratura contemporanea visto che, gira gira, non si fa altro che cadere nei soliti nomi conosciuti e trattati cento e cento volte. C’è bisogno che i nostri ragazzi si aggiornino e rinnovino il loro studio dirigendo l’attenzione a forze nuove che abbondano nei nostri tempi. E la Rufo ce ne offre un chiaro esempio ricordandone non pochi, e, mettendone in evidenza, soprattutto, capacità critiche e studi, vòlti a sottrarre alle tenebre forze nuove. Ci vuole coraggio!, oltre che intelligenza fattiva e operativa.  Il libro scorre con energica fluidità, quasi con la scioltezza acchiappante di un romanzo: dall’alfieriano Volli, sempre volli, fortissimamente volli – in viaggio con Vittorio Alfieri in Vita scritta da esso (Puerizia, Adolescenza, Giovinezza, Virilità, Continuazione della Quarta Epoca), a Le illuminazioni di Arthur Rimbaud; da Rapida rivisitazione del Decameron, a Saffo e Dante a confronto, ultimo saggio al quale il lettore giunge attraverso le altre rielaborazioni emotivo-strutturali; forse il più consono alla grande anima di una scrittrice che in fin dei conti riesce a liricizzare tutto ciò che passa dalla sua elegante e fascinosa penna.  Due grandi poeti (Saffo e Dante) che, sebbene in periodi molto diversi, riescono con le loro note di universale armonia a dipingere l’amore  come il sentimento dei sentimenti, quello che gioca nella vita, nel bene o nel male, un ruolo determinante, duraturo, empaticamente travolgente; a dimostrazione che certa poesia, e dico di quella lirico-soggettiva più che di quella impegnata, non sentirà mai il passare del tempo, dacché i sentimenti restano sempre gli stessi, immutati, solidi nel divenire:  “È l’amore il sentimento che pervade la più bella canzone della Vita Nuova di Dante, “Il fascino di Beatrice”; così pure l’Amore è l’impulso interiore che emerge con tutta la sua forza e la sua spontaneità in “Passione d’amore” di Saffo, la  lirica più famosa del mondo definita “l’ode sublime”.

Passione d'amore
(…)
E tutta molle d'un sudor di gelo,
e smorta in viso come erba che langue,
tremo e fremo di brividi, ed anelo
tacito, esangue.

Uno spirito eccelso in un corpo abnorme. Così veniva vissuta, Saffo, dai Romantici. Una grande che si sperdeva nelle grinfie dell’amore quasi a obliare le sofferenze della vita, lei di orrido aspetto ma con un animo tanto potente da scardinare la voce degli dèi. La Saffo che cercava di trovare la sua quietudine in una natura tempestosa, irruente, violenta, tanto simile alle sue contrastanti dicotomie; forse il mare di forza nove, sbattente con le sue onde su scogli dissestati, meglio rappresentava il suo sentire. Quella la natura in cui si rispecchiava; in cui leggeva il suo stato emotivo e conflittuale. Non voglio peccare di presunzione citando un pezzo di un mio poemetto tratto da Alla volta di Lèucade: Agape di vino e poesia. Da Saffo a Anacreonte

Vedevamo il corimbo luccicare
al sole pregno di sapore egeo
dalla lucida spiaggia. Un fresco refolo
(all’ombra degli ulivi è il lauto pranzo)
ci arrivava ceruleo. Attraccò
la cantatrice. In rossa seta avvolta
dai barbagli del porto naturale
verso di noi incedette. Accompagnava
il dolce suo profumo di lavanda                      
dell’isola di Lesbo un fido auleta           
avvinto allo strumento impreziosito
con icone divine. Si sedettero.
Le coppe gli riempimmo di buon vino
delle rocce salmastre. Ora il convivio     .
fu finalmente degno sia di Saffo
che d’Anacreonte in quel concerto
di suoni monocordi e di evasione
tra terra ed infinito. Ed iniziò
la voce tra l’assenzio di marina
ormai al calare ed i riflessi d’oro
sui luccicanti coppi: “Le mie vigne                  
perdevano il colore vespertino
di una stagione estrema nel perlaceo
scolore della luna. Era soffuso
il palpito di brezza sopra il seno
voglioso di carezze e impallidiva
ancor di più nel cielo il corpo vago
ai nostri abbracci.” “Come si potrebbe
pensare ad un banchetto senza canto,
senza il suono del flauto così querulo
ma subito propizio con il suono
a dare gioia all’anima.” “Volevo
che tutto il mio sentire si spegnesse
nella notte soffusa e che l’immagine
non guastasse la luce. Era la morte
ch’io bramavo nell’attimo superbo
di eternare la gioia dell’amore...

La vita e la morte; lasciare incontaminato dalla luce del giorno il momento più alto della vita: l’amore.
Il secondo libro, una plaquette editata per i caratteri di Il Convivio Editore, marzo 2018, è composto di 70 poesie divise in  due sezioni: Giorno dopo giorno e Donne, dove la parola con tutta la sua nervatura significante, con tutti i suoi fremiti di sinestetica forza  lirica, fa da contenitore ai tanti stati d’animo del “Poema”. Una vera concretizzazione di paniche vertigini simboliche. L’Autrice consegna le sue confessioni a corpi di cromatica configurazione o a estensioni di azzardi oltre la siepe, per delineare le inquietudini del vivere o degli spazi ristretti. Un umano vagare per colli e mari, per rifugi naturali, con in animo il canto, il primo pensiero del mattino: “Perché sì forte mi possiedi, Poesia?”. Ma anche per volare, per lanci oltre le piccole cose, o le grandi questioni, Oltre l’azzurro: “... In te depongo i miei pensieri,/ viaggio e lotto con essi;/ in te rido piango mi lamento,/  sogno, programmo il mio tempo;// e riesco a volare nell’azzurro dei cieli,/ a toccare i confini dell’Ignoto,/ a tuffarmi nell’enigmatico,/ illimitato Infinito”. ampio respiro; in combinazioni metriche di  accattivante sonorità, dove la melodia la fa da padrona in tutto il proseguire della stesura poematica. La seconda sezione è dedicata alle grandi donne della letteratura epica, lirica, storica, mitologica, religiosa: “Penelope e Andromaca/ sono i modelli cui mi ispiro”. E l’animo poetico vola, sfiora, cattura, e torna sulla carta portandosi dietro frammenti di vita e di lirismo: da Eva, a Maria madre di Gesù; da Melisenda a Arianna sposa di Bacco; da Saffo ad Elena; da Penelope ad Andromaca; da Beatrice a Lucia; da Silvia ad Anita, l’eroina dei due mondi:

(...)
Una febbre ostinata infine ti troncò:
non avevi ancora ventott’anni!
Più volte traslocate, nella “Caput mundi”
le tue spoglie ora giacciono,
nel monumento sul Gianicolo, eretto in tuo onore.

Senz’altro un libro da consegnare al mondo della letteratura per la sua portata critica e riepilogativa dell’attività di ricerca verbale e comunicativa della Rufo.
  
Nazario Pardini



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