Marco dei Ferrari, collaboratore di Lèucade |
Il
poeta con ontologica intrusione si fa città, mura, Cattedrale, Campanile, Arno,
Spina, negozi… Insomma Pisa. Pisa la sua, Pisa la grande, Pisa sonora, Pisa
gloriosa, Pisa di Meloria menoria, Pisa deserta, Pisa dolonte. Sì, ama, vive,
critica, vede, osserva, rielabora, partecipa; e va per le vie appoggiandosi a
parole che con la loro entità etimo-visiva lo coccolano, lo abbracciano, gocciolando stracci, disperdendo di
vento cigoli tanfi, annusando cromici sapori scroscianti, o ritmi d'acque
spioventi. Una metamorfica trasfusione, una accorata identificazione in Cielo
Terra, tuoni per lampi d'insetti, scucite sirene sgommanti, tremule lampe
rintoppo. Insomma il poeta diventa la sua città: Arno che si gonfia...
lacera... si pente... s'arrende... E posandosi su ombre di Chiese Palazzi
Musei, imbocca nobili viuzze; si mischia a negozi, a Piazze orfane di marmi
solisti, lapidari spettri di busti guardinghi, confondendo semafori caffè
panini, finché si arrocca, oramai stanco, ma orgoglioso, sul cuore della sua
Pisa, facendosi Duomo per Torre. Le parole corrono con ritmi crescenti per
tener dietro ad un animo che esonda e dilaga; sì, per vie, che, anche se
ordinarie e abituali, si fanno sorpresa all’occhio del poeta che scopre sempre
nuova la sua città, lui PISA.
Io Pisa...
Io Pisa...
gocciolo straccio
piastrelle lavabo raffico
di vento cigoli tanfi disperdo
cromici sapori scroscianti
ritmi d'acque spioventi
Cielo Terra sprofondo
tuoni per lampi d'insetti
scucite sirene sgommanti
tremule lampe rintoppo
Io Pisa... Arno sconfesso
si gonfia... lacera... si pente...
s'arrende...
ombre ristagno su Chiese Palazzi Musei
nobili viuzze a capriccio circondo
tracimando negozi paura inondo
Piazze orfane di marmi solisti
lapidari spettri di busti guardinghi
semafori caffè panini confondo
Io Pisa m'arrocco Duomo per Torre
siderea pendenza... glorioso
rimbalzo...
da Meloria dissolto a libertà risorto
strenua difesa assurto
forchette riciclo cucchiai coltelli
cachi e pere ritaglio su sacchetti di
carta
Spina bagnata d'Autunno morente
Piazze deserte... Io Pisa dolente...
Marco dei Ferrari
Una capacità di immersione e immedesimazione nel paesaggio, potente e davvero sconcertante: il poeta diventa l’espressione turbinosa e inquietante della città stessa e delle sue contraddizioni. L’invenzione linguistica- una creatività funambolica e surreale- ci fa sentire come realmente vissuti, uditi, suoni acuti e gravi, ritmi, sapori e colori totalizzanti e ci fa vedere un Arno come sempre, eppur in modi diversi, protagonista inquieto, ombroso e capriccioso che rompe argini e misure… Ma Pisa resiste, ha molte vite, s’arrocca, ricerca a sfida il suo passato di libertà orgogliosa che si confronta con la quotidianità, riprende superba la sua solitudine unica e potente nella morte della stagione, nel dolore del tempo. Eterna e presente, viva. Sì, Io Pisa...
RispondiEliminaEcco che nel testo dell'amico e collaboratore Marco Dei Ferrari ,Pisa attentadiventa metafora ed eloquente di qualcosa che, partendo dalla realtà concreta delle pietre che testimoniano un passato glorioso e l'incanto della bellezza, arriva ad esprimere un discorso di più ampia portata che implica anche il valore culturale e quindi etico di tale bellezza e l'impegno a preservarla. Complimenti all'autore!
RispondiEliminaValeria Serofilli
Presidente di AstrolabioCultura
RispondiEliminaViva Pisa che vive nelle parole di questo Poeta!
La composizione di M. dei Ferrari è in apparenza la descrizione di una giornata di temporale a fine Autunno, drammaticamente recitata dall'autore in prima persona-quasi in "transfert"- con quel ritmo martellante e sonoro ,qui come uno squillo di tromba il giorno dell'Apocalisse.
Sempre molto bravo ed efficace nel creare atmosfere , il poeta Marco dei Ferrari!
Qui leggiamo e viviamo rumori odori raffiche di vento scrosci di pioggia....la città sembra che stia per sprofondare, tra lampi tuoni assordante suono di sirene ... ecco l'Arno che si gonfia paurosamente....Nessuna pietà per l'antica nobiltà di Pisa! Tutto si confonde nel caos di questa giornata. Ma l'antica città marinara non si arrende, solo nell'ultimo verso si confessa "dolente".
In tutta la descrizione c'è un'anima che parla, che grida, forse quella stessa che guida la mano del Poeta come in una scrittura automatica. E' la sensibilità acuta di un Autore che ben conosciamo, è il suo "sentire" le cose le persone e gli avvenimenti, sia presenti sia passati, come sempre vissuti, o rivissuti, hic et nunc..
Edda Conte
Mi complimento con Marco Dei Ferrari, che non ho l'onore di conoscere di persona, ma seguo con grande interesse sulla 'nostra' isola per quest'ennesimo volo pindarico poetico, che ne conferma le magiche capacità. L'Autore diventa Pisa e si esprime con il linguaggio della città.
RispondiEliminaLa lirica, quanto mai immaginifica, dal ritmo incalzante, vibra di vita e srotola tutti gli aspetti di una città ricca di armonie e di lati oscuri, di meraviglie e di contraddizioni, di aspetti svelati e di misteri. Il moto 'ondoso'del testo ci trascina tra "cromici sapori scroscianti
ritmi d'acque spioventi..."
e ci rende pisani,pur nell'ineffabile intrigo del gioco di metafore, del lessico magistrale e intenso del Poeta.
L'originalità rende questi versi un unicum, come sempre avviene nelle Opere del Dei Ferrari e nel mio piccolo sento la necessità di esprimergli l'ammirazione che mi invade...
Maria Rizzi
Devo ringraziare sentitamente il pensiero di Maria Grazia Ferraris, di Valeria Serofilli, di Edda Conte e Maria Rizzi che mi consente di amplificare la mia ricerca su temi e personaggi che dal passato traghettano il futuro nella profondità dell'essere.
RispondiEliminaGrande Poeta, grande Marco. Anche stavolta hai colpito nel segno. Bellissima poesia di una Pisa reale
RispondiEliminaBellissima poesia che rende viva una città "deserta" ed autunnale entrambe anche metafora dell'attuale situazione .
RispondiEliminaAlessandro Manetti