Covid 19, una
lezione da apprendere?
Si dice che Covid 19 sia un mostro feroce, un serial killer, ma è semplicemente un
organismo vivente - e dunque intelligente - che sta cercando il proprio spazio
vitale in un mondo che noi umani stiamo rendendo ostile per ogni altro essere
vivente. Da qui la sua pericolosità. Noi non ci rendiamo conto di essere tanto
più vulnerabili quanto più irrispettosi della natura che ci respira intorno.
Penso che Covid 19 stia cercando di
dirci qualcosa di molto importante, indicandoci una strada diversa per poter
vivere in armonia con il creato, senza per questo rinunciare alla nostra
specificità. Ben venga la lotta, ovviamente, ma un conto è lottare per il
proprio spazio vitale, un altro per fare tabula
rasa di ogni altra creatura che vive e respira intorno a noi. Armonia,
dunque. Armonia nella lotta e nella diversità.
Leopardi, come
sappiamo, invitava a diffidare della madre comune che, anziché farci fratelli,
ci arma gli uni contro gli altri, seminando odio, morte e distruzione, ma non aveva assolutamente
chiaro, a mio modestissimo avviso, il principio dell'armonia dei contrari, il
principio ossia di una fratellanza fondata sul contrasto, di una collaborazione
basata sulla diversità. L'uomo purtroppo - bisogna riconoscerlo - ha sempre
cercato il dominio assoluto e incontrastato sul mondo, dimenticando il valore
insostituibile della convivenza e della reciprocità. Così facendo, è diventato
il feroce antagonista di ogni altro essere vivente, e dunque della vita stessa
nella sua complessità. Ma chi è mai l'uomo? chi crede di essere?
Non è che un animale
come tutti gli altri, con la differenza di quel libero arbitrio, di cui egli è
dotato, che lo rende inconfondibile nei tre regni, consentendogli di porre
tutto in discussione, fino a dissacrare l'intera costituzione universale. Non
sto dicendo che è giustificato a farlo perché è nella sua natura di poterlo
fare. Non dovrebbe farlo, ma può farlo e lo fa: sta qui il suo libero arbitrio.
Non a caso nel Genesi è detto che
deve stare alla larga dai frutti proibiti,
pur potendovi accedere, con ciò infrangendo l'armonia, l'equilibrio e la
fratellanza universale (a partire da quella tra il Bene ed il Male). Fuor di
metafora, l'uomo può tutto, ma non dovrebbe dimenticare che tra le opzioni del
libero arbitrio c'è anche quella di non approfittare del libero arbitrio,
restando in tal modo nell'ordine di natura, che è poi quello della vera
libertà.
Purtroppo, una
cultura millenaria - umanistica e spiritualistica a un tempo - ci ha abituato a
considerare la natura schiava di istinti e di necessità da cui doversi
affrancare, dimenticando che, se essere liberi significa essere se stessi, ogni
essere vivente lo è, ad eccezione proprio dell'uomo, ostacolato in ciò dal suo
libero arbitrio. Sta qui il peccato originale, in questo camuffamento che lo
allontana dall'Eden, di cui era stato fatto custode e di cui è voluto diventare
despota intollerabile. Antropocentrismo è
il termine con cui viene indicato quel complesso di filosofie (ma non meno di
religioni e di scienze) che hanno caratterizzato il percorso della cultura
occidentale, diffusa oramai a livello planetario, fondata sul disprezzo e sul
dominio sconsiderato della natura da parte del suo tiranno.
Certamente, non può
e non deve farsi d'ogni erba un fascio, misconoscendo quelle lodevoli voci
fuori dal coro che nel corso di questa storia millenaria si sono levate in
favore della natura, ma è innegabile che, nel suo insieme, il processo è stato
lineare e costante, conducendo inesorabilmente la nostra civiltà allo stallo in
cui ora si trova. Il coronavirus, allora, può esser visto come una risposta
della natura - una delle tante possibili - a questa radicale insensibilità. Non
una vendetta della natura, né tantomeno un castigo divino, come sarebbe fin troppo
facile e ingenuo pensare, bensì il prezzo da pagare, da noi stessi
inconsciamente invocato, per riequilibrare i nostri esasperati stili di vita.
Nessuno si augura il
male, ovviamente, e la speranza è che il prezzo da pagare sia solo questo e si
fermi qui. Tuttavia, se il male esiste, esso ha un'indubbia ragione di essere
proprio ai fini dell'equilibrio. Traiamone dunque profitto. Non sto dicendo di
non difenderci dal coronavirus, di lasciarlo tranquillamente fare ciò che vuole
(ci mancherebbe altro!). Sto dicendo di tendere l'orecchio e di fare tesoro
della sua lezione, affinché questa spiazzante e dolorosa frenata mondiale dei
nostri squilibrati modelli di vita, possa trasformarsi in un'opportunità.
Purtroppo, senza sbattere la testa e senza farci del male difficilmente
riusciamo a comprendere, noi esseri umani, di dover cambiare rotta, ma una cosa
è certa: la rotta cambierà.
Nessuno s'illuda
che, superato il guado, si possa allegramente tornare a vivere come prima. Le
vicende attuali avranno conseguenze ragguardevoli e ci imporranno
trasformazioni radicali, forse addirittura epocali, perché volenti o nolenti
dovremo tornare ad una visione più equilibrata e saggia, più morale, della
vita. Un miglioramento temporaneo, indubbiamente, giacché - ben lo sappiamo -
torneremo prima o poi nei nostri panni usuali, nel nostro collaudato egoismo e
nella nostra smodata presunzione, ma il blackout
sarà comunque sufficiente per riprendere fiato. E supereremo l'antropocentrismo, approdando a quella
visione cosmocentrica della vita che,
nel rispettare la natura, non ci penalizzerà, come di norma si crede, ma ci
renderà padroni e conoscitori di noi stessi, tanto più artefici del nostro
autonomo destino, quanto più rispettosi del Giardino che ci è stato dato in
dono.
Franco Campegiani
Caro Franco, continuo sulla mia linea di far parlare i versi, in questo caso la saggezza delle tue parole:
RispondiElimina"Si dice che Covid 19 sia un mostro feroce, un serial killer, ma è semplicemente un organismo vivente - e dunque intelligente - che sta cercando il proprio spazio vitale in un mondo che noi umani stiamo rendendo ostile per ogni altro essere vivente [...] Ben venga la lotta, ovviamente, ma un conto è lottare per il proprio spazio vitale, un altro per fare tabula rasa di ogni altra creatura che vive e respira intorno a noi [...] Non sto dicendo di non difenderci dal coronavirus, di lasciarlo tranquillamente fare ciò che vuole (ci mancherebbe altro!). Sto dicendo di tendere l'orecchio e di fare tesoro della sua lezione, affinché questa spiazzante e dolorosa frenata mondiale dei nostri squilibrati modelli di vita, possa trasformarsi in un'opportunità [...]
E concludo con il più ottimista dei pensieri che si possa elaborare:
"Nessuno s'illuda che, superato il guado, si possa allegramente tornare a vivere come prima. Le vicende attuali avranno conseguenze ragguardevoli e ci imporranno trasformazioni radicali, forse addirittura epocali, perché volenti o nolenti dovremo tornare ad una visione più equilibrata e saggia, più morale, della vita. Un miglioramento temporaneo, indubbiamente, giacché - ben lo sappiamo - torneremo prima o poi nei nostri panni usuali, nel nostro collaudato egoismo e nella nostra smodata presunzione, ma il blackout sarà comunque sufficiente per riprendere fiato."
Sandro Angelucci
Notevole e convincente. L'egregio filosofo Campegiani ha dato voce a ciò su cui ho riflettuto e a ciò che penso. L'augurio che mi faccio è di non essere la sola a riconoscersi in questo esame della situazione e della più vasta presenza dell'Uomo nel creato.
RispondiEliminaIsabella
Caro Franco, nel condividere tutto di quello che hai scritto sopra mi resta da dirti che sei stato chiaro ed esaustivo al massimo come ti è solito. La natura si riprende sempre i suoi spazi usurpati da quell'antropocentrismo dell'uomo. Anni fa hai commentato su Leucade la mia poesie dal titolo "In un eden disfatto" che sul versante socio-religioso credo che abbia lo stesso punto di vista che Tu eccellentemente hai descritto. Grazie per questa lezione di etica e di amore verso i simili e della natura che in definitiva vuole significare CONSAPEVOLEZZA NEL CONVIVERE. Pasqualino Cinnirella
RispondiEliminaRICEVO E PUBBLICO
RispondiEliminaCOMMENTI AL MIO POST SUL CORONAVIRUS
Carissimo Sandro, è davvero confortante sapere che ci sono poeti e intellettuali come te attestati su questa stessa posizione. Quella dell'Equilibrio è una visione del mondo molto scomoda, in quanto spinge a illuminare il rovescio della medaglia in ogni situazione. Quando tutto sembra andare a gonfie vele, consiglia di moderare l'ottimismo, mentre suggerisce di contenere il pessimismo quando tutto sembra precipitare nell'abisso. Grazie per la tua preziosa condivisione.
Franco
Gentile Isabella, non la conosco e mi piacerebbe sapere qualcosa di più di lei. Non capita spesso di incontrare persone convinte dell'esigenza che è giunta l'ora, per l'uomo, di fare un passo indietro. Non per tornare al passato, ma per garantire un futuro alle generazioni successive.
Franco
Carissimo Pasqualino, ti sono grato per il pensiero che esprimi. Giustamente tu parli di "consapevolezza nel convivere", e giustamente parli di etica e di amore, ma ti assicuro che, nel mio caso, tutto ciò prescinde da considerazioni "socio-religiose", verso le quali nutro tuttavia grande rispetto. Io uso molto spesso la metafora edenica per alludere allo stato archetipico dell'uomo, alla sua condizione di equilibrio originario, al suo orizzonte di perenne e di feconda crisi.
Franco
Commentare quello che dice Franco con tanta semplicità, convinzione e sicurezza significa riconoscere la validità del suo pensiero filosofico, che certo non da oggi, non per questa tragica occasione, si propone come attuale, necessario. Perciò non lo faccio, l’ho fatto da tempo e in altri tempi…, ma ad un blog che è principalmente di poesia, o almeno aspira ad esserlo, anche approfittando della generosità senza limiti di Nazario P., lui sì POETA, che accoglie e accoglie…., vorrei suggerire due richiami poetici alti, degni di meditazione, in modo che lo sconcerto, la solitudine, la paura, il lamento, la facile deprecazione diventino davvero pensiero meditante per il prossimo futuro con il quale dovremo dare i conti smisurati. La natura che ci costringe oggi pensare e tremare e ci pone il problema di essere noi stessi natura: M. Gualtieri ci ricorda la nostra insipienza, W.Whtmann, il grande americano, riflette sul nostro essere Natura, M. Recalcati sulla solitudine e sulla libertà e sul concetto laico di fratellanza:
RispondiEliminaQuesto ti voglio dire
ci dovevamo fermare.
Lo sapevamo. Lo sentivamo tutti
ch’era troppo furioso
il nostro fare. Stare dentro le cose.
Agitare ogni ora – farla fruttare.
Tutti fuori di noi.
Ci dovevamo fermare
e non ci riuscivamo.
Andava fatto insieme….( Mariangela Gualtieri)
*
Noi due, quanto a lungo fummo ingannati,
ora metamorfosati fuggiamo veloci come fa la Natura,
noi siamo Natura, a lungo siamo mancati, ma ora torniamo,
diventiamo piante, tronchi, fogliame, radici, corteccia,
siamo incassati nel terreno, siamo rocce,
siamo querce, cresciamo fianco a fianco nelle radure,
….siamo due nuvole che mattina e pomeriggio avanzano in alto,
siamo mari che si mescolano, siamo due di quelle felici
onde che rotolano una sull’altra e si spruzzano l’un l’altra,
siamo ciò che l’atmosfera è, trasparente, ricettiva, pervia, impervia,
siamo neve, pioggia, freddo, buio, siamo ogni prodotto, ogni influenza del globo,
abbiamo ruotato e ruotato sinchè siamo arrivati di nuovo a casa, noi due
abbiamo abrogato tutto fuorché la libertà, tutto fuorché la gioia.
(W.Whitman, Foglie d’erba, Noi due, quanto a lungo fummo ingannati)
*
“Se c’è dell’oro in questa tremendissima lezione del Coronavirus è qui che dobbiamo trovarlo: è l’errore di lettura di tutti coloro che interpretano questo stato di eccezione come la fatale e traumatica riduzione della nostra libertà. È più grande di così la tremendissima lezione di questo virus. Essa si condensa nel paradosso profondo che stiamo vivendo: costretti al distanziamento sociale, alla reclusione forzata nelle nostre case, facciamo un’esperienza assolutamente nuova e radicalissima della libertà. Non la libertà come liberazione, ma la libertà come connessione. In questa costrizione non dobbiamo vedere un attentato alla nostra libertà, ma la cifra più propria della libertà umana in quanto tale che trova solo nella fratellanza con lo sconosciuto la sua cifra più alta…. Non è quella che sperimentiamo oggi una forma radicale di fratellanza se, come io penso, la fratellanza non è mai un fatto di sangue o di stirpe, ma è il sentimento profondamente umano dell’essere sempre in relazione all’Altro, al fratello sconosciuto, se essa indica il carattere inaggirabile della relazione con l’Altro? Questo virus ci insegna infatti l’insopprimibilità della relazione proprio in quanto ce ne priva; ci insegna la solidarietà isolandoci, mostrandoci che nessuno può salvarsi da solo. Per questa ragione profonda i social, al tempo dell’isolamento forzato, ritrovano il loro giusto senso. Se il suo uso perverso consisteva nel porre la connessione perpetua come una forma patologica di sconnessione dal corpo dell’Altro, ora, nel tempo della privazione del contatto, la connessione torna ad essere una forma possibile di relazione”.( Una comunità di solitudini, Massimo Recalcati)
RICEVO E PUBBLICO
RispondiEliminaQuesto vivacissimo contributo di Maria Grazia, teso ad ampliare le valenze del pensiero qui espresso in un ambito più squisitamente poetico che filosofico (come è giusto che sia in un blog frequentato da talentuosi poeti sotto la guida dell'esimio Nazario Pardini), mi rende sommamente felice. I brani citati (di Gualtieri, di Withman, di Recalcati) non fanno che mostrare come i poeti e la poesia si attengano in realtà, da sempre, ad un pensiero molto più cosmocentrico - fatto di stupori per il mistero - che antropocentrico, necessariamente ripiegato sull'uomo e pertanto autoreferenziale. Le filosofie, attraverso le varie estetiche, hanno sempre tentato di asservire l'arte alle proprie teorie, ma in realtà l'arte è essa stessa una filosofia, o meglio una particolare visione del mondo, del tutto alternativa.
Franco Campegiani
Leggo solo ora il prezioso intervento di Franco e, sebbene lo condivida in toto, credo che occorra aggiungere una riflessione: questa pausa nel nostro sistema portera' un nuovo ordine mondiale forse piu' cattivo di prima. Si sgretoleranno le unioni a vantaggio di chi approfittera' di questi tentennamenti. Temo, purtroppo, che non trarremo apprendimenti. La lezione, lo schiaffo della natura servira' solo a dar vita a un nuovo ordine mondiale in cui le democrazie saranno delle perdite di tempo. Per quanto riguarda l'uomo, non ne uscira' indenne: si prepara una crisi senza precedenti, una crisi che durera' almeno un paio di anni e, se non si avranno nervi saldi, portera' sconvolgimenti sociali, fame, disordini e giustifichera' la perdita di molte liberta'. L'uomo del dopo corona sara' piu' saggio? No, l'uomo ha nel suo DNA il peccato originale, e quello e' un misto di superbia, arroganza e presunzione...
RispondiEliminaClaudio Fiorentini
RICEVO E PUBBLICO:
RispondiEliminaApprofitto di questo nuovo intervento per correggere innanzitutto una svista imperdonabile, laddove, nell'incipit del mio articolo, ho detto che il coronavirus è un essere vivente. Non lo è. Da un punto di vista scientifico un virus è una semplice molecola proteica e non un essere vivente. Quindi tanto meno intelligente. Pensate un po', allora: farci dare scacco matto, noi umani, i più intelligenti tra tutti gli esseri del creato, da una molecola che non vive e che non ha alcuna intelligenza! Caro Claudio, la descrizione che fai dell'essere umano è convincente a metà, giacché, come sopra ho detto, se è vero che esiste il libero arbitrio (ossia la facoltà, per l'uomo, di andare contro natura), esiste anche il libero arbitrio di non approfittare del libero arbitrio. Se ciò non accade (e sta a noi, soltanto a noi, farlo o non farlo accadere), non avremo altra strada che quella dell'autodistruzione, da te magistralmente descritta, vanificando tutto, ma proprio tutto, a iniziare da questa nostra (a quel punto sciocca) discussione. Trarre profitto, o non trarlo, dalle lezioni che ci giungono dalla natura - mentre non dovremmo averne bisogno alcuno - è una nostra libera scelta. Il DNA non c'entra, è solo un escamotage per giustificare la nostra pigrizia. Io penso che dovremmo impegnarci per lasciare ai nostri figli un mondo in cui poter vivere, non un mondo in cui dover morire. Bada che non sto parlando di un mondo migliore.
Franco
Caro Claudio, anch'io condivido le tue opinioni - e Franco conosce il mio scetticismo nei riguardi di un miglioramento, in quanto a saggezza, dell'uomo -.
RispondiEliminaRitengo, tuttavia, di dissentire su un punto, non marginale, della tua analisi: tu sostieni testualmente: " L'uomo del dopo corona sara' piu' saggio? No, l'uomo ha nel suo DNA il peccato originale, e quello e' un misto di superbia, arroganza e presunzione...". Bene, assodato della saggezza dell'uomo, quelle che non condivido sono le cause che tu adduci. Mi spiego: nel DNA umano - come in quello di tutte le creature terrestri (mi spingerei a dire persino le "inanimate" come le consideriamo) - ci sono soltanto le coordinate "divine" (n.b. le virgolette) ma nessun peccato originale. La superbia, l'arroganza, la presunzione non fanno parte del nostro patrimonio genetico. In altre parole: i frutti dell'albero del bene e del male ci furono, ci sono e ci saranno sempre ed il problema non è raccoglierli ma distinguerli. In altre parole ancora: se uno ha fame mangia tutto quello che trova pur di non morire e un Dio (comunque lo si voglia intendere) non potrà mai condannarlo per questo.
Grazie: il confronto è sempre costruttivo; molto di più che il silenzio.
Sandro Angelucci