Marco Lando
IL VOLO DELLE RONDINI
Recensione di Rossella Cerniglia
Devo ammettere che le non numerose poesie - facenti parte
de Il
canto della luna (2019) - che avevo avuto modo di esaminare in
precedenza, non potevano che darmi una visione parziale, di un solo aspetto
della personalità poetica del nostro autore. Una sola faccia del prisma,
dunque, che non permetteva la prensione dell’interezza sostanziale della poesia
di Marco Lando.
In questo suo nuovo testo, Il volo delle rondini (2020) mi trovo di fronte,
invece, a tematiche e sviluppi poetici più articolati e profondi che non in
quella parte di Il canto della luna, dedicato,
prevalentemente, alla memoria degli affetti familiari.
Il titolo, intanto, il cui senso trova riscontro in alcuni
elementi del testo, mi pare richiamare una rinnovata visione della realtà che
si apre a voli gioiosi, a sconfinamenti in una natura che è pienezza di vita,
in tutte le sue manifestazioni. Il volo delle rondini magnificamente
rappresenta questa ebbrezza, ne diviene il simbolo. I campi semantici che
prevalgono in questi ariosi e luminosi scorci paesaggistici sono appunto quelli
che afferiscono ad estensioni ampie, alla mobilità dell’aria e al perpetuo
rinnovarsi gioioso della vita: “La vita è cara e semplice/ come la docile luna/
e splende e corre/ chiamandoci a sentire/ l’aria il mattino il sole” (La vita).
I paesaggi approdati hanno un cuore e un’anima estatica, in
cui sembra rivivere “il fanciullino” di pascoliana memoria, tale è lo stupore
sospeso e l’inesprimibile gioia per l’avventura che è, in se stessa, la vita:
“...le rondini torneranno/ veloci e attente, rare e dolci (...). È già ciò che
vive nel cuore di chi,/ un poco bimbo, sorriderà al freddo/ attendendo la
primavera colma d’amore” (Rondini).
Vengono così ad emergere delle similarità basilari, che
fanno confluire in uno, il tessuto dell’opera. Certi termini rimangono
intimamente connessi, come ad esempio “rondini-primavera-vita-amore” al punto
da divenire sinonimi, e dunque scambievoli, nella significazione dell’universo
di parole che costituisce il testo. Convergono, amplificando e rinforzando, in
se stesse, un significato che si carica del significato di altre convergenti
parole. E l’insieme viene a costituire un amalgama di sensi che, a vicenda, si
potenziano.
I ricordi sono sempre vivi, quello accorato della madre,
che ora si distende in una pacificazione dell’anima, sgorgata da un intimo
impreveduto colloquio, tanto accorato da essere preghiera: “Ci siamo cercati/
letti nel pensiero/ consolati e accettati” (Madre).
Un canto, quello per la madre morta, che vorrebbe annullare
distanze e barriere che li separarono in vita. Vi è nei versi una tensione che
è come l’attesa di una luce che rischiari il passato, i percorsi fatali
di esistenza, di emozioni ed affetti non del tutto chiariti. Vedasi testi come Arcobaleno:
“È sorta l’alba (…) Ha fatto luce sull’anima/ m’ha portato a vegliare/
mostrandomi le cose/ chiarendo il mondo/ ed i ricordi passati. (…) o anche Silenzio ed
esistenza, che mi pare rivestire un valore esemplare:
“Compresi senza muovermi,/ tacendo un silenzio dentro di me,/ le parole che
potevo vivere/ e quelle che potevo pronunciare./ Erano parole di terra e di
sguardi/ occhi che uscivano a cercare/ portandomi nel mondo/ ad essere/ il
cielo e la mia vita/ Silenzio immane/ per capire me stesso./ Soffrii. Mi
risposi: erano parole./ Dietro di esse, la volontà/ quella che scuote l’orizzonte/
facendo trovare l’esistenza”. Bei versi, assoluti, paradigmatici di un sentire
e di una ricerca costante di vita che si fa via di salvezza, catarsi,
comprensione suprema.
In Parole al mattino si esprime in una
efficacissima e felice sintesi tutta la consistenza del vivere: “...Abbiamo
bisogno di tante cose/ del pane, dei nostri sogni/ e del tempo...” e in Fuori si
getta uno sguardo al mondo interiore, modellato – ma in modo assolutamente
personale – sulla realtà nella quale siamo immersi, dove il dentro e il fuori
sono un reciproco specchio, un reciproco interferire.
Uno stupore perpetuo emana dalle meraviglie riposte,
inusitate che la vita ci offre. E sempre in un eterno ritorno che replica se
stesso in forme sempre nuove, che sono portentosa rinascita, e ci consegnano la
vita come avventura: “...Apro l’infinito/ ne faccio
parte;/ ringrazio le cose/ e tutto l’orizzonte.// Il cosmo, ancora adesso/ mi
guarda”.
Il dettato ha la purezza e la grazia della semplicità, e la
profondità di un ascolto devoto. E ogni cosa è reciprocità, in un Tutto.
Rossella Cerniglia
Marco Lando
IL VOLO DELLE RONDINI
Prefazione di Ester Monachino
Guido Miano Editore, 2020
mianoposta@gmail.com
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