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sabato 10 ottobre 2020

NAZARIO PARDINI LEGGE: "INNESTI" DI MARISA COSSU

Marisa Cossu,

collaboratrice di Lèucade

Marisa Cossu. Innesti. Edizioni Tracce. 2020

(Primo Premio di poesia al concorso IPLAC 2019 “Voci di Roma”, con pubblicazione dell’Editrice Tracce e prefazione di Franco Campegiani)

 

Iniziò il breve secolo mio padre

piantando un tronco tra una guerra e l’altra,

tra l’inferno e il ritorno; e fu così che il legno

esalò infine un palpito di foglia,

un segno esile e acro

aperto a meraviglia.

Ora ricordo il libro

che, come Bibbia posta sul leggio,

con cura egli sfogliava e ci spiegava

le nuove frasi, quelle voci antiche

su cui formare il nuovo.

In me di conoscenza,

di speranza e d’amore

seminò un campo vasto che aro ancora:

è la mia vigna destinata ai figli,

il mio solo pensiero intorno all’uomo

e all’esistenza, pianta che non cresce

se non da un vecchio albero

spaccato, dove mettere il futuro

aspettarne la gemma,

morire, forse, e poi tornare al sole.

 

Poesia snella, fluida, armoniosa, carica di storia e di vita; e vita e poesia non combinano forse quell’innesto che dà voce al pensiero e all’anima, reificando passione e sangue,  forza e nutrimento? Ibi omnia sunt: le radici, l’insegnamento patriarcale, l’esempio, l’amore, il pensiero visionario di una eredità da cui partire per gioire della luce  di un tronco  dalle profonde radici: innesti di settenari e di endecasillabi che appoggiano accessori di più ampia stesura per pause di stampo innovativo. Qui non leggi versificazione di positura prosastica, senza partecipazione, presenza, emozione; tutto è attivo, fattivo; l’io si pone in evidenza con tutto il suo carico di empatia; agisce, racconta, spiattella fatti e combinazioni che sono tappe determinanti di un vissuto. Questa è vera poesia.   Partendo dalla citazione eponima dal titolo INNESTI, si può, di sicuro, entrare da subito nel percorso di una scrittrice che ne valorizza  tutti i presupposti, tutti gli ingredienti necessari. E quando forma e contenuto si fondono insieme in un melologo di ampio respiro si ottiene un’arte di grande comunicabilità e di alto valore epistemologico: armonia, amore, memoriale, onirico, voli oltre la siepe, simbolismo,  e soprattutto la parola. L’Autrice fa del sintagma un vero contenitore di emozioni, di epigrammatiche vicende, di stati d’animo complessi e proteiformi, che dànno sostanza ad una vicenda. Conosciamo bene Marisa Cossu, la sua maniera di scrivere, i suoi ritmi ontologici; una scrittrice eclettica, versatile, polivalente, rispettosa di un dire che segue con disciplina le regola del gioco. Un verso non può andare a capo quando vuole, deve rispettare il suono, la musica, l’armonia; è da esso che viene il comando, da esso la cesura, la frammentazione metrica, quel quid che fa da cassa di risonanza di un sentire articolato.  Ed è per questo che il suo poema si concretizza in diverse forme, in molteplici guizzi costruttivi, per combaciare coi dettami del cuore: sonetti canonici, madrigali, sonetti elisabettiani, sonetti tagliati, strofe saffica, stanza di canzone, endecasillabe quartine più distico, sonetto caudato, stanza di canzone petrarchesca, sestina lirica, canzone rondò, strofa alcmania, ballata piccola, ode pindarica… Insomma una serie di forme metriche che dànno l’idea esatta della padronanza poetica della Nostra; del suo generoso gioco di ritorni, di conoscenze e applicazioni morfosintattiche e architettoniche. E quello che c’è di bello in tutto ciò è la spontaneità con cui la Nostra genera la sua arte. Non è che il suo patema risulti ingabbiato in questo reticolo. Prima la sua vena, la sua rievocazione, i suoi moti interiori; dopo la forma, il corpo in cui racchiudere questo pathos. Il testo si suddivide in tre sezioni: Innesti (titolo generale), D’amore e di vita, Chiarori e notturni. Tante le motivazioni che nutrono il libro; e tanti gli input che dànno forza e sostanza a questo percorso di slanci vicissitudinali:   meditazioni sull’uomo di stampo escatologico: (…  E vidi l’uomo figlio di quel segno,/ricurvo e solo, perso e senza appiglio/all’eterna ricerca del suo Regno”; riflessioni sulle aporie del mondo: “… stringe quel fiore senza una ragione/ ed io mi celo forse inutilmente/ per non vedere questo assurdo mondo.”; coscienza del tempo che fugge, di memoria oraziana o senecana: “Cammina il tempo, né mai si riposa./ Il mondo muta, tutto giunge a quiete,/ cadono stelle e l’ombra di ogni cosa/segue la scia di flebili comete;…”;   ricerca dei confini che delimitano l’uomo e il suo mistero: “Sempre dentro di me cerco i confini…”;  metapoesia: “Dimmi, poeta, che cosa sarà/ dei colori d’autunno…”;   interrogativi sul fatto di esistere: “Da dove vengo”; sul Buco nero; su le Nascite: “Dalla morte nasce la vita nuova:/ il futuro indugia nel gran mistero/ di un contorto tronco che soffre e prova/dolore vero;…”; su le Madri: “ Alimenta la vita/ il ventre delle madri/ dove un grumo di sangue si trasforma/ in tessuti flessuosi ed in fibrille/che tremano d’amore…”, dove l’emistichio a maiore dà la conferma  di questa sua posizione antica e nuova, in cui l’insegnamento della storia fa da base costruttiva ad un visionario e attuale mondo poetico. Una grande fusione tra passato e futuro che qualifica lo stile di Marisa. Fino all’ultima composizione della silloge dal titolo IL GELSOMINO, con cui la Cossu si dimostra anche attenta osservatrice di paniche configurazioni, calco di abbrivi esistenziali: “Fiorisce in novembre il gelsomino/ ultima sfida viva e profumata/ prima che segua docile il destino// del verno che lo priva delle foglie/ e lo denuda in terra ormai gelata/ dove la pioggia i petali discioglie. // Il ricordo è di un bianco rampicante/ attorcigliato sopra un bacio ansante”, dove il riferimento al processo naturale riguarda la poetica della Cossu, che, spesso, reifica nei dintorni il destino vitale degli umani con un significativo aggancio simbolico. Silloge completa, attuale, polisemica, che con stile educato e esperito, tocca ogni ambito del vivere, non ultimo il desiderio di evasione da un mondo che non di rado la vede estranea ad una disumanità di cui è infarcito: “… La notte ha rubato le stelle/ per farne una scia luminosa/ e tremano vaghe fiammelle/ nel buio che spegne ogni cosa”, e dove esprime la coscienza della caducità del vivere. E anche se un sentimento di solitudine contribuisce ad arricchire la molteplicità ispiratrice dell’insieme dell’opera, non è di certo improprio leggervi un senso di sperdimento elegiaco in una notte o in una natura  che ha il sapore di magica bellezza:

Ovunque sparsa e viva.

Giace quieta la notte:

ha sapore di magica bellezza.                       

 

Nazario Pardini

7 commenti:

  1. Carissimo Maestro,
    eccomi ancora una volta su Lèucade grazie alla tua splendida nota critica al mio libro "Innesti". La tua ospitale generosità si rinnova con entusiasmo,incoraggia la prosecuzione, non priva di fermate e incertezze, nello straordinario percorso della scrittura, non priva di pause e incertezze, nello straordinario percorso della scrittura. Grazie Nazario, per l'attenzione rivolta a questo libro che mi é caro perché testimonia una tappa significativa del mio impegno e della mia ricerca.
    Con amicizia e ammirazione
    Marisa Cossu

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  2. "...è la mia vigna destinata ai figli,

    il mio solo pensiero intorno all’uomo

    e all’esistenza, pianta che non cresce

    se non da un vecchio albero

    spaccato, dove mettere il futuro

    aspettarne la gemma,

    morire, forse, e poi tornare al sole"

    Credo che in questa chiusa si possa racchiudere non soltanto l'intera poetica sottesa a quanto magistralmente detto da Nazario ma nondimeno la visione del mondo di Marisa Cossu.
    Complimenti ad entrambi,

    Sandro Angelucci

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    1. Grazie per il gradito commento. Un saluto affettuoso
      Marisa Cossu

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  3. RICEVO E PUBBLICO

    Gentilissima Marisa. Qualche giorno fa mi è stato recapitato il libro della tua silloge “Innesti” con la prefazione di Franco Campeggiani che, tra l’altro, definisce le tue poesie “…filosofiche, raffinate, dotte e coltissime…”.
    Ricevere questa tua opera mi ha fatto sentire oltremodo onorato per l’amicizia che mi concedi ogni giorno e che in questa occasione mi hai in particolare confermato con le affettuose espressioni della dedica di cui mi hai fatto dono. Ho letto su Leucade gli eccezionali commenti di Nazario che giudica la tua poetica “…snella, fluida, armoniosa, carica di storia e di vita…” e di Maria che afferma di “…aver avuto la sensazione di saccheggiare i tuoi desideri e le tue sofferenze…”.
    Dopo un primo approccio, ho letto e riletto ogni pagina del libro, dove ogni verso è veicolo di emozione e sentimento ed emerge tutta la emotiva sensibilità del tuo sentire e delle tue innate doti di creatività e professionalità
    A te, amica carissima, il mio ringraziamento con un abbraccio forte forte e, ancora complimenti.
    Lino D’Amico

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    1. Carissimo amico,
      che gioia ricevere il tuo commento! Con la tua affettuosa nota rendi ancora più dolce il mio percorso poetico che, come sai, è pieno di dubbi da qualsiasi angolo lo si guardi. Perciò ti ringrazio con tanta amicizia e stima
      Marisa Cossu

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  4. E' con piacere grandissimo che leggo questa pagina di grande valore letterario, sia per l'analisi profonda del nostro Maestro, sia per l'afflato poetico, che ben conosco, di Marisa Cossu. Marisa ha il grande dono di saper entrare in punta di piedi nelle stanze sonore della vita, quelle che ci portiamo dentro e in cui giochiamo ancora, senza età, consapevoli di quel che siamo stati. Congratulazioni a voi!

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  5. Grazie cara Patrizia. Il tuo commento apprezzatissimo mi riporta alla tua bella persona capace di grandi slanci e di polisemici abbrivi; ma soprattutto mi riporta a te, al Mimesis, alla naturale empatia che ho sempre provato nei tuoi confronti. Ti saluto e ti abbraccio con affetto
    Marisa Cossu

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