Maria Rizzi, collaboratrice di Lèucade |
NEL
FRATTEMPO VIVIAMO
“E il vano di un inganno defluire
meno
selvaggio,
meno
prigioniero
fa
apparire
un
soggiorno da straniero”
Il
senso della poesia intesa come anima mundi è presente dall’inizio ed è legata
innanzitutto al canto della Natura, sempre madre - benigna. Il riferimento
dell’ottimo prefatore, Enzo Concardi a Cesare
Pavese si rivela quanto mai calzante, nella ‘geometria del sentire’, visto che anche nell’Artista
piemontese venivano toccati vertici
lirici con la mediazione del paesaggio, trepido contrappunto al sentimento.
“Hanno in memoria i muri
le
ultime figure
e
affidavano all’oblio i sentimenti”
La
casa, topos di memorie, diviene una sorta di incrostazione - mi si perdoni il
termine -, delle immagini ricorrenti in tante poesie di Pardini.
Notevole
nella Raccolta l’impegno civile del Poeta, che dimostra, come ha detto
qualcuno, che ‘la vera rivoluzione può essere solo poetica’.
Ne è
palese esempio la lirica che dà il titolo alla Silloge, anch’essa breve, che
coniuga i riferimenti al dittatore rivoluzionario cambogiano, noto con il
soprannome di Pol Pot, il dramma dei gommoni albanesi persi nel Mediterraneo,
il sangue delle guerre che si moltiplicano, con un giorno d’estate fiero e
profuso di luce.
I
versi presenti in questo testo del nostro Poeta sembrano voler essere un album
di stati d’animo, un modo per dar sfogo, con misura, al lato irriverente del
suo carattere, di far affiorare il pagato disinganno, l’aspetto scanzonato
dell’uomo che ben conosce l’avventura della vita. Il testo non si può, altresì,
definire una vacanza dai sentimenti forti o una ricreazione con mezzetinte dei
toni poetici. E non si tratta assolutamente di bilancio, ma di una moderna,
originale incarnazione del suo porgersi.
La
visione cupa, dolente dell’esistenza, si alterna alla rivelazione ed
esaltazione inesausta dell’Amore, all’assetto antropocentrico dell’universo,
della
essenziale sanità del tempo che ci è dato in dote.
Basta
citare i seguenti versi:
“Ma pur sempre
l’unico mezzo,
il
solo possibile mezzo
di restare più a lungo
a respirare la vita”.
per
prendere atto, che pur nell’apparente antitesi, l’Autore avverte la necessità
di tessere una sintesi, di non rinnegare il Poeta e l’uomo costruttivo. L’età
matura acutizza ogni aspetto della sua eclettica personalità, gli consente di
avvertire presagi, di farsi profeta del proprio
e dei
nostri passaggi terreni.
Ed è
magistrale, a fronte delle stagioni vissute, la giovinezza del cuore, che
mi ha
indotta a pensare a “La canzone dei vecchi amanti” di Jacque Brel, che recita
‘ce n’è voluto di talento per invecchiare senza diventare adulti’.
Nella
Silloge si alternano liriche e aforismi. Questi ultimi sono presenti nella
seconda parte del testo, intitolata “Dal serio al faceto – Dal sacro al
profano”. L’irriverenza diviene lo scandaglio per sondare gli abissi della
vita,
“L’amore si comporta come un mulo,
se
gli dai un po’ di biada e l’accarezzi
a
volte è buono farti anche dei vezzi,
ma solo con dei cardi resta mulo”
Si
tratta di una sorta di egloghe facete, che tramandano il valore della
tradizione e il rispetto del metro classico. Questi aforismi e queste liriche
rappresentano l’abito perfetto di un’Artista toscano, e favoriscono la
smontatura dell’orgoglio umano, le riflessioni sulla vanità della vita intrise
di ironia, a tratti di malinconia e, per l’aspetto dicotomico che connota
l’intera Raccolta, l’apertura all’Amore.
Mi
piace concludere proprio con i versi onirico –fiabeschi dell’ultima poesia
della Raccolta. L’anima del nostro Professore è persa nel Sogno, nell’intenzione
di coltivarlo, nell’infanzia mai perduta, nel recupero di ciò che si è vissuto
e che nessun evento potrà mai cancellare:
“Se spade blu
riflettono tostati,
se
popolano strade,
riverberi sui vetri,
o
presto sera,
fuochi di fiabe” – “Fiabe al camino”.
Maria
Rizzi
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