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venerdì 2 ottobre 2020

MARIA GRAZIA FERRARIS.: "NAZARIO PARDINI. IL TEMA ULTIMO"

Nazario Pardini.- Il tema ultimo

 


DIMaria Grazia Ferraris 
collaboratrice di Lèucade

Il percorso poetico di Nazario Pardini è di lunga data e di grande prove: la sua passione per la Poesia si perde nei tempi della fanciullezza e le prime sue composizioni poetiche risalgono agli anni  1952-53. Una vita di poesia. Pubblica regolarmente con respiro calmo e  passo da maratoneta, slanci lirici e riflessioni esistenziali. Ha creato il suo Eden favoloso, l’isola di Léucade, l’isola della poesia, di cui dice: “Un tempo misi come sottotitolo a Leucade: “Il viaggio tormentato di una memoria che dal ventre della terra cerca di proiettarsi in mondi di onirica bellezza”. I suoi primi volumi –1993….- Foglie di campo. Aghi di pino. Scaglie di mare, L’ultimo respiro dei gerani, Il fatto di esistere, Elegia per Lidia, Gli spazi ristretti del soggiorno, La cenere calda dei falò, Suoni di luci ed ombre,1998,… –indicano l’itinerario alla conquista di   una struttura classica, in cui il mito, fortemente umanizzato ed attualizzato, ha sempre giocato un ruolo determinante nel processo ispirativo. “Il mito come simbologia degli intrighi delle vicissitudini umane. Mito come ipostasi della vita. Anche se la ricerca di un equilibrio classico fra figurazioni significanti e abbrivi emotivi  è sempre stata nelle mie corde; magari su un tessuto più narratologico con impiego di endecasillabi spezzati a centro verso e inanellati da ripetuti enjambements a evitare il rischio di una lettura cantilenante a cui si va incontro con quel metro. I contenuti sono sempre stati più o meno gli stessi: meditazione, memoriale, panismo simbolico, input emotivo-esistenziali sui perché dell’essere e dell’esistere, coscienza della caducità del luogo e del tempo, immaginazione, azzardi iperbolici oltre il limen in cui siamo racchiusi, eros e thanatos, inquietudine e saudade, realismo lirico. Sì, il rapporto con la morte mi ha sempre coinvolto in maniera misterica e inquietante. Ma su tutto una grande simbiotica fusione con la natura, quella dei miei posti, quella che contiene tutte le mie primavere, vista come decantazione e concretizzazione dei miei stati d’animo. Sentimento, però, traslato in oggettivanti motivazioni. Penso che quest’ultimo sia il filo conduttore che determina, in qualche maniera, l’organicità delle mie opere con una evidente icastica presenza.”, dice rispondendo a un’intervista. E aggiunge: “Il sogno poi , perché è là che si rifugia il poeta per ovviare alle sottrazioni del quotidiano ….” significa trovare la serenità là da dove siamo partiti, che è forse il sistema migliore per calmare il disagio che incontriamo misurandoci con il tempo e la morte, se non si vuole impazzire. E là è il “giardino curato” di  HÖldernin.

N. Pardini ha amato e frequentato a lungo la classicità. Un esempio, la silloge “I simboli del mito”, del 2013 , di  impianto classico, nel quale e attraverso il quale, s’insinuano le immagini verbali e i tratti storico/simbolisti di una scrittura colta ed articolata. Il mito è inteso quasi come  una colloquiale accensione di stati d’animo, redatti in un’orchestrazione compositiva di particolare  ispirazione. Vi si riscontrano le figure mitiche rappresentative della classicità, come Giove, Dioniso, Apollo, Edipo, Saffo, Calipso, etc. con intensità espressiva da terzo millennio, senza falsificazioni, senza fastidiosi orpelli. La fedeltà ai Classici di Nazario Pardini è costante, ma si ripropone sempre in modo nuovo. La  comunione filiale e paterna ad esempio –Dedalo ed Icaro- si rinnova  nonostante il fluidificarsi annichilente delle ali di cera, così come l’incontro sognato padre e figlio, nel ricordo intenso, trepidante, tra terra e cielo, lavoro ed incontro festoso, emozione e quotidianità …del colloquio –sognato-  col padre naturale : una comunione cercata nel pudore, nel vegliare una nottata tra i sentori d’erbale umore estivo,… sul piano dei fulvi girasoli…:  “…Vorrei tanto/ rivedere con gli occhi di un terreno

i nostri monti simili a puledri/ rincorrersi tra i lecci ed i castagni

rutilanti ai tramonti. Vorrei tanto/ trascorrere con te un tempo, pur breve,

per le cose del giorno…” Nostalgia che fa vibrare il cuore di commozione, contenuta, virile.  Presenze e assenze come in un inquietante enigma esistenziale nella  memoria che si sfalda. Reale  più del un reale quotidiano che non arriva a tanta potenza.

Ho seguito e commentato via via nel tempo le sillogi poetiche che N. Pardini mi invia regolarmente con grande amicizia, ho ammirato la sua musa generosa che lo guarda alle spalle, osserva i suoi cambiamenti poetici  umorali ed esistenziali e non l’abbandona mai, e ho cercato di scorgere il filo rosso che unifica nel tempo le sue pubblicazioni. Un’impresa per nulla facile.

Mi colpiscono  sempre i titoli che unificano e offrono la chiave di lettura delle varie raccolte  e in particolare quelli delle sue ultime raccolte, che indicano l’approdo dubitoso ed inquieto della sua ricerca:  l’itinerario percorso, gli ultimi punti di riferimento e di riflessione, le malinconie personali e umanamente collettive di cui è ben consapevole, come ad esempio I canti dell’assenza del 2015,  dal titolo emblematico, in cui  è chiamata in causa la parola poetica: difficile, sfuggente e impegnativa,  e  parimenti Memoria, Malinconia, Solitudine, Poesia: i temi consueti. Questo è a mio parere il viaggio in estensione circolare e profondità interiore più completo di N. Pardini: ricerca di essenzialità, perduto ormai il racconto della temporalità quotidiana rassicurante. Bordi, margini, confini: le parole dell’esclusione. Solitudine. Le parole emblematiche del vuoto, contrapposte al pieno che configura l’idea di piazza, natura, di vita. La Poesia è  misteriosa e potente.

 Segue  Cronaca di un soggiorno, del 2018, dal titolo un po’ inquietante nella precarietà volutamente diminutiva di significato esistenziale  che il termine “soggiorno” porta con sé e della dimessa volontà narrativa “cronaca”, appunto: -CRONACA DI UN SOGGIORNO- . E cos’è questo soggiorno se non la nostra vita terrena che, come un qualunque soggiorno, è transitorio? E ci mette vis a vis a confronto con la morte. L’Autore individua in questo suo vivere particolari momenti e stati d’animo di cui ci fa partecipi. Ecco che quindi compare il rimpianto, costantemente in agguato, per occasioni perdute per sempre e irrecuperabili, per una “rosa che non si è colta” nel pieno del suo rigoglio, perché, si sa, la gioventù, a volte, credendosi immortale, rende superficiali.

Nella nuova silloge  N. Pardini ci immette col suo gioco di rimandi nel tema della misurata  malinconia della brevità della  vita e della bellezza,  sempre effimera, caduca “nelle mani del vento”,  ed apre al mondo, naturale  e misterioso  evocato ne -Il viola dei cisti-  che colora le dune spaurite e risponde timido  all’azzurro del mare, dove il maestrale intona le sue sinfonie morbide nella luce, e  la musica di Glen Miller, il suo sound vellutato, che ben sa utilizzare  la sordina, dà  corpo e significato all’inespresso sentimento che parla col suo linguaggio primitivo nella luce…

 Ci troviamo a confrontarci con  una “evasione” poetica ed esistenziale, quella  dell’uscita delle colonne d’Ercole della realtà quotidiana, verso l’isola della poesia, l’invocata Léucade,  una frontiera inesplorata ai più, un sogno che apre al sovra-sensibile, una porta che si apre verso l’armonia e il mistero, tra musica e profumi di cisti e di ginepri e cristallini,  foce riposante  di fiumi, l’universo magnetico dei profumi selvaggi, nuove fragranze, suoni  palpitanti … e ti ritrovi immerso nel coro a bocca chiusa di Puccini, nell’unico mondo di verità di certezza  che il poeta conosce dopo un percorso “sopra una barca effimera e precaria/contro venti nemici che la spinsero/ su scogli crudi e aguzzi”: un mondo di Melanconia, di  sentimento, passioni, memorie che si disfano, in una “ natura fresca d’immagini procaci”, quasi dimentico e reso insensibile alla follia del mondo che ha rinunciato a capire, in un totale abbandono ai misteri del Bello, e al fascino della musicalità. Una ricerca di quiete -totale-  che ha lasciato dietro di sé anche il sogno dentro il sogno- il mondo delle inquietanti riflessioni filosofiche e  della conoscenza mitologica.

Si prosegue con I dintorni della solitudine, 2019, in cui Pardini riprende con maggiore consapevolezza di controllo emotivo il tema, filosofico e storico,  che è quello della riflessione sulla (sua )vita poetica ed umana, una biografia tutta interiore, una lunga strada percorsa con fatica con la tentazione nostalgica di girarsi indietro, nondimeno ripercorsa a livello psicologico con consapevolezza, seguendo tutto il sentiero che si è delineato nel proseguo della vita.

 È un itinerario, mentale e psicologico, una storia coinvolgente e piena di sospensioni  visive e suspense emotive, raccontata con un ritmo a tratti drammatico, con pregnanti antitesi, in un climax di crescente coinvolgimento doloroso e poetico. Poi I dintorni dell’amore, ricordando Catullo, 2019: la silloge si apre infatti con la grande metafora a  lui cara, che ritorna spesso nelle sue liriche, quella  del fiume-vita: che trascina, impetuoso insieme alle sue acque chiare, tutto ciò che incontra e cattura sul cammino, fino al mare, approdando alla tematica d’amore che apre la prima parte della raccolta; fa seguito “Di vita, di mare, di amore”, e “Canzoniere pagano” che nel contempo sottolineano le linee evolutive della poetica di Pardini . È facile ritrovare nella prima parte-  che dà il titolo alla raccolta- lo schema amoroso catulliano delle Nugae, ma anche la voce poetica del Petrarca e della più autentica letteratura italiana: “  Per mari ho navigato/ salito colli,/ strade ho percorso,/guadato fiumi,/…con me ti porto sempre/ e non ho pace,/ tutto si tace intorno/ e dentro rugge”…- versi che filtrano  le emozioni più autentiche e le ascendenze culturali del Nostro: “ fa infatti rivivere  le vicende della passione amorosa del poeta latino per Lesbia – e  ci ricorda il  mito e il fascino della poetessa di Lesbo, Saffo, ma anche le contraddizioni di un sentimento che si modifica nel tempo, mai uguale a se stesso, e che la memoria tenta di afferrare.” È un itinerario, mentale e psicologico, una storia coinvolgente e piena di sospensioni  visive e suspense emotive, raccontata con un ritmo a tratti drammatico, con pregnanti antitesi, in un climax di crescente coinvolgimento doloroso e poetico.

  I dintorni della vita,  conversazioni con Thanatos pure del 2019: un itinerario, una storia coinvolgente e piena di sospensioni  visive e souspense, raccontata con un ritmo a tratti drammatico, con pregnanti antitesi, in un climax di crescente coinvolgimento doloroso e poetico.

È una ricerca di quiete - che l’Autore vorrebbe totale- , l’approdo di questa ultima silloge, che  lascia dietro di sé anche il sogno -dentro il sogno- della vita che si rinnovella eterna, il ricordo vitale di una stagione che non è più. Nella sua ultima opera N.  Pardini riprende con grande  consapevolezza di controllo emotivo il tema, filosofico e storico,  della fine, che è anche quello della riflessione sulla (sua ) vita poetica ed umana.  Affronta così  la terribile protagonista, la Morte, sembra perfino  sfidarla in un dialogo lirico dialettico che include la totalità delle occasioni dei suoi incontri personali dolorosi : il fratello, il padre, la famiglia,.., reagendo nel contempo e scegliendo a contrasto e in opposizione  i temi che gli sono consueti, liberanti e consolatori: la natura, la primavera, la poesia, l’amore… La poesia, anche la più colta, anche quando raggiunge livelli di intuizione ed astrazione sublimi, meditazioni dolorose ha bisogno nondimeno di ancoraggi, dell’esperienza sensibile, ha bisogno delle situazioni, della quotidianità e dell’eccezionalità soggettiva ed irripetibile della vita per capire che il limite in cui è scaturita deve superare l’immediatezza della banale routine, la ripetitività consueta, e quello della razionalità, assecondando slanci e misteri, per  giungere alla conoscenza.

E ci avviciniamo alle struggenti composizioni più tarde a  questa ultima silloge poetica, (-ed. G. Miano 2020), che diventa chiara nel suo itinerario doppio, la I^ parte col medesimo titolo, Nel frattempo viviamo, la  II^ parte Dal serio al faceto. Dal sacro al profano- meno meditativa, più smaliziata ed ironica, solo se la si legge a completamento delle altre raccolte.

 Un titolo intrigante che evoca l’attesa inquietante di un dopo problematico ed incerto: è anche un consuntivo di vita e di poesia che le è stata destinata a dipanare l’imponderabile del tempo vissuto, la sua ricchezza e la sua ironia:  Le chiamano bugie, utopie, fantasie/ ma sono l’anima delle poesie.//  Il disastro fatale/ quando arriverà/ se ne avrà pure a male. ( Nemmeno i Titani).

È anche una riflessione umana esistenziale, che è quella malinconica dell’età che avanza, dei ricordi che si appannano, dei sentimenti che perdono la loro forza vitale:  Restano stanze vuote/ con i cimeli,/  pareti zuppe di urla e di pensieri,/ d’immagini di feste e di sorrisi/ …di foto ormai sfumate/  di visi giovanili d’altri tempi… (Restano stanze vuote). Mentre tutto frana… Nel frattempo viviamo, appunto.

Dove si sono rifugiati  l’autenticità vere o presunte delle nostre scelte, le nostre lotte e i nostri dubbi,  i nostri amori caduchi creduti eterni, le nostre pseudo-certezze, i nostri luoghi di sempre, dei quali non possiamo fare a meno?, i tempi implacabili fuggiti via, la Poesia come scelta, la Léucade incantata ed edenica… che declina anche l’ambito poetico del Nostro, la sua poetica, quello della ricerca costante della classicità, la bellezza incontaminata, archetipica, ma che è pure  ben consapevole di  trovarsi  “…alla spiaggia dell’ombrata Versilia”,  da dove può intravedere ..”il brulicare d’isole affollate/ di miti, ninfe, dèi e antichi re… / Eterni i sorsi/ di storie e di leggende…”. Una Léucade grande aspirazione poetica, l’isola sognata che forse non c’è, ma è bello immaginare, punto di partenza ed approdo, poetico e vitale, di un giovane ed entusiasta poeta, oggetto di sogni, rimpianto di corse e di favolosi ardori, di storie leggendarie…: sono state forse mete utopiche?  ..Forse traspare, se restiamo quieti,/ tra i barbagli dei flutti/ e il maestrale,/ la sagoma dell’isola fatata. /… E col sorriso l’isola accoglieva/ solo utopie forgiate per amare ( Stai qui con me).  Sono state illusioni, mete sognate?  Là i  tuoi campi/ i tuoi monti/ il tuo piano, la pineta/ e una meta che dette ristoro,/ là il tuo fiume, la sua foce (Là i tuoi campi) . Forse sofferte senza essere mai capite?  Siamo incastonati/  solo per un attimo/in un’immensità di vuoto/ che per non scorarti/ finge di essere blu (Siamo incastonati), forse e comunque inconsapevolmente raggiunte? Piloto le mie immagini/ col filo di un aquilone/ in attesa di un loro approdo/ Compongo versi ondivaghi/ con il vento che li gonfia ( Piloto le mie immagini)

Rimangono gli sguardi divergenti, che la distanza ha reso palpabili, lucidi di riscoperta verità, che l’enumerazione, apparentemente semplificatoria  ha reso evidenti, finalmente: In quella casa il funerale. / Nel silenzio/ si udiva solo/ il rimbombare dei calci di un ragazzo/ su un barattolo vuoto ( In quella casa il funerale) Sono soggiorni da stranieri i nostri che ormai hanno rinunciato all’antitesi un tempo così sicuri  in questa vita? La geometria che attorno/ si distende/ e visivo ti rende/ ogni reale, / è l’insieme diviso e frammentato/ di quello che compatto/ era ai primordi…(La geometria)

L’interrogativo apre al mondo geografico (toscano) dell’autore, mondo misterioso, che si ruralizza, e nel contempo si estranea nella distanza, ed essenzializza fino a disfarsi : Il rustico sul colle/  guarda con occhio bieco/  il cipresso solitario sul callare./  Il bosco si acquatta/…e l’armonia del mondo/ si nasconde/ e si confonde/ in mezzo alle minuzie (il rustico sul colle)…

 La lirica ci propone una biografia tutta interiore, una lunga strada percorsa con fatica con la tentazione nostalgica di girarsi indietro, nondimeno ripercorsa più e più volte a livello psicologico con consapevolezza, seguendo tutto il sentiero che si è delineato nel proseguo della vita:  Batte l’ora il campanile/ e il suono di campane per il piano/ si porta dietro/ spazi di sagrato,/…- evocazioni di nostalgiche immagini poetiche pascoliane- e che si scontra ironicamente col presente impoetico:  Poi dal podere è un rombo di trattore/ a cancellare suoni e melodie./ Resta odore di nafta/ sopra i cigli in fiore/ delle erbose vie ( Batte l’ora il campanile)

Sono motivi poetici inquieti, vivaci,  di grande valore umanistico, ben presenti al Nostro in un  magnifico intreccio di figure di significato: la ricerca del tempo nel paesaggio come profondità storica; la sensazione di una civiltà minacciata di morte che induce alla meditazione sul destino dell’uomo, la riflessione sociale sulla tragedia dell’umanità in cammino e a sentire il tempo come effimero in  relazione con l’eterno; la coscienza dell’invecchiamento e del morire della sua stessa carne, della vecchiaia che avanza, il sapere che di risposte definitive non ce n’è, la ricerca di una ultima navigazione, di un possibile varco verso le regioni dell’assoluto, il chiedersi quale possibile salvezza potrà ancora dare l’arte:

Non ho più voglia / di gridare./ Riposeranno i pensieri./ Il crepitare/ dei miei sogni/ s’impiglia/ nell’aria./ Non è più tempo/ degli inchiostri e dei pennini . (Non ho più voglia)

È la storia di un uomo autentico che porta con sé le inquietudini, e le malinconie, le luci e le ombre- intense-  del poeta che guarda, nondimeno, il passato con occhi limpidi, e che diventa illuminazione della vita, isolando e lavorando al tornio  i ricordi in una potente  globale “sineddoche-metonimia” che caratterizza tutto il ciclo poetico, dandone  tra similitudini ed enumerazioni apparentemente disimpegnate la chiave della lettura: un brivido…sul vuoto.

La fine…l’inferno…il Paradiso…i pensieri di coloro che parlano come se fossero eterni,  pensieri che turbano, che nondimeno non si possono allontanare, forse trasfigurare in una musica come quella pucciniana, in una preghiera “storica”, come quella dedicata al  giachimismo: “Se il Paradiso fosse in terra,/ mio Signore,…”senza la guerra, l’odio e il patimento,/qui tra le povere cose,/tra l’erbe fresche delle mie radure/o in mezzo alle pianure o sopra i colli,/tra i papaveri, le spighe e le ginestre/ov’io conobbi amore… Se fosse il Paradiso, mio Signore,/qui, si risparmierebbero anche spazi,/anche misteri  o trasferimenti/ o firmamenti e resterebbe tutto/casereccio sotto un abete o un leccio/o al fuoco del proprio caminetto” Il grande sogno utopico: il Paradiso in terra, una vita  vissuta in un clima di purezza e libertà  in clima tollerante, libero ed ecumenico…

Poesia di grande cultura e grandi emozioni. Un mondo di Melanconia, di  sentimento, passioni, memorie che si disfano, quasi…

Maria Grazia Ferraris

 

6 commenti:

  1. E' una sorpresa, un intimo piacere: bentornata tra noi eccellente Ferraris!
    Cara amica, hai fatto un ritorno in grande stile, secondo la tua maestria di cui in molti abbiamo sentito la mancanza.
    E non potevi trovare soggetto più sentito amato e interessante del nostro infaticabile "Condottiero guida e sostegno"!
    Il tuo saggio è splendido! .Ha tutto di te e di Nazario, il Poeta e l'uomo che con tanta competenza illumini attraverso una esaustiva esegesi delle sue più significative opere.
    Molte sono le espressioni con cui ricordi il "Nostro", ma una tra tutte mi è rimasta dentro il cuore tanto è viva e verace:
    -...un mondo di Malinconia, di sentimenti, passioni, memorie che si disfano in una "natura fresca d'immagini procaci"-
    Il tuo dire è sempre un dire meraviglioso, attento, preciso, elegante, con la profondità di quella cultura sempre amata e fatta amare.
    Grazie!. Anche a nome di quanti non leggeranno questa tua splendida pagina.
    Con stima grande e amicizia .
    Edda Conte.

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  2. E' una sorpresa, un intimo piacere: bentornata tra noi eccellente Ferraris!
    Cara amica, hai fatto un ritorno in grande stile, secondo la tua maestria di cui in molti abbiamo sentito la mancanza.
    E non potevi trovare soggetto più sentito amato e interessante del nostro infaticabile "Condottiero guida e sostegno"!
    Il tuo saggio è splendido! .Ha tutto di te e di Nazario, il Poeta e l'uomo che con tanta competenza illumini attraverso una esaustiva esegesi delle sue più significative opere.
    Molte sono le espressioni con cui ricordi il "Nostro", ma una tra tutte mi è rimasta dentro il cuore tanto è viva e verace:
    -...un mondo di Malinconia, di sentimenti, passioni, memorie che si disfano in una "natura fresca d'immagini procaci"-
    Il tuo dire è sempre un dire meraviglioso, attento, preciso, elegante, con la profondità di quella cultura sempre amata e fatta amare.
    Grazie!. Anche a nome di quanti non leggeranno questa tua splendida pagina.
    Con stima grande e amicizia .
    Edda Conte.

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  3. Gent.ma Maria Grazia, è stato bello leggerla, attraversando il fiume Pardini,a bordo di un veloce sandalo, scorgendo la costa desiderata dell'isola che non c'è eppure... c'è. Il Nostro Maestro ha saputo regalarci attimi di poesia senza tempo in cui la realtà intreccia il sogno e lo attualizza. Ho letto parecchi dei libri da lei citati e sono concorde e entusiasta della sua critica letteraria. Nazario Pardini sa essere malinconico, ssensuale e anche ironico, e la satira di costume non gli è estranea. Ci va giù diretto , con stile par(d)iniano, dalla morale classica in fabula. Sto leggendo "Nel frattempo viviamo" e non posso fare a meno di sorridere amaramente pensando a quanto il pregiudizio sia legato all'idea della colpa. La poesia ha per titolo: Il gatto, il topo e la casa del magistrato. Creduto l'unico animale della casa, il gatto fu cacciato, accusato di essere il ladro di formaggio. Una filosofia di vita che rientra tra quelle deduttive poco inclini alle innumerevoli verità. Grazie e cari saluti a lei, a Nazario e agli Isolani.

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  4. Ringrazio Edda Conte per l’accoglienza del mio saggio, entusiasta ed amichevole, attenta e sicura, come sempre in tutte le sue manifestazioni poetiche e letterarie. Note di un’amica.
    Ringrazio parimenti Patrizia Stefanelli, che condivide molti dei miei giudizi letterari sulla poesia di N.Pardini. Interessante la sua nota su Il gatto, il topo e la casa del magistrato. Ha ragione: una critica sociale sul tema del pregiudizio che domina il nostro piccolo presuntuoso mondo! Ed anche questo è un aspetto del proteiforme dire del Nostro

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  5. Mi unisco a Edda nel darti il bentornata, carissima Maria Grazia! La tua capacità di saggista, di esegeta e di critico letterario è altissimo Dono per noi ospiti dell'Isola. E questo viaggio tra le pubblicazioni del nostro Nazario è una voragine di Arte nella quale è fantastico naufragare. Leggerti consente al tempo di fermarsi, forse di cessare di esistere. Si è rapiti, schiavi felici del tuo sapere e della fluidità e dell'eleganza con le quali porgi ogni argomento. Nel saggio attuale compi un'impresa ardua e dettagliata per poi soffermarti sull'Opera "I dintorni della vita, conversazioni con Thanatos" della quale attui un'analisi coinvolgente. Metti in rilievo l'innocenza del Poeta asserendo che la sua 'è la storia di un uomo autentico che porta con sé le inquietudini, e le malinconie, le luci e le ombre- intense- del poeta che guarda, nondimeno, il passato con occhi limpidi' e dai la giusta importanza al paese dei ricordi, tanto caro al Nostro. Ovviamente ti soffermi sulle liriche, sul Suo rapporto con la morte e sembra che le tematiche riescano ad arrivare sui fogli come acqua di fonte in caduta libera da una diga perennemente aperta. Il tuo apporto è indispensabile. Sei una Maestra umile, un'autentica Studiosa infaticabile. Nazario palpita, esce dal foglio, è con noi più di sempre grazie al tuo magistrale lavoro. Ti abbraccio forte insieme al caro, insostituibile Condottiero e Poeta.

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  6. Grazie carissima Maria. Le tue parole sono come sempre di grandissima generosità e di sensibilità fuori dal comune. Spero di poter proseguire la mia lettura….(non è stato un periodo facile quello che ho vissuto fino ad ora). La tua presenza sul blog e il tuo entusiasmo sono contagiosi. Hai consensi e stima.Ti si legge con piacere. Continua!

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