ROSSA COME IL FUOCO
Serenella Menichetti, collaboratrice di Lèucade |
La ragazza, stava seduta, con le gambe infilate nelle
fenditure della balaustra del pontile. Un paio di jeans sfilacciati, poco sopra
il ginocchio e, una canotta di un colore indefinito, simile all'azzurro di un
cielo sbiadito, come ce ne sono tanti. Probabilmente frutto di un lavaggio
multicolor.
Le sue lunghe gambe penzolavano avanti e indietro, in un
movimento ritmico, simile a quello delle onde sottostanti.
Con la mano sinistra teneva uno specchietto rivolto verso il
sole, cui catturava la luce, che poi faceva convogliare sulla testa o negli
occhi di coloro, che si stavano godendo, un po' di relax.
Doveva pur rendere utile quello specchietto. E,quel giorno
per lei, il poter strumentalizzare a suo piacimento, i due elementi "Sole
e specchio" suoi acerrimi nemici da sempre, le procurava una gioia
diabolica.
In realtà, era un innocuo gioco, che serviva per scaricare
la tensione, di quel particolare momento.
Una minuscola trasgressione che la madre, non avrebbe,
minimamente approvato.
Melania respirò profondamente, ingurgitando aria salmastra e
soddisfazione.
Pensava ai suoi abbozzi di giochi da bambina, i quali
venivano sempre passati in rassegna dalla cara genitrice, che li selezionava,
bocciandoli sul nascere, per proporne subito dopo, altri, di suo esclusivo
gradimento.
Grembiulino rosa, fiocco di raso fra i capelli,
rigorosamente rosa e, scarpette lucide, era questa la sua quotidiana uniforme.
Che lei percepiva come una maschera da bomboniera rosa,
permettendole di fare, niente altro: che giochi rosa.
Oh, come lo odiava, tutto quel rosa ! Esso, aveva il potere
di procurarle profonde nausee.
Così abbigliata, si sentiva stucchevole, alla stregua di
certe caramelle esageratamente dolci.
Quante volte avrebbe voluto poter invece, indossare almeno
una volta i panni, di quel granchio rosso che scalava gli scogli, per poi
tornarsene al mare a suo piacimento.
Era attratta da lui, dalla sua vita libera, per questo lo
aveva soprannominato “Liberty”
Quando Liberty, rimase prigioniero di una rete, gettata da
alcuni ragazzacci, si accorse di aver subito la stessa sorte del granchio, il
giorno della nascita dei gemelli.
Quando due enormi fiocchi celesti, vennero posti sul portone
della sua casa, si sentì cadere addosso un'enorme rete rosa, che la catturava,
per poi restituirla al mondo, nelle vesti di sorella maggiore, ovvero di una
piccola, saggia mammina. Così, fu appellata da sua madre, mentre davanti a
lei,due enormi bocche gridavano reclamando il latte materno
Avrebbe voluto gridare pure lei, o tanto meno, tapparsi le
orecchie, per non udire quelle insopportabili urla. Ma l'effetto rosa, glielo
impedì: cominciò a percepire, ai lati della bocca, un movimento involontario,
uno stiramento, che poi comprese essere, un sorriso, che si estendeva dalla
guancia sinistra a quella destra. A dispetto della sua volontà, si trasformò in
quella che gli altri volevano.
All'incontro con sua faccia riflessa nello specchio,
Melania, si soffermò, dapprima avanzò il naso, che, non era propriamente un
nasino alla francese, poi, arrivò tutto il resto, costellato da una miriade di
puntini dorati, che poi non erano altro che lentiggini. Fra le lentiggini notò:
la morbida bocca, gli occhi verdi, non molto grandi, che possedevano però,
un’intensità tale da illuminarle il volto. Chi la incontrava, non poteva fare a
meno di giudicarla splendida. Poi, c'era quella massa di capelli ricci, rossi
come il fuoco, che brillava di una luce scintillante. Era, singolare, come la
ragazzina di tutto questo, non ne possedesse, consapevolezza.
Aveva letto, da qualche parte, di quanto le rosse come lei,
fossero in estinzione e, questo invece di inorgoglirla, l'aveva infastidita.
Quella di essere l'unica portatrice in famiglia, di quelle
particolari caratteristiche, l'angustiava profondamente.
I suoi fratelli, chiome bionde, occhi azzurrissimi e
carnagione di porcellana, belli, al punto da venir paragonati ai due putti
dipinti nel quadro più importante, della chiesa della parrocchia; mettevano in
evidenza, la differenza tra lei e loro.
I frugoli, consapevoli della loro incantevole bellezza,
spesso la deridevano per le sue lentiggini. Erano soliti ripeterle -"
Melania che non si lava il viso, mai, andrà in Paradiso!" questa frase,
aveva sempre avuto il potere di farla andare completamente, fuori dai gangheri.
Alcune volte pensava di essere una creatura del diavolo, sia
per il mancinismo, che per quei capelli, che assomigliavano così tanto, alle
fiamme dell'inferno.
Sovente il suo sonno era disturbato, da brutti sogni, anzi
da veri incubi. I cui personaggi erano una sorta di diavoli, armati di forcone
che la rincorrevano, con l'intenzione di portarla con loro negli inferi.
Quante volte, si era svegliata, nel cuore della notte, in un
bagno di sudore e con il cuore che andava a mille.
Però, mai si era permessa, di disturbare i genitori, mai
aveva provato a chiedere loro, ospitalità nel lettone. Lei era fatta così.
Adesso, all'età di sedici anni avvertiva il peso abnorme, di
una diversità che mal tollerava, pur non facendolo intuire a nessuno.
Ciò la faceva emarginare, non solo dalla famiglia, ma anche
dal resto della società.
La solitudine la avviluppava con i suoi fili invisibili,
comprimendola dentro ad un bozzolo, dove lei peraltro trovava rifugio.
Era in bagno, davanti alla grande specchiera, mentre stava
cercando, con l'ausilio di uno specchietto, di raccogliere i capelli sulla
nuca. Non che ne avesse grande voglia, né che lo facesse per vanità, ma,
dovendo andare in spiaggia, quel gesto aveva unicamente lo scopo pratico, di
arginare la folta chioma.
Udì la voce di sua madre, scandire il suo nome, associato ad
un termine che da tempo ricorreva nella sua mente: "adottata"
Fu allora, che lentamente, aprì la porta del bagno per
poggiare l'orecchio su l'altra porta, chiusa, che dava nel grande salone, dove
Marina, la mamma, stava conversando, con Sara, l'amica.
"L'abbiamo adottata all'età di due
anni"continuò,la madre di Melania.
Questa frase, fece scattare, la ragazzina, che provò un
improvviso desiderio di fuggire via da quel luogo.
Arrivata al pontile, una stanchezza improvvisa le calò
addosso, tanto da indurla a sedere sul pavimento del ponte, con il busto
aderente alla balaustra e le gambe, penzoloni.
Si sentiva come un albero privo di radici. Sospesa, vuota.
Chi era ? Da dove veniva.
Adottata. Rimuginò diverse volte quell’assurda parola.
Una verità difficile da accettare. Una verità che pur nella
sua crudezza, giungeva a dischiudere la porta del dubbio, sciogliendo l'enigma,
che da tempo l'affliggeva.
Che non facesse parte di quel nucleo in fondo lei, lo aveva
sempre percepito, sono cose che si avvertono, si disse.
“No, non poteva continuare a rimanere con loro” pensò con
una punta di orgoglio.
Quel pensiero la fece piangere, lacrime di rabbia scesero
copiose sulle guance arrossate, mescolandosi ad altre di dolore.
Ambedue i rigagnoli, annaffiarono le lentiggini, come
fossero fiorellini di campo.
Si asciugò le lacrime con l'avambraccio, tirò su con il
naso, accorgendosi, che quella, fosse stata, l'unica volta che piangeva.
Si alzò, e si diresse verso casa, con la ferma intenzione di
chiarire la faccenda.
Salì velocemente le scale, con l'intenzione di arrivare al
più presto nella sua stanza. "Melania, attenzione mi fai cadere! Ma dove
hai la testa, benedetta ragazza!" esordì la mamma tenendosi alla
ringhiera.
A quel baccano, Luna, la cagnetta bianca, si mise ad
abbaiare festosamente, la riempì di dolcissime leccate, che, nel costume “canese”,
equivalgono: ad amorosi baci.
La ragazzina, la prese in braccio, contraccambiando, con
altrettante affettuose carezze.
-"Sara, mi ha espresso il desiderio di voler pure lei,
adottare un cucciolo di cane, a proposito non hai mica da qualche parte il
numero telefonico del canile "? Chiese, Marina, alla figlia.
Melania, ammutolì, ricordandosi quando, lei e Marina, erano
andate al canile. La loro intenzione era di prendere un cagnolino di pochi
mesi, ed invece costretti dalla irruenza e simpatia di Luna avevano optato per
lei.
Vista la situazione l’avevano adottata, anche se, in realtà,
quella candida cagnetta un po' ruffiana, avesse già due anni.
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