Salvatore
Li Bassi. Beato Tommaso Maria Fusco. Il prete contro corrente
“Tommaso Maria Fusco nacque all’alba
del primo dicembre 1831 a Pagani, nella provincia salernitana. Le prime luci
avevano appena aperto un varco tra le nubi infreddolite e un lieve venticello,
scherzando con la brezza mattutina, si dondolava tra il melodioso canto degli
uccelli. Lo Spirito Santo subito adocchiò …”. Mi piace iniziare dall’incipit di questo brano per far
notare da subito la simbiotica fusione, quasi francescana, tra natura e
spirito; tra lembi panoramici e intendimenti psicologici nella agiografia di
questo autore. Una serie di brani che
mettono in evidenza questo aspetto di Tommaso Maria Fusco a mano a mano che ci
inoltriamo nella lettura del testo a
cura di Salvatore Li Bassi. E non è di sicuro improprio riportare una pericope
della prefazione di Enzo Concardi: “Beato Tommaso Maria Fusco. Il prete contro
corrente” - testo di Salvatore Li Bassi - è un’opera agiografica, riservata più
che altro agli addetti ai lavori, agli studiosi di storia della Chiesa o ai
fedeli che si interessano a problematiche di spiritualità. L’agiografia è
considerata un vero e proprio genere letterario consistente nella narrazione
delle vite dei santi e dei beati, quindi, in ultima analisi, la produzione di
biografie celebrative di queste figure protagoniste nelle comunità cristiane, per
l’impegno e la testimonianza dei valori evangelici in modo eccelso e radicale.
L’etimologia è chiara: deriva da ‘agiografo’, dal greco agiògraphos (agiòs,
santo e grapheys, scrittore). Ogni agiografia, per sua natura, è scritta con
intenti encomiastici ed educativi: la vita di un santo o di un Beato viene
esaltata affinché sia da esempio e modello di virtù….”. Modello di virtù. Cosa che ben risalta dalla lettura: “Tommasino
desiderava fortemente essere tutto di Dio e niente del mondo, perciò tentò di
entrare a far parte della Compagnia di Gesù a Napoli, col proposito di andare
in missione. I Gesuiti riconobbero in lui un ‘novizio esemplare’ per
obbedienza. Ma, a quanto si sa, il Superiore dei Gesuiti ‘per non sentire più i
clamori del fratello’ lo persuase a uscire dal Noviziato. E così Tommasino
dovette tornare a malincuore in famiglia. Provò un grande dolore, ma sperava
sempre nell’aiuto del Signore. E finalmente nel 1947, entrò nel Seminario della
Diocesi di Nocera Inferiore, dove trovò la serenità ed ebbe modo di conoscere
sempre meglio il Signore approfondendo la Sua Parola…”. Una predisposizione che
lo aveva incanalato fra i fedeli di Dio; fra i servitori del Signore. Proseguendo
è facile incontrare nello scritto successivo (La lampada ai suoi passi era la parola) questo aspetto della sua
vita. “Tommaso Maria Fusco era un profondo conoscitore della Parola di Dio, un
innamorato dello Spirito Santo, un maestro di vita. Egli era capace, come
pochi, di entrare nell’animo umano e di mettere a nudo i segreti più intimi, i
tormenti più nascosti. La semplicità, con cui predicava, coinvolgeva i fedeli e
li spingeva a leggere e a pregare la Parola di Dio. Era per tutti, piccoli e
grandi, un modello da seguire, una persona da amare….”. Requisiti
indispensabili per chi dona se stesso ad una missione sociale, umana,
spirituale: amore, bene, vita, semplicità, e parola; quella parola con cui si
può penetrare nello spirito del prossimo per captarlo e portarlo sulla via di
Dio. Questo faceva Tommaso, e a questo si era dedicato cuore e corpo nella sua
missione. Un vero maestro di vita; un vero esempio di coerenza: “…Il 2 dicembre 1855 il nostro
Beato fu ordinato sacerdote. Sentì, allora, forte la responsabilità di
rispondere alla chiamata di Dio con coerenza, con correttezza, con fedeltà e
completa dedizione alla predicazione del Vangelo. Era lo stesso giorno in cui
sei anni prima era stato ordinato sacerdote il fratello Raffaele. Ma c’è un
particolare che non deve essere trascurato, perché il Signore compie meraviglie
e dirige la storia degli uomini” (E’
stato un maestro di vita). Dal
momento che è il Signore a compiere meraviglie e a dirigere la storia degli
uomini, non è difficile trovare in Tommaso un padre, un amico, un fratello, una
via da seguire: “Molti trovarono in lui un padre, un amico, un fratello, una
via da seguire, un rifugio nel tempo della bufera. Egli non lasciava nessuno
fuori la porta, tutti accoglieva con l’amore di Gesù. La sua casa era aperta ai
poveri e a chiunque avesse bisogno di lui. Nessuno mandava indietro a mani
vuote: chi tornava col cuore pieno di gioia per una consolazione, chi per un
consiglio, chi per una parola, chi con qualcosa da portare a casa per le
proprie necessità…” (Per tutti era un
padre e un amico). I brani si succedono gli uni dietro gli altri con un
ritmo incalzante, con una narrazione che definire poetica non è azzardato e per la semplicità e per l’armonia paratattica, quasi
evangelica, adeguata ad un uomo equilibrato e perspicace: “Tommaso M. Fusco era
un uomo equilibrato, perspicace, intelligente, saggio, e perciò capace di dare
il consiglio giusto al momento giusto. Sapeva praticare in varie occasioni la
virtù del silenzio, ma non si tirava indietro nell’ascoltare i bisogni della
gente. La carità era una pianticella che ogni giorno coltivava nel cuore, per
dedicare con semplicità ed umiltà la propria vita agli sfiduciati, ai
sofferenti nello spirito e ai malati nel corpo. Era certamente un uomo di
preghiera, ma anche di azione. Riteneva che la preghiera senza l’opera fosse
monca, come pure l’opera senza la preghiera, perciò cercava sempre di mettere
insieme preghiera e azione. Ma in ogni circostanza interpellava il Signore, a
Lui chiedeva consigli e nulla faceva se non riceveva il Suo assenso. La Parola
di Gesù era la sua roccia, il Sangue la piscina nella quale spesso andava a
purificarsi. La Croce invece era il legno a cui si appoggiava tutte le volte
che aveva bisogno di un po’ di riposo…. (La
carità una pianticella del sangue di Gesù). Dedicare la propria vita agli sfiduciati ai sofferenti nello
spirito e ai malati nel corpo, era divenuto il suo compito; la sua dedizione
per la quale tutti lo amavano e tutti ricevevano del bene dalla sua missione. Non
per niente il libro porta il titolo di Beato
Tommaso Maria Fusco. Il prete contro corrente; un titolo che
riassume in sé il contenuto e al contempo fa da antiporta alle vicende della
narrazione. D’altronde quando si intraprende un ruolo di tale portata bisogna
anche essere pronti alle difficoltà che si
presentano, visualizzate, in questo caso, dall’autore con immagini di rara
portata simbolica:”… Come il marinaio non deve confidare nella bonaccia, quando
sta a lungo con la barca in mare, così l’uomo di Dio non deve lasciarsi
illudere dalla serenità del momento, quando ha cominciato a solcare le onde
dell’amore e della compassione. La tempesta per il marinaio può scatenarsi
all’improvviso, come pure per l’operaio di Dio la prova può giungere
inaspettata. Don Tommaso ha voluto servire il Signore con sincerità di cuore,
con spirito di sacrificio, convinto che ogni cosa va fatta perché trionfi il
Suo amore. Ha voluto osservare le leggi di Dio e soccorrere con ogni mezzo
quanti avevano fame e sete e non sapevano trovare un ricovero per ripararsi dal
freddo e un letto per dormire…” (Calunnia
e perdono). Dodici brani che mettono
in gioco la consistenza emotivo-spirituale di un uomo che decide di fare della
sua vita un piedistallo su cui far crescere bene, amore, virtù. Il tutto fino
alla chiusura del testo con l’ultimo brano dal titolo In una perla nascosta dove si mette in risalto l’azione del Beato
impegnato a portare la gioia dove c’era l’angoscia: “… Il nostro Beato è
ricordato per lo più come uomo di azione, impegnato a portare la gioia dove
c’era l’angoscia, la tristezza, l’inquietudine, la serenità dove c’era il
tormento, l’ordine dove c’era la confusione, a dare il pane agli affamati, a
visitare gli ammalati, a dare un tetto ai poveri e ai dimenticati. Ma egli è
stato anche un uomo che ha adorato e ha amato il Signore con tutte le sue
forze, facendo conoscere la verità di Cristo, con zelo, con entusiasmo e con
fede sincera. La sua forza è stata la preghiera, l’alimento del corpo e dello
spirito. Tutti sapevano a Pagani che era un uomo di preghiera e trascorreva
molto tempo ai piedi della Croce per chiedere al Signore di avere misericordia
per il mondo intero e, specialmente, per i peccatori….”. Un libro attualissimo,
pieno di humanitas, di buoni esempi, di amore per il prossimo, e di preghiera
che assume anche un valore laico in un mondo carente di spiritualità, dove
l’altruismo è cosa veramente rara.
Nazario Pardini
Questa pagina di esegesi a un'Opera agiografica, affrescata da Nazario con la consueta maestria, mi ha riportato all'infanzia, ai racconti della nonna materna, nata a Nocera, che citava spesso il Beato Tommaso Maria Fusco, di origine salernitana, che fu ammesso, dopo varie peripezie,nella Congregazione dei Missionari nocerini, e in seguito fondò due Opere di carità, una al maschile e una al femminile. Il nostro Nazario specifica che l'Autore del testo, Salvatore Li Bassi, sembra voler destinare l'Opera "più che altro agli addetti ai lavori, agli studiosi di storia della Chiesa o ai fedeli che si interessano a problematiche di spiritualità", ma leggendo i brani scelti dal caro recensore, il libro può interessare tutti coloro che scrivono, e in particolare i poeti, in quanto il lirismo è un tratto dominante della scrittura di quest'Autore, che non ho la fortuna di conoscere. Non occorre essere cristiani per restare affascinati dalla vita del Missionario e lo stesso Nazario lo precisa nella chiusa della sua lettura. Il sacerdote ebbe a cuore soprattutto i poveri, i malati, e dedicò l'intera vita all'impegno sociale. Bellissima la pagina... costruttiva, luminosa, calda di umanità. Ringrazio Nazario e il superbo Salvatore Li Bassi.
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