NAZARIO PARDINI LEGGE
“LA DANZA DELLE NUVOLE” DI MARA BENEDETTI
Guido Miano Editore, 2019
Mara
Benedetti non chiede(o) altro qui nel porto della salvezza. Sorride(o).
“Mi
metto alla guida. Parto senza una meta. / Seduta a fianco ci sei tu: Anna. /
L’ignoto cancella la noia dalle nostre menti. / La prima direzione è la spensieratezza.
/ L’auto, complice della fuga, / contiene a stento il nostro canto di gioia. / I
mutevoli panorami scorrono inosservati. / La vera scoperta è qui dentro. / E a
chi, in futuro, ci chiederà di questo viaggio, / non descriveremo paesaggi incantati,
/ ma solo la bellezza di un sogno: la libertà” (Libertà).
È tutto qui il sogno della poetessa, il suo slancio verso il nuovo, verso l’incognito, verso i brividi
di un viaggio che incanta e completa. Mara Benedetti affida il suo mondo ad una
esplorazione di àmbiti naturali e psicologici per conoscere meglio se stessa: una ricerca in interiore
homine attraverso simboli che concretizzino il suo pathos, la sua voglia di fuga.
D’altronde è proprio dell’uomo non farsi condizionare dalla realtà che ci
circonda, dalle aporie del quotidiano. Semmai è da lì che prendiamo lo slancio
per infrangere il cuore di un orizzonte che ci limita. È così che ci affidiamo
ad un impulso interiore che ci vuole al di là del nostro confine. Lo stesso
amore si mantiene intatto e vero se non contaminato dalla vita: “Non conosco il
tuo viso, / nemmeno il corpo / ho sfiorato; / nell’anima sono entrata! / Con un
lumicino ho scoperto / angoli nascosti e nuovi sentieri / Fino ad arrivare al
cuore. / Accarezzo le tue lettere, / alcune ingiallite. / Nell’ultima mi chiedi
di incontrarci: / mio adorato, non posso! / Ti ho giurato amore eterno, / soltanto
se non ci vedremo/ durerà tutta la vita” (Amore eterno).
Un amore platonico, dolcestilnovista, di memoria guinizzelliana, che torna a
vivere nei versi di una poetessa che fa della danza delle nuvole un idealistico
assemblaggio di emozioni, dove il linguaggio zeppo di invenzioni stilistiche,
collabora alla identificazione patologica
dei suoni e degli schemi. E non è che la natura coi suoi parametri oggettivi si
faccia semplice contorno di un lirismo emotivamente coinvolgente. Ma dà tutta
se stessa, la natura, a ché le emozioni si facciano corpo di stati d’animo esplosivi.
Una poesia, quindi, questa di Mara Benedetti, che fa della vita un
piedistallo da cui lanciarsi verso mete di ampio respiro; tutto è liricizzato,
ogni particolare verte a reificare un animo che cerca nella libertà la soluzione
di un sogno: “È l’alba / La natura si desta / sotto al tuo candido mantello /
Con cura l’hai protetta / dalle insidie notturne. / Spossata, /cedi il posto /
ai tiepidi raggi solari. / Tornerai all’imbrunire, / per avvolgere nel tuo
mistero / l’uggiosa campagna. / Solo ad alberi imponenti / concederai una
leggera visibilità. / Seppur contestata / ti acclamiamo regina. / Sei la nebbia
della Pianura Padana” (Regina).
Un leggero sfiorare di raggi e di luce, di campagne brumose, di uggiose
pianure, abita l’anima della poetessa per declinarsi in poesia dell’home, delle
radici. Una plurivocità di polisemiche
sensazioni avvolge il verso della Benedetti che si dona alla pagina con
euritmica sonorità; con elastiche effusioni
meditative che si lasciano andare ad un lirismo di profonda empatia, mutandosi
in un metamorfismo panico nella poesia Terra:
“Il ritmo del tamburo / diventa quello del mio cuore / La benda oscura la
vista; / un arcobaleno illumina la mente. / Pensieri dimenticati bussano; / con
le lacrime scivolano via. / Tormenti antichi, imprigionati dal petto, / nelle
vene si diramano / fino a scuotermi in una danza liberatoria. / Volteggio ad
ogni estremità della mia anima / senza trovare l’equilibrio. / Protendo le
braccia verso l’alto: / non c’è nulla da afferrare. / Con le mani cerco la terra,
/ e da qui ricomincia la vita”. Un gioco di ascensioni epifaniche, di voli verlainiani,
di sorsi d’azzurro fino a tornare alla terra, madre di vita. La poesia di Mara
Benedetti è tutta qui, in questi élans, in questi azzardi, in queste meditazioni
di amore e di vita, di vita e di amore, in sospeso tra cielo e terra, fino alla
danza delle nuvole, una danza leggera, elegante, personale; una danza verso orizzonti ancora intatti.
“Se
qualcuno mi chiedesse quali sogni ho per il futuro, la risposta sarebbe:
scrivere poesie, preparare dolci e ballare a piedi nudi nella mia casa, in campagna,
dove gli orizzonti sono ancora intatti!” (Mara
Benedetti).
Nazario Pardini
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