GABRIELLA VESCHI
“SALITA E SIMILI – 28 NOVEMBRE”
Recensione di Enzo Concardi
In
questa silloge l’anconetana Gabriella Veschi sussurra liriche che ci prendono
per mano onde condurci nel suo mondo, tra attaccamento alla sua città e al suo
mare, delicatezza di affetti domestici, paesaggi dipinti dolcemente, tracce
lievi di esistenzialismo onirico e reale, incursioni nella società
contemporanea, condizione sociale della donna, frammenti memoriali della
trascorsa vita nel mondo scolastico e affermazione della libertà come valore
assoluto, fino ad affermare: sono “prigioniera di me stessa ... ma la mia
Prigionia / è la mia / Libertà”. Il libro è suddiviso in due parti. La prima
parte, Salita e simili, contiene prevalentemente poesie ispirate e
dedicate ad Ancona, con accenti intimistici; la seconda, 28 novembre (riferimento
cronologico criptico, poiché non è svelato il legame con qualche accadimento),
apre invece maggiormente lo sguardo sulla realtà odierna, con valenze più
oggettive.
Come
Saba in Trieste (“Ho attraversata tutta la città. / Poi ho salito un’erta,
/ popolosa in principio, in là deserta, / chiusa da un muricciolo /…/ Intorno /
circola ad ogni cosa // un’aria strana / un’aria tormentosa / ...”) la poetessa
esprime un sentimento sincero, ma non privo di contraddizioni, per la città
natia, in cui non mancano quindi le tinte contrastanti degli ossimori e delle
sinestesie analogiche. Anche in Salita c’è un’erta sulla quale ella s’inerpica
curiosa di sapere dove porterà, ma resterà delusa: in cima non c’è che un
piccolo vicolo, il Vicolo della Storta. L’amara sorpresa potrebbe essere
metafora di tutte le attese deluse della vita, tanto più cocenti quanto più era
stato grande l’investimento affettivo e il nome del vicolo potrebbe racchiudere
una sottile quanto beffarda ironia. Colle Guasco è invece una
contemplazione lineare ed armoniosa della città marchigiana, dove il paesaggio
è interpretato come collage impreziosito soprattutto dai rioni antichi:
“Bella la mia città, / quando il Duomo / da lontano / appare / e il mare l’inonda
/ d’azzurro”. Piazza Cavour e Nella baia di Portonovo paiono
possedere una struttura simile all’idillio leopardiano, in cui dopo il canto
paesistico subentra la riflessione esistenziale, qui alquanto breve ma intensa
e diretta: una “strana solitudine” aleggia in quella piazza pur assolata, ma
dove s’invera un “lento cammino senza più ritorno”, e le barche a vela in
quella baia scompaiono come soggetti “in bilico tra la vita e la morte”. Sono
evidenti i richiami al senso del destino umano, tratteggiato tuttavia con
immagini fugaci e rarefatte, quasi come ad avvolgere la realtà di ombre e nebbie
che offuscano la ricerca della verità. Ancona è anche la città dove la terra
può tremare, ed ecco allora Esorcismo, lirica che esprime le angosce
dell’autrice nel descrivere una notte passata in compagnia del terremoto.
“Occhi di ardesia, / guance di seta rosa, /
bocche di rugiada, / volti d’oro scolpito, / voci argentee, / i doni più
preziosi / che la vita / mi ha dato” (Figli): ecco gli otto versi che
esemplificano alla perfezione la poesia dei sentimenti familiari di Gabriella
Veschi, ai quali vanno aggiunti i testi di Una ragazza speciale e di
Ciò che basta. Soavità paesaggistiche sono colte Al tramonto (fruscii
di vento, canne di bambù ondeggianti, orizzonte rosseggiante verso la soglia
della notte …) e in Giochi di luce (il cielo, l’orizzonte accolgono i
riverberi luminosi in arabeschi magici...). Se leggiamo invece poesie come Presagio,
Atarassia, In corsia, si riaffacciano i chiaroscuri, i contrasti, le
dicotomie di una realtà tutt’altro che armonica e serena: presagio della morte
su un volto di luce; pace e quiete nel sogno, ma al risveglio c’è un’assenza;
esperienza del dolore, uomini come numeri, soli, inutili e poi un’insolita
quiete. Il suo mosaico d’incastri crea intrecci tra l’io e il mondo, in una
continua altalena di dentro e fuori psicologici ed emozionali: ora i riflettori
s’accendono sul Ventunesimo secolo, abitato da un’insensata umanità in
cui non si riconosce; oltre la riflessione sosta su donne mussulmane, senza
diritti, senza libertà, nell’indifferenza di chi non capisce (Donne); oppure
la memoria prende il sopravvento se s’accendono bagliori sul suo passato d’insegnante
(La ballata del gessetto, Gita scolastica a Frasassi) e l’amore per il
suo mare, il mare Adriatico, le fa dire: “Sono una donna / infelice / senza di
te”; “Per gli altri sei / una grande pozzanghera /…/ Per me sei l’immensità”. L’estetica
s’avvale d’uno stile sobrio, senza ricercatezze di linguaggio, ma sa creare
atmosfere e ambientazioni accattivanti con la sintesi del verso e dei concetti.
Enzo
Concardi
Gabriella
Veschi. Salita e simili - 28
novembre. Casa Editrice Italic, 2020, € 8,00.
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