M. Luisa Daniele Toffanin. Pionieri a San Domenico. Valentina Editrice. 2019
Pensieri a San Domenico,
questo il titolo della nuova plaquette data alle stampe per i caratteri di Valentina
Editrice; il sottotitolo: Ricordi dei
primi tempi di vita/nel quartiere in Selvazzano, dal 1974. Maria Luisa
Daniele Toffanin racconta e si racconta, riportando a galla fatti di un tempo
trascorso nel quartiere degli anni della prima gioventù. E tutto scorre liscio
come l’olio, tutto si fa euritmico e fluente, come è nelle corde della scrittrice. Non si può dire di certo
che la Toffanin faccia parte della schiera degli innovatori di positura
prosastica, che pretende di fare una poesia impersonale, avulsa da ogni
riferimento autobiografico, partecipativo; per lei la poesia significa
confessione, armonia, biografia, sentimento, memoriale, e natura; qui tutto è
armonico e scorrevole. La vera sua poetica è quella della spontaneità, e della
generosità espositiva. L’elegia, la
vita, il sole, la luce, le colline, le pianure, il mare, costituiscono il cavallo di battaglia della Nostra, dacché sente viva la
necessità di dare consistenza al suo pathos tramite il linguaggio di Pan. Un
poemetto che tende a reificare quegli abbrivi emotivi covati nell’animo da
tempo. Ed ora sembra giunta la fase della rielaborazione, del répêchage, di
dare ordine a tutti quegli stati emozionali che col tempo si sono stratificati,
esplodendo. A questo punto credo sia importante riportare un lacerto di quarta
a firma di Mario Richter per dare maggior rilevanza alla sua vena
epigrammatica: “La vera poetica dell’autrice si caratterizza per la spontaneità
e per la schietta e domestica generosità nei riferimenti personali, sempre
illuminati da una aperta visione di Grazia. Tra abbandoni elegiaci e accorati
rimpianti, la circoscritta vita di un quartiere
diviene occasione per un susseguirsi di rimembranze che delineano la
sempre complessa verità umana”. Così inizia la scrittrice, inserendo da subito
la sua memoria emotiva nel canto: “Buon compleanno mia dimora/nove lustri fa,
ricordi?,/ nel delirio del vento piovoso/ fosti nostra per sempre…”. La storia
continua con passo cadenzato, e con animo preso dai ricordi, fino alla
conclusione di rara bellezza lirica:
“Questo andare al ritmo del Creato/ era per noi dono-rinnovo di vita/ nuova
minuta risurrezione,/era sconfinare il nostro tempo dell’attesa/ in distese di
turgide vigne/ promessa-meraviglia di grappoli d’oro./ / Era il sacro che
perdurava/archetipo-radice del nostro vivere/ ai primordi nel mitico quartiere/
spazio d’umana formazione”.
Nazario Pardini
Nazario Pardini
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