Silvia Cozzi |
Poesia
franca, fluente, onesta, carica di simboliche sfaccettature. Vi trovi ogni
forma di canonica versificazione, dove, l’autrice incide la sua epigrammatica
vicenda, senza sotterfugi o
rocamboleschi andirivieni. Sta qui la
novità della silloge della Cozzi, nel melange fra antico e moderno; fra le
sinestetiche intrusioni ontologiche e la forma accattivante di euritmica
sonorità. Una fusione perfetta verniciata da un’anima tutta volta a ricercare
quello che di nuovo c’è nel suo essere; un viaggio, un nostos, fra poesie che
delineano una interiorità complessa e articolata, come articolato è il
linguismo demandato a concretizzare tanto sentire. Ed è così che il verso muta,
cambia, si scorcia, si amplia; lo fa per tener dietro ai tanti afflati emotivi
che sgorgano schietti da un’anima tutta volta alla visione del bello. Versi ora
più brevi ora più ampi che fanno da supporto all’esplosione della maestosità
endecasillaba; ad un endecasillabo che domina con la sua musicalità nel poema.
Musica, sinfonia, armonia: un insieme che dolce ci abbraccia con uno spartito
di note da romanza come lo può essere un coro a Boca cerrada di Puccini o una
trama tipo tristezza di Chopin.
Certamente non si può dire che il tutto sia guidato da sperimentalismi
tipo riforma prosastica, ma, al contrario, le figure retoriche, le assonanze,
le allitterazioni, le rime, le sinestesie e quant’altro alimentano un tipo di
poesia agli antipodi; un tipo di poesia
che si aggrappa alla sana tradizione, facendo del ritmo il suo valore aggiunto.
Ogni verso sa quando deve andare a capo, lo sente, lo vive sotto gli effetti
degli input emozionali. Non si carica più di tanto, non tradisce le leggi della
buona poesia. Si potrebbe pensare ad un
dettato arcaico, sorpassato, demodé, ma sarebbe un grave errore, dacché la
Nostra fa della lingua lo strumento per narrare la vita: vita poesia, poesia
vita. Sta qui la novità della silloge; nella simbiotica fusione fra dire e
sentire: tutto è armonicamente equilibrato; tutto sgorga spontaneo da un animo
intento a narrarsi; intento a sostanziare la forma di quei tocchi esistenziali
che ci riportano alle inquietudini del vivere e morire tipiche della poetica di
Vittorio Sereni; eros, thanatos, tempus fugit, labilità del memoriale.
Attualità impellente che si offre ad una
versificazione robusta, solida, e convalidata dalla storia.
Nazario Pardini
Grazie di cuore, Professor Pardini, per le splendide parole scritte nella sua recensione che tocca sapientemente le corde del mio modo di fare poesia. Sono onorata per l'attenzione concessa alla mia silloge Pentagrammi di-veri
RispondiEliminaGrazie infinite, Professor Pardini, per le splendide parole scritte nella Sua recensione, che toccano sapientemente le corde del mio modo di fare poesia. Sono onorata per l'attenzione concessami
RispondiEliminaNazario sembra conoscere Silvia da sempre, Silvia e, da pedagogo, oltre che da critico letterario, legge nelle liriche i suoi scorci di vita. In realtà i versi di questa Silloge, che acquisterò a breve, sono nuovi rispetto a quelli della Silvia di ieri. La metrica resta il suo grande amore, ma si diletta in forme meno canoniche, evita le gabbie. Devo ringraziare in modo particolare Nazario per tanto dono,in quanto la mia carissima Amica è riuscita a riscattarsi dalle vicende passate e, grazie all'aiuto di Amoretti e di Cerbino, ad avere un testo degno dei suoi meriti. Lo stile è senz'altro introspettivo,ma non intimo, sa spesso giocare sul registro dell'ironia ed è condivisibile da tutti. Ad astra alla mia Silvia e un abbraccio immenso al 'nostro' Nazario!
RispondiEliminaMaria Rizzi