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venerdì 7 febbraio 2020

CARMELO CONSOLI LEGGE: "I DINTORNI DELLA VITA..." DI NAZARIO P.









CARMELO CONSOLI





















COLLABORATORE DI LEUCADE








I dintorni della vita.
Commento

Un grande poeta come Nazario Pardini inesauribile cantore della forza, della bellezza della natura e del suo miracolo esistenziale, da sempre errante in un mondo profondamente radicato nella meraviglia dei campi, dei boschi, dei fiumi, dei laghi, dei mari,  immerso nello splendore della sua “Lèucade” non poteva sottrarsi ad un serrato e decisivo confronto  con la figura della morte, e non poteva farlo che a modo suo, con una imperiosa presa di coscienza verso l'annientamento di quei valori funesti e disgregativi che quello sbocco finale apporta a tutti noi esseri umani viventi.
Thanatos, rappresentazione mitica della morte fin dai tempi antichissimi, ripropone al poeta e a tutti noi la sua falce  mortale innescando riflessioni, interrogazioni, misteri, soluzioni sull'Oltre che che vanno dalla fredda indifferenza al palpitante affidamento alla fede, atteggiamenti direi del quotidiano esistere e che  compongono l'arcano quadro della vita stessa..
Ed il nostro Nazario allunga la lista delle illustri testimonianze su Thanatos e su cosa essa produca nel nostro ciclo esistenziale.
Lo fa in modalità spettacolare, innestando teatralmente un corpo a corpo con la morte, attraverso  un dialogo fitto  tra osservazioni, domande, interrogativi, accuse, chiarimenti, alti e bassi che armonicamente si sviluppano.
Si innestano in ambedue le parti contendenti motivazioni, giustificazioni, aspirazioni, punti di incontro  e misteri al proprio agire e se da una parte con modalità variamente sfumate, che vanno dall'indignazione alla tenerezza, dallo stupefacente  canto della bellezza della natura, allo sgomento per gli orrori delle tragiche morti si dipana il canto dell'uomo, dall'altra Thanatos, anch'essa con varie modulazioni, giustifica la propria ineluttabile presenza, sottolineando la fragilità e la finitudine del vivere, chiamata in causa da un'ordine spietato ed immutabile della natura che regola l'esistenza.
C'è molta umanità e accaloramento sentimentale nel poeta che affronta la questione esistenziale di fondo nel vedere l'umano cammino nella gioia e nel dolore, tra gli splendori naturali e la brutalità degli eventi, nella sofferenza dei più fragili sottratti alla vita improvvisamente dalla falce della morte .
Pardini, l'autore lo ricordiamo degli splendidiCanticidifende a spada tratta la magnificenza che attraversa la vita, dal valore della  parola poetica alle componenti naturali dei  suoni, delle cromie, delle fragranze ; sottolinea storture e sofferenze che lo angosciano, come le tante vite spazzate via dagli eventi della storia e cita anche le migrazioni, si lancia in arditi, salvifici voli con la sua Delia, si raccomanda con fanciullesca ingenuità che la morte lo colga di fronte al mare e che la propria famiglia non soffra per la sua dipartita.
E dunque si assiste ad uno scambio continuo tra luce e buio che l'esistenza di ogni cosa vive in continuazione e che un giorno per tutti deflagra e azzera ogni vissuto , ma non ne vieta la costante rifioritura.
Pardini affronta il problema della morte umanizzando il dialogo come se si trovasse di fronte a un competitore dotato di sentimenti e razionalità, dal quale talora riesce a strappare consensi alle proprie tesi; lo fa in modo poetico, da par suo, con versificazioni colme di commozioni, stupori,  approvazioni e  disapprovazioni,  innestanto un gioco delle parti in cui ognuno si erge a difesa della propria indispensabile presenza, senza la quale non sarebbe razionalmente pensabile l'esistenza e la riproduzione naturale delle  cose del mondo.
E allora il nostro porta avanti, ostinatamente un confronto umorale più per manifestare il proprio amaro stupore di fronte all'operato di Thanatos , ricorrendo alla vivida luce dei ricordi, cantando la natura ed il suo ciclo riproduttivo, che per tentare soluzioni alternative che sa bene non potranni mai esistere.
Ne viene fuori una lucida ma al tempo stesso sognante narrazione poetica che ha i contorni di una serrata autodifesa di ognuno per i propi comportamenti ma da cui risulta vincente non solo la bellezza della vita ma una certa Grazia del fare umano che tende ad eternizzarsi , scavalcando ogni mistero, azzerando ogni fragilità e temporalità.
Ed è questa, a mio giudizio, la lezione finale che intende impartire  Nazario Pardini, la cui dichiarata matrice cristiana non gli fa di certo sfuggire il miracolo della vita  e nemmeno   quegli aliti immortali che legano l'uomo al divino creatore universale, luce che sovrasta ogni mortale oscurità,  ed esemplare è la poesia finale” Si aprirono i cieli” , un cantico di immensa gioia e luminosità che si pone al termine dell'iniziale suo “ doloroso viaggiocome una strepitosa vittoria sulla terrena fragilità dell'umano esistere.





Carmelo Consoli


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