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giovedì 16 aprile 2020

M. GRAZIA FERRARIS: "LUIS SEPULVEDA"

M. GRAZIA FERRARIS SU: "LUIS SEPULVEDA"

L'ARTICOLO ERA  GIA' STATO PUBBLICATO SU LEUCADE:
Blog: Alla volta di Leucade
Post: M. GRAZIA FERRARIS SU: "LUIS SEPULVEDA"
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Luis Sepulveda

LUIS SEPULVEDAPremio alla carriera.

A cura di Maria Grazia Ferraris
collaboratrice di Lèucade 

Il  prestigioso premio Chiara varesino alla carriera quest’anno-2014-  verrà consegnato allo scrittore  cileno  Luis Sepulveda.
Nato in Cile nel 1949 vive, dopo il colpo di stato cileno  e le torture subite durante la dittatura di Pinochet, preferibilmente in Spagna, nelle Asturie, luogo che  per il paesaggio  e per la lingua parlata  gli ricorda la terra natale, dopo aver abitato in più luoghi: ad Amburgo e a Parigi…
Una vita difficile, segnata dalla storia:
“Non ho mai permesso che quell’esperienza (il carcere, la tortura) mi annichilisse quando la vivevo, e non ho consentito che lo facesse dopo, trasformandosi in un tema obbligato dei miei libri.
 Non credo alla letteratura come psicoanalisi, come psicoterapia, anche se, devo confessarlo, quando uscii dal carcere avevo un sacco di problemi, ero attorniato da fantasmi, non riuscivo a dormire ... La scrittura aiuta  ad accettare e spiegare a noi stessi le situazioni dolorose che abbiamo vissuto, quelle che ci costa fatica rivivere. Quando penso a ciò che avevo provato in carcere, non mi veniva in mente solo il dolore fisico, ma anche e soprattutto le umiliazioni subite, il tentativo di farmi perdere la dignità di essere umano. Mi rivedo avvilito, abbrutito, sporco dei miei escrementi perché non controllavo più il corpo…  forse potrei scrivere un’enciclopedia del dolore, dei suoi diversi stadi, fino a quando si raggiunge quel paradiso che è la perdita dei sensi, l’unica cosa che davvero si desidera…. Mi sembrava che non esistessero parole in grado di esprimere quelle sensazioni.  Più che in qualche opera letteraria, ho ritrovato qualcosa di simile a ciò che avevo provato in un quadro, nell’urlo di Munch. Era tutto là, altro era impossibile aggiungere.
Poi quando mi sono costretto a parlarne, perché era un tema ineludibile, mi è venuto in mente che l’unica maniera di farlo era adottando uno stile fondato su una grande brevità, nettezza e concisione.”  
Sepulveda  ha viaggiato in tutto il mondo, anche a seguito di Green Peace, meritandosi la facile nomea di ambientalista.
 Autore di romanzi di impegno ecologista, cantore appassionato della natura e dell'umanità del "mondo alla fine del mondo", non ha smesso l'impegno attivo in prima persona e ha raggiunto la notorietà internazionale con Il vecchio che leggeva romanzi d'amore (1989).  Sono seguiti: Il mondo alla fine del mondo (1992), Un nome da torero (1993), Patagonia express (1995), Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, un libro per ragazzi, nel 1996, Diario di un killer sentimentaleLe rose di Atacama, 2000, Gli amori che ho vissuto, 2004,……
L. Sepulveda , il cui nome è legato soprattutto alla Patagonia, nei suoi libri ha raccontato anche l'anima rarefatta e spaziosa dell'altro Cile, 
altrettanto remoto, ma meno conosciuto: il Norte Grande degli altipiani, del deserto e dei minatori, dai ricordi cileni- rievocati in particolare in Patagonia expressLe rose di AtacamaIl mondo alla fine del mondo,  al grande tema d’amore che lo caratterizza : Storia di una gabbianella – Il vecchio che  leggeva romanzi d’amore-  e Gli amori che ho vissuto.
Di sé dice: “Mi si identifica per stereotipi… per esempio come una specie di avventuriero, ambientalista, guerrigliero, scrittore sovversivo…”  e ricorda:
“ Io non sono Indiana Jones, non ho una visione letteraria o romantica dell’avventura.
Del resto, non era scritto da nessuna parte che il finale dei casini nei quali mi sono infilato sarebbe stato un happy end. Quando ho fatto determinate scelte, non credevo che mi aspettasse la gloria, la ricchezza o il Sacro Graal... Spesso si viaggia per confermare una propria ipotesi sul mondo, ma in realtà quello che si cerca davvero è confermare la propria appartenenza alla specie umana, perché l’incontro con la differenza ti fa scoprire meglio il tuo Io. Lo vedi specchiato nell’Altro che vive in una maniera diversa dalla tua, spesso opposta alla tua, e allora scopri le infinite possibilità del tuo stesso essere, le mille forme che può assumere.
Del resto il viaggio ha parecchi punti in contatti con la letteratura: è, come diceva Michel Leiris, una maniera di negare il tempo attraverso lo spazio, un modo simbolico di cessare di invecchiare. La letteratura è un viaggio, o meglio, un transito, in cui lo scrittore e il lettore si liberano del proprio tempo e della propria identità e si lasciano trasportare da ciò che appare intorno a loro.”
Una sua affermazione mi ha colpita e fatto riflettere: è un implicito ritratto morale dell’Autore:
“Più che Napoleone, mi interessa il soldato che si prendeva cura del suo cavallo, il calzolaio che riparava gli stivali di Bolivar".  L' ha detto o scritto da qualche parte della sua vasta produzione già molto tempo fa. Nessuna meraviglia, dunque, se un suo libro, Le rose di Atacama raccoglie scampoli di vite che altrimenti sarebbero destinate all'anonimato.
 Un ignoto "ospite" del campo di concentramento di Bergen Belsen incise con un chiodo su una pietra, a pochi passi dai forni crematori: "Io sono stato qui e nessuno racconterà la mia storia", lo scrittore cileno, consapevole di questo limite,  riscatta storie e nomi di eroi misconosciuti e quotidiani perché "narrare è resistere", e bisogna "aggrapparsi alla parola come unico scongiuro contro l' oblio”…. Si tratti di racconti brevi, di ricordi autobiografici elaborati a partire da personaggi e situazioni che ha conosciuto o vissuto, o di paesaggi e incontri avvenuti durante i suoi viaggi ai quattro angoli della terra: letteratura e verità, testimonianza e riflessione che confondono i loro confini.
“ Ho ripetuto più volte che la letteratura è la più dolce delle menzogne”, riflette.
“In un mio libro, ho parlato del famoso concorso di bugie che si svolge in Patagonia: uno dei personaggi del racconto dice chiaramente che in Patagonia non confondono la menzogna con l’inganno. La menzogna letteraria è una specie di vendetta contro la menzogna ufficiale: quella sì che è un inganno. Diciamo che la letteratura propone una bugia innocente per rispondere alla grande truffa dell’interpretazione della verità che ci offre il potere”
La letteratura si basa sulla finzione, sulla menzogna.
È un mondo che non esiste, fatto di personaggi inventati perfino quando si riferiscono a persone reali. Eppure è una menzogna che arricchisce, che apre grandi varchi di verità…un grande spazio li libertà e immaginazione, in cui si è sciolti da ogni vincolo pseudo-morale e da ogni convenzione, liberi di galoppare in praterie che non esistono….
Dai tempi dei tempi la letteratura è sempre stata sovversiva. Perfino le saghe islandesi di cui parlava Borges erano sovversive, perché raccontavano di popoli isolati che  intuiscono l’esistenza di altri dei, di altri uomini, di altri mari. Un atto sovversivo rispetto alle limitazioni e alle convenzioni di un popolo e di un’epoca.
“ …La letteratura è sempre sovversiva, perché mette in discussione la realtà così com’è. I rapporti umani, la realtà sociale, politica, il potere”.
Sepulveda lotta contro la  retorica o la propaganda, camminando sul crinale di una scrittura appassionata ma insieme controllatissima, che restituisca globalmente tragedie, paradossi e ironie delle vite messe sulla pagina.
Vite di perdenti, riscattate da un' umana, umanissima dignità.  Ricorda anche con stupore ed ammirazione le meraviglie del mondo, le rose del deserto, le rose di Atacama, che fioriscono una volta l' anno e dopo poche ore vengono calcinate dal sole,  o il cane Fernando, che viveva nella città argentina di Resistencia, assistendo ai matrimoni, ai funerali e soprattutto ai concerti, dove esercitava, abbaiando e latrando contro le stonature, il mestiere di critico musicale.
Oppure sono vite esemplari ed emblematiche , come quelle della sua compagna, la poetessa Carmen Yanez, e della giornalista Marcia Scantlebury, che non si conobbero "né in un parco né a un ballo, ma nelle segrete di una sinistra costruzione detta Villa Grimaldi", nelle stanze di tortura dei militari cileni, e si ritrovarono come per miracolo venticinque anni dopo a Venezia.
Sepulveda  ama  i paesaggi: come l’isola di Lussinpiccolo, di fronte alla ex Yugoslavia, che ha smesso di essere un paradiso "quando la bestialità del nazionalismo serbo e la bestialità del nazionalismo croato si è vestita da ustascia"; oppure si immerge in panorami per noi esotici, la gelida terra dei Lapponi, o la selva amazzonica di Manu, che l' autore descrive affascinato dalle tartarughe che, "immobili sopra i tronchi semisommersi, invitano all' oziosa contemplazione delle ventimila specie di farfalle", delle arpie e delle nutrie giganti, delle scimmie brontolone, delle duecento specie di alberi e della Venere notturna, "un' orchidea di un intenso colore viola, piccola come un bottone di camicia, che apre i petali alle prime luci dell' alba e muore dopo pochi minuti perché la minuscola eternità della sua bellezza non resiste alla luce di Manu, che muta incessante secondo gli umori del cielo, dell' acqua e del vento"..
 Il tributo che Sepulveda dedica a Papà Hemingway dice molto sulla natura del suo lavoro creativo e del suo stile, diretto e insieme delicato, capace di emozionare perfino quando racconta la malattia e la morte di Zorba, 
un gatto in carne e ossa che Sepulveda aveva trasformato nel protagonista de La gabbianella, in una lezione di vita: "Amare significa non soltanto fare la felicità dell' essere amato, ma anche evitargli le sofferenze e salvaguardare la sua dignità". Anche se la nostra storia resterà una storia marginale, anche se il nostro nome è destinato a rimanere per sempre nell' ombra.
E  poi notevole la riflessione sulla scrittura, naturalmente un po’ ironica:
“Ho un rapporto personale con le Moleskine e quando una lettrice o un lettore complice- per questo scrivo, per complicità- me ne dà uno, vergine e ancora avvolto nel cellophane, gliene sono grato. Ma prima o poi arrivo sempre alla fine dei fogli, divenuti oramai pagine, e quando le rileggo in una breve cerimonia d’addio prima di inaugurarne una nuova, guardo quanto ho scritto e, di solito, scopro che non ho perso la capacità di stupirmi.
 Rileggerle è riavvolgere la vita e vederla scorrere fugace, fotogramma per fotogramma…come scrive Van Gogh al fratello Theo, “I mulini non ci sono più, ma il vento è sempre lo stesso.”


Maria Grazia Ferraris

5 commenti:

  1. Ringrazio Nazario P. di aver postato il mio articolo su Sepulveda, scritto tanto tempo fa, in occasione del premio Chiara alla carriera, che S. venne personalmente a ritirare a Varese.

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  2. Maria Grazia carissima, sento il dovere di ringraziarti per l'eccellente tributo a Luis Sepulveda, che è morto prematuramente colpito dal Corona virus. Hai avuto il piacere e l'onore di conoscerlo e premiarlo e il tuo ricordo commuove a dir poco... Ti stringo sempre più ammirata e addolorata per questa grande perdita.

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  3. Grazie Maria, ritrovo la tua presenza, il tuo grande cuore e il tuo entusiasmo che fa amare la vita sulle pagine di Léucade. Non astenerti dai tuoi partecipi commenti!

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  4. In questa pagina di notevole spessore critico, Maria Grazia Ferraris analizza la poetica di Sepulveda, il notissimo scrittore cileno scomparso in questi giorni, offrendo un ventaglio di spunti particolarmente interessanti, da quello ecologista a quello introspettivo, tutti convergenti in un'idea "sovversiva" e "menzognera" della letteratura, tesa a raccontare come fosse reale l'utopia di un mondo sognato e irreale. "Una menzogna che arricchisce, che apre grandi varchi di verità... un grande spazio di libertà e immaginazione... un atto sovversivo rispetto alle limitazioni e alle convenzioni di un popolo e di un'epoca". In un suo libro, il noto scrittore ha parlato del famoso concorso di bugie che si svolge in Patagonia: "uno dei personaggi del racconto dice chiaramente che in Patagonia non confondono la menzogna con l’inganno. La menzogna letteraria è una specie di vendetta contro la menzogna ufficiale: quella sì che è un inganno". Condivido in toto questo assunto. Hipokrités è il termine con cui i greci indicavano l’attore, il teatrante, l’istrione, termine che non aveva in origine il senso patologico del travisamento radicale, dell’ipocrisia assoluta, bensì quello del far emergere per contrasto, dalla falsificazione, la verità. Grande saggezza, dunque. E non è forse questo il significato del detto popolare, secondo cui Pulcinella, ridendo scherzando, dice la verità?
    Franco Campegiani

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  5. Errata corrige: ... raccontare come "sia" reale l'utopia...
    Franco Campegiani

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