Maria Grazia Ferraris, collaboratrice di Lèucade |
Gianni
Rodari ed Italo Calvino - Due autori “leggeri ed esatti”
Gianni Rodari |
Che
Gianni Rodari sia l’arcinoto e insuperabile scrittore per bambini che ha
deliziato con tante meravigliose favole,
filastrocche, poesie, racconti e raccontini non c’è più alcun bisogno di
ricordarlo. È risaputo, arcinoto. È
storicamente un Maestro.
La sua
attività comincia con la firma di “Lino Picco” sulla pagina domenicale de
l’Unità milanese nel lontano 1949 con una rubrica di filastrocche e raccontini
per i bambini: “Le avventure di Cipollino”. Sono un enorme serbatoio di
materiale fantastico che andrà ampliandosi e variamente configurandosi nel
tempo. Prosegue a Roma con “Il Novellino del giovedì”, sempre per l’Unità, fino
al 1952, per diventare più autonoma indipendente e personale, soprattutto
quando i suoi racconti e le sue filastrocche verranno edite, -una ufficiale
consacrazione- con l’ampliamento esponenziale del pubblico dei lettori, dalla
casa editrice Einaudi, a partire dal 1960.
A quaranta
anni dalla morte e a cento dalla nascita la storia gli ha dato ufficialmente il
posto meritato e dovuto.
Che
sia e sia stato anche un importante Autore per adulti, che deve avere il suo
posto nella letteratura del Novecento, invece è ancora da dire, spiegare,
studiare, illustrare, documentare.
Eppure ci sono stati via via nel tempo molti
autorevoli critici che l’hanno riconosciuto: penso a Marziano Guglielminetti
nel lontano 1984, all’indomani della morte, a Luigi Malerba, sensibile ed acuto
scrittore che pure si è cimentato nella favolistica, a Tullio De Mauro, Alberto
Asor Rosa, grandi critici letterari ed esperti storici di lingua e letteratura,
ad Alfonso Gatto, Andrea Zanzotto, i poeti che gli furono amici, a Lucio
Lombardo Radice, Italo Calvino, … e non ultimo Pino Boero, e Carmine De Luca,
grande autorevole amico che gli ha dedicato il bel libro, ricco di ripensamenti
e spunti di approfondimenti dal titolo emblematico “La gaia scienza della fantasia, ancora degno di essere studiato e rimeditato.
Ma quando si pensa a lui e alla sua opera,
prevale la pigrizia, il facile luogo comune, il cliché, il comodo utilizzo
scolastico, la sostanziale disattenzione e faciloneria all’approfondimento della sua musa dal
multiforme ingegno e dalla multisonante voce, e ci si limita a parlare o a
citare divertiti le sue belle filastrocche, completamente decontestualizzate.
Di
questo malvezzo Rodari scrittore era perfettamente al corrente e lo esprime,
quasi denuncia, in più occasioni, nonostante il suo proverbiale riserbo. Una di
queste denunce- e non l’unica- è la lettera
che scrive a G. Einaudi, lettera malinconica, pur con accenti ironici, in
occasione del premio Prato, nel ’61:
“Benchè famoso agli antipodi, e rinominato tra
i kirghisi e kabardini del Caucaso, che cos’ero io nella repubblica delle
lettere italiane se non un intruso, un clandestino, uno che l’ultimo mozzo
d’equipaggio avrebbe potuto afferrare per un orecchio e gettare nell’oceano,
sottovento perché le mie scarpe non gli ricadessero sul naso?”
Scrive
Carmine de Luca che, esaminando soprattutto gli scritti giornalistici, ne
sottolinea la lettura adulta, il laboratorio creativo che trova nella cronaca
la sua materia prima, ponendo l’attenzione sulla attività di giornalista,
praticata e percorsa per tutta la vita, e quella di scrittore-narratore :
“ Indagare
l’attività giornalistica di Gianni Rodari, porre sotto la lente d’ingrandimento
la sua lunga esperienza di cronista, redattore, inviato speciale, direttore
significa sì, misurare concretamente la rigorosa formazione di intellettuale
progressista e la costante fedeltà alle ragioni dei lettori.
Ma
vuol dire anche entrare nell’officina della sua attrezzatura fantastica,
scoprirne la <materia prima>, gli strumenti e i meccanismi, e portare
alla luce reperti della preistoria della sua narrativa” con lucidità e consapevolezza; infatti
Rodari andava inserendosi nel tempo sempre più radicalmente nella linea eccentrica della poesia di
ascendenza surreale.
Una officina la sua molto interessante, una
dimensione sperimentale che lo avvicinava ad altri scrittori noti del Novecento
italiano. E penso al grande Italo Calvino, alle loro somiglianze e diversità,
alla loro amicizia elettiva.
ITALO Calvino è stato uno
scrittore ricco, longevo, molto mutevole, con recuperi ostinati e precisi ed
insistiti rifacimenti, ma anche molto fedele a se stesso. E questa è una
caratteristica di lavoro che lo rende
simile a Rodari, che come lui ritorna periodicamente sui suoi passi, sulle sue
composizioni, applicando loro lo statuto principe della variazione, e “alzando
la posta”. Difficile incasellarlo nelle
due variabili che lo caratterizzano- sia in un realismo a carica fiabesca sia
nella fiaba a carica realistica. Il suo amore per l’Ariosto ne è una
controprova, così come quello per la letteratura favolistica, per il teatro…
Nella
sua storia artistica molte sono le affinità col Rodari favolista e molte anche
col rispettivo punto di partenza letterario impegnato moralmente e
politicamente.
Nei
racconti intitolati La speculazione
edilizia, e La giornata di uno scrutatore, ad esempio, senza voler togliere
nulla alla legittimità delle interpretazioni realistico-fiabesche o
fiabesco-realistiche, Calvino presenta un
elemento irriducibile di “resistenza morale”, riscontrabile nelle altre
opere successive, che diventa una chiave interpretativa della sua vasta
produzione, ossia la natura morale della sua
ispirazione, il macigno sotterraneo da cui spiccava il volo la sua
fantasia o si dipanava il filo sottile del suo ragionamento. E questa è anche una caratteristica
rodariana, il procedimento tipico del
favolista Rodari, che Calvino indica quale apogeo - della scienza tanto quanto della letteratura - quella della
“immaginazione scientifico-poetica”
Ma è soprattutto con la trilogia dal titolo
complessivo I nostri antenati (1960), composta da Il visconte
dimezzato (1952), Il barone rampante(1957), Il cavaliere inesistente
(1959), che la sua vena fantastica si precisa stilisticamente ed è occasione
per trattare in chiave ironica e favolistica, alla maniera illuministica, temi
di impegno politico, morale e sociale.
Abbiamo
quindi, fino alla fine degli anni ’50, due scrittori in uno: il primo che
teorizza la necessità di “fare storia contemporanea” attraverso il romanzo e
mette in pratica questa teoria per mezzo soprattutto di una lunga serie di
racconti; il secondo che elude i suoi stessi precetti e si getta nel campo del
fiabesco, anche attraverso l’importante lavoro di recupero e riscrittura delle Fiabe
italiane. La controprova: Calvino abbandonava definitivamente II
sentiero dei nidi di ragno per una poetica del fantastico muovendosi per
mondi possibili, che diventeranno le galassie cosmicomiche, le città invisibili
e perfino le traiettorie astrali.
Nel
1954 la casa editrice Einaudi assegna
allo scrittore la curatela della prima collezione di Favole italiane della
tradizione popolare, che porta Calvino a confrontarsi con la vasta e ancora
poco esplorata tradizione orale e dialettale edita ed inedita del nostro paese.
Operazione molto significativa, che piacque certo a Rodari, il quale fin da ragazzo, quando faceva le sue prime prove
sul giornale Luce, di Varese, mostrerà il suo interesse per le
leggende: ne è una prova la bellissima Leggenda del lago di Varese,
o La pita d’oro e che, come dice C.
Zangarini propose di pubblicare nel
1946, sul Corriere Prealpino una
apposita rubrica intitolata <Poesia di nostra terra>, la quale raccolse
ben diciannove leggende tra i laghi e le
colline del Varesotto.
Calvino
scrive, dopo lunghi mesi di ricerche intorno al nostro patrimonio favolistico,
e il Notiziario Einaudi celebra giustamente, l’avvenimento: “Siamo dunque
venuti nella determinazione che il libro delle fiabe italiane fosse ancora da
fare, e che dovesse farlo uno scrittore, scegliendo, traducendo dai dialetti,
rivivificando quei documenti della narrativa orale che i folkloristi avevano
salvato dalla dispersione. E la scelta …cadde su di me, per via di quella
definizione di «fiabesco» che i critici mi hanno assegnato e che continuo a
portarmi dietro qualunque cosa io scriva.
Ho lavorato due anni a questo libro: m’è
venuto di più di mille pagine, contiene duecento fiabe, e vi sono rappresentate
tutte le regioni italiane. È stato un lavoro grosso, ho dovuto leggermi
biblioteche intere, imparare tutti i dialetti italiani. […] Ma tutto sommato mi
sono molto divertito; spero che ora vi divertiate anche voi.”
Sulla
base di queste constatazioni, la coppia di opposti: "favoloso
realismo" e "realistica favola" così come “Rodari scrittore per bambini- Rodari autore
per adulti”- appare come riduzione
veramente da superare; sono una cosa sola: la duplice rifrazione di uno stesso
sguardo, quando, posandosi su di un universo rigorosamente umano, lo si vede
cangiante come un arcobaleno ma anche, al tempo stesso, solido ed incrollabile
come una pietra.
“Chi
sa quanto è raro… costruire un sogno senza rifugiarsi nell’evasione… apprezzerà
questa forza di realtà che interamente esplode in fantasia. Migliore lezione,
poetica e morale, le fiabe non potrebbero darci”, scrive con consapevolezza nella Prefazione alle fiabe italiane
La
leggerezza rodariana così come quella calviniana non è abdicazione all’impegno, ma forma leggera di
un contenuto che non si stempera solo
perché mosso in versi ridenti piuttosto che in prosa seriosa, o perché
ha assunto la forma – allusiva – di un
racconto o di un gioco per l’infanzia.
La Fantastica rodariana non coincide col
miraggio - poiché il giocare/ osare/ trasgredire la logica non implica che
il mondo ludico di Rodari sia irreale.
Esso, altresì, è simbolico: non già, dunque, evasione dal reale, ma sua
metamorfosi e metaforizzazione.
Il
gioco rodariano, dunque, proprio come è di ogni linguaggio simbolico, e come
quello calviniano, si rivela forma della
conoscenza, non sua negazione .
Rodari
osava interconnessioni cosmiche – ed insieme comiche, come Calvino - e non si
spaventava dell’illogicità, soprattutto
perché si era scelto come
interlocutori non i cattedratici come
Grammaticus e Blomberg, ma le menti bambine come Giovannino Perdigiorno
ed Alice Cascherina, libere dalle pericolose “patologie dell’epistemologia”
“Le
fiabe, diceva Rodari […] sono alleate dell’utopia, non della
conservazione.” .
Il terreno comune di incontro e confronto dei
due scrittori è stata la casa editrice Einaudi, per la quale entrambi hanno
lavorato. Ma già nell’agosto del 1952 Gianni Rodari scriveva a Italo Calvino circa il progetto di
pubblicazione di un saggio su Pinocchio.
Dal
1947 Italo Calvino (e fino al ’61, quando decise di diventare un consulente
esterno, trasferendosi prima a Roma e poi a Parigi) collabora con l'Einaudi,
curandone l'ufficio stampa e svolgendo negli anni molteplici ruoli: redattore,
addetto stampa, dirigente, traduttore, compilatore di un’antologia scolastica,
infine direttore di collana. Un insieme di esperienze professionali come
editor, si direbbe oggi, che si intrecciano con la sua attività più propriamente
letteraria di scrittore, artistica e saggistica. Il lavoro molto interessante,
proficuo, gli permette di mettersi in
contatto e confrontarsi intellettualmente con i più vari autori.
Il
progetto non andò in porto per motivi editoriali, in compenso nacque
un’amicizia basata su profonde affinità elettive che proseguirà nel tempo.
Calvino
potrà rendersi conto così anche della
scrittura e dello stile epistolare di Rodari che, indirizzando lettere ai
funzionari della casa editrice, senza mai stancarsi di intrecciare grammatica e
fantasia, li intratteneva ironicamente-giocosamente- come se fossero suoi
giovani lettori o come se fossero umoristicamente temibili e sovrumane
autorità.
Scrivendo
a Giulio Einaudi in persona, (o ai suoi collaboratori ) per esempio, lo
chiamava «sire», «eccellenza», «don»,
«monsignore», «Sua Eminenza», «cardinale», «comandante», «padrone»….
e si
proponeva come fedele seguace e a volte, buffonescamente, come scherano e spia
editoriale.
Così
anche nell'epistolario, con cui
discuteva titoli, avanzava nuovi progetti e richiedeva un'impossibile
puntualità dei pagamenti ….. Era evidente che nelle fantasie di Rodari, il
favoloso non era un altro mondo, ma è una piega inedita e costante del suo
quotidiano.
Maria
Grazia Ferraris
Maria Grazia Ferraris continua a incuriosire con questi suoi documentatissimi studi su Gianni Rodari, tesi a mostrarne la valenza di "scrittore per adulti" e di autore collegato con le avanguardie letterarie del suo tempo (Surrealismo e Futurismo in primis). Una valenza, quella di "scrittore per adulti", purtroppo offuscata dalla sua stessa fama (meritatissima, d'altro canto) di "scrittore per l'infanzia". La presente comparazione, suggestiva e convincente tra la sua poetica e quella del suo coevo Italo Calvino - "due scrittori leggeri ed esatti" - invita ad approfondimenti e suscita davvero grande curiosità.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Maria Grazia Ferraris, in questo saggio molto ben documentato, scaturito da una profonda "ricerca" culturale, riesce a vitalizzare con brillante progressione un parallelismo convergente tra Rodari e Calvino in acuta singolarità.
RispondiEliminaEnucleando e sviluppando le varie fasi compositive dei due Autori, ne rivela l'affinità e la matrice contestualizzata dalle collaborazioni einaudiane in un'etica favoristica di orizzonti realisticamente e socialmente umanizzati.
Tutto si esprime poi in un tracciato epistolare, istruttivo e illuminante per procedere nell'accostamento alla personalità degli Autori.
Che dire d'altro se non complimentarsi con Maria Grazia e con il suo elitistico saggio?
Ringrazio sia Franco C. che M. Dei Ferrari per il commento postato su Leucade e sono contenta di aver suscitato un po’ di curiosità ed interesse per un argomento che per me è molto significativo e per un personaggio come G. Rodari che studio da anni. Mi pare, quella di Rodari-Calvino, la storia profonda di un’amicizia che va al di là delle superficiali e fortuite conoscenze ed esprime sintonie profonde. Certo, è argomento letterario, visti i personaggi, ma non troppo…, non credo elitistico: solo una maniera per scalfire il “banale” in cui Rodari è immerso, anche quando se ne parla, e dimenticato nella sua autenticità. Grazie per la lettura e il commento.
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