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sabato 1 febbraio 2020

FRANCO CAMPEGIANI: "RIBALTAMENTI. SECONDA EDIZIONE IN WBOOKS"



Franco Campegiani,
collaboratore di Lèucade

Pubblicato in seconda edizione (WBooks)
"RIBALTAMENTI" DI FRANCO CAMPEGIANI (D&M EDIZIONI 2017)

Autopresentazione


Su licenza della  David & Matthaus, dove è uscito in prima edizione nel marzo 2017, esce ora in nuova, aggiornata edizione (WBooks, dicembre 2019) il mio Ribaltamenti. L'occasione mi è grata per riassumere e chiarire ulteriormente il tema di fondo della mia teoria: l'interscambio fra Creato ed Increato, fra Essere ed Ente, fra Trascendenza ed Immanenza, fra Umano e Divino: poli distinti ed alternanti di una medesima struttura pensante. Ed è il ritorno di quella visione del mondo caduta in oblio, ben nota al pensiero prelogico e mitico sapienziale delle arcaiche culture (cosiddette animistiche, sostanzialmente contadine), che va sotto il nome di armonia dei contrari, indebitamente sopraffatta dall'avvento delle successive astrazioni razionalistiche.
Armonia dei contrari da non intendersi come equilibrio tra opposte ragioni (scienza del compromesso) - il che sarebbe pur sempre razionalismo - ma come capacità della ragione partigiana di entrare in relazione con il suo contrario, con l'intelligenza superiore e spirituale, extrarazionale e universale, neutrale, dell'individuo stesso. Sotto accusa non è la ragione, elemento indispensabile all'armonia dei contrari, bensì il razionalismo che riduce arbitrariamente il campo dell'attività pensante al solo elemento razionale. La serrata critica coinvolge l'intero percorso della cultura occidentale, dagli albori razionalistici alle attuali fasi nichilistiche, il cui presunto irrazionalismo non è che una variante del razionalismo stesso, divenuto cosciente dei propri fallimenti.
D'altro canto, razionalismo ed irrazionalismo - radicati entrambi nella zolla dell'armonia dei simili, che è come dire della disarmonia dei contrari - sono consanguinei essendo nati in parto gemellare nel mondo classico, con l'apparizione coeva dell'Idealismo e del Sofismo, della Tragedia e della Metafisica (emblematica la disperazione luttuosa e folle del trasognato e melico Orfeo quando vede sparire per sempre dal suo sguardo Euridice). Qualsiasi razionalismo è intriso di sentimento funereo e tragico, ivi compreso quello misurato e assennato del Saggio, illusoriamente isolato dal mondo e chiuso nella propria torre d'avorio. Non c'è forma di razionalismo - prudente o esaltata che sia - che non viaggi schematicamente e a senso unico nel proprio recinto autoreferenziale.
L'armonia dei contrari, invece, germogliata nel realismo dei vivaci contrasti, delle contrapposizioni sanguigne e vitali, tipico delle culture prelogiche e delle società contadine, sviluppa una logica inclusiva e relazionale, antischematica, capace di donare leggerezza ed elasticità alla mente compressa dal mondo corazzato e sferragliante, materialistico ed illusorio, urlante e babelico che abbiamo creato. La realtà - lo insegna l'odierna fisica quantistica, in ciò paradossalmente allineata con gli assiomi dell'animismo antico - non è fatta di cose, ma di relazioni e di scambi enigmatici, di quella capacità di dialogo cui possiamo avvicinarci solo astraendoci dalla bolgia dei paradisi artificiali e dei vicoli ciechi, a senso unico, in cui ci siamo cacciati.
Si potrebbe pensare che il relativismo contemporaneo, avendo distrutto il pensiero forte dei dogmatismi antichi, abbia finalmente realizzato un mondo pluralistico e rispettoso delle diversità, ma la massificazione imperante mostra il contrario: lo strapotere ha solo mutato abito, instaurando a livello planetario una forma di assolutismo mai sperimentato prima nella storia: l'assolutismo relativistico, il dominio incontrastato della finanza e delle tecniche (degenerate da mezzi a fini) che viene sostituendosi all'assolutismo mitologico del passato, talché il pensiero debole può mostrare, non meno di quello forte, i suoi artigli poderosi.
Cosa fare per uscire dal pantano? Tornare indietro significherebbe regredire al Medioevo e non avrebbe senso opporre alla cultura della globalizzazione una cultura della frammentarietà. L'identità perduta si trova altrove. Non nel passato, ma dentro noi stessi. Le radici non sono nella storia, ma nella nostra patria interiore. Ed ora che il villaggio globale pone l'una accanto all'altra le culture, relativizzandole e scivolando nell'omologazione, l'occasione è unica per andare finalmente alla ricerca dei valori assoluti dentro noi stessi anziché nel mondo esteriore, dove tutto è nel dominio della relatività. Indispensabile dunque porsi sulle tracce dell'individuale essenza, di quel pensiero che ci pensa, dal quale siamo pensati, che non è Dio, ma il nostro stesso pensiero extracorporeo al di fuori degli schemi, ligio ai principi universali.
Il Grande Artefice sta aldilà dell'aldilà dell'aldilà. Egli è implicito, non esplicito, nell'opera creata. Come tale non va nominato invano, ma va messo direttamente in pratica nell'azione quotidiana, attivando quel dialogo con noi stessi che non è monologo, ma fondamento dell'intera conversazione universale. I filosofi pensano che la ragione, da sola, possa bastare, ma, chiusa in se stessa, la ragione piomba in un sonno mortale. Necessario allora rafforzare la visione prelogica ed animistica del mitopoieta e dello sciamano - come per altri versi dell'incorrotto fanciullo - divenendo adulti senza adulterarci e lasciando felicemente crescere il bambino che è in noi. Non è rimpianto per una scomparsa età dell'oro, non è nostalgia del passato, bensì riscoperta di facoltà della mente cadute in oblio, riconquista di archetipi posti fra parentesi ma pur sempre a nostra portata di mano.

Franco Campegiani


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