Marzia Serpi, collaboratrice di Lèucade |
E ti rivissi, vita,con un sentire lieve e tanto amato che in ogni fatto lieto o meno lieto,ma scampato, vidi un superbo dono
Pagine
sabato 28 novembre 2020
GIUSY FRISINA: "CHE LA MORTE NON SIA VANA"
Giusy Frisina,
collaboratrice di Lèucade
CHE LA MORTE NON SIA VANA
Che la
morte non sia vana
Che sia
chiesto perdono alle vittime
Per l’attentato
alla Terra
Per
questa furia globalizzata
Che
prima poi doveva pagare
Per il
buco nell’ozono
E per la
corsa insensata
Per il
consumismo sfrenato
E la
mafia dei capitali
Nelle
terre dei fuochi
E nel
triangolo industriale
Per i
pipistrelli violati
E per i
macelli seriali
Nel caos
dell’ecosistema
Che la
morale kantiana
Raggiunga
la mente e anche il cuore
Che si
chieda scusa a chi muore
Per l’invisibile
che ci invade
Se l’Invisibile
non riappare
E si
chieda scusa all’Idea di Europa
Dei suoi
padri fondatori
Quest’Europa
che deve cambiare
Perché
niente sarà come prima
Ma non si sa bene
come...
dalla silloge: "SUL CONFINE", Blu di Prussia editrice, 2020
venerdì 27 novembre 2020
MARIA RIZZI LEGGE: "ANIMA MIA" DI GIANNICOLA CECCAROSSI
Maria Rizzi, collaboratrice di Lèucade |
ANIMA
MIA
Ho
ricevuto l’ultima Silloge dell’amico e illustre Poeta Giannicola Ceccarossi,
“Anima Mia” edita dalla Ibiskos Ulivieri, e posso affermare, senza alcuna
piaggeria, che è stato un dono più prezioso di un diamante.
L’Autore
introduce il testo con due versi della lirica ‘Disposiciones’ di Pablo Neruda,
tratta dal volume Canto General, nel quale i quadri sono figurativi, ovvero non
soggetti a rilevanti deformazioni rappresentative, versi nei quali la morte è
sentita come un ritorno al ventre materno. Si tratta di una reimmersione nel
ciclo perenne di morte e rinascita, una discesa negli alvei oscuri percorsi da
linfe sorgive. L’intera Raccolta di poesie di Ceccarossi si identifica con il
significato della lirica del Poeta cileno. Il libro, infatti, è un lungo canto
d’amore dedicato alla moglie Patrizia, un calarsi nella storia che condividono
per riviverla fino all’eternità che li attende e che rappresenterà un ritorno
al ciclo del loro amore terreno.
per il
Poeta è solo un’idea, nel concetto dell’amore per Patrizia tutto è fermo:
“E’ sempre la stessa
La
tua voce
Stesso il tuo respiro
Stesso il tuo sguardo
E
il mio amore?
Sempre
lo stesso” – tratti da “E’ sempre la
stessa”
Questi
versi che aprono
“Aleggiano farfalle
sul tuo viso
e
canti
inebriano l’aria.
La
tua presenza
- di passi delicati -
avvolge
le mie mani” –
Tratti da “Aleggiano farfalle”
La
cifra stilistica dell’Autore è caratterizzata da sorprendente fuoco creativo e
dall’adozione di figure retoriche che consentono al lettore di seguire il
vincolo magico dell’incantesimo, di esserne rapiti. I versi evocano, nel potere
immaginifico, le Odi di Pablo Neruda, anche se quest’ultimo era sovrabbondante
nella materia, mentre il Nostro tende all’essenza e in poche sublimi metafore
racchiude il senso dei momenti d’amore:
“Ti osserverò
mentre intrecci
coralli e fili d’argento.
E
sognerò
di
scorgerti all’alba
con fiori di sambuco
a
coronare i tuoi capelli” – tratti da “Ti osserverò”
A mio
umile avviso l’arte della sottrazione rappresenta un valore aggiunto a questo
Cantico delle stagioni attraversate insieme.
Talvolta
i versi si posano sui dettali: la fragranza / che si confonde con i gerani; gli
occhi / che ancora cercano le nostre dita; i palmi / che ancora gli sfiorano il
volto: elementi preziosi del paesaggio della storia d’amore, serbati con cura,
mai dati per scontati. Ceccarossi mette in luce quanto un sentimento grande
muti la topografia dell’esistenza. Tutto cresce intorno a esso, come un
rampicante, e l’unica cosa che conta è la radice, il tronco vitale, il resto
sono soltanto foglie che crescono, poi cadono e vengono rastrellate via
lasciando il posto alle altre.
La penultima lirica “Quando uscirò”
che visita con splendidi fermo - immagini il paese dei ricordi, contiene due
versi, che si potrebbero definire un forcipe per le emozioni:
“Rammenteremo i giorni lieti
e
quel figlio tanto sofferto”
Nulla
è spiegato, d’altronde non è compito della Poesia spiegare, ma si è indotti a
pensare all’ambiguità del termine ‘dolo’: in amore non è possibile distinguere
la felicità dalla sofferenza, in quanto l’una è la ragione dell’altra. La
composizione che chiude
“Quale sarà
il
mio ultimo pensiero?
Il
mio ultimo pensiero
sarà per te
Anima mia” – tratti da “Quale sarà”
Terminata la lettura ho realizzato ancora meglio che il senso di un vero amore si compie se si nasce e si muore ogni giorno nell’inizio e nella fine dell’altro… E, nella commozione, ho pensato che ogni donna, anzi ogni persona, per entrare nel cerchio dell’incantesimo, deve sognare un romanzo in versi come quello concepito da Giannicola Ceccarossi.
Maria
Rizzi
M.LUISA DANIELE TOFFANIN: "LA TUA VITA UN CANTICO"
Ho trovato quello che il mio cuore desiderava di
trovare, l’ho afferrato e
non lo lascerò andare.
Cantico dei Cantici, III 4
A Rita
Levi-Montalcini
Un’ ondula setosa accarezza il
volto
un velluto la minuta tua
figura
regale nella gloria del Nobel
soffusa d’energia interiore
fiore semprevivo-ardore
per la nicchia del pensiero.
Tu eroina di un’età greve
marchiata dalla storia
Tu donna vibrante al futuro
di acerbi voli in mutata rotta
Tu araldo di fantasia creativa
espansa da senili menti
Tu con filia sempre
all’umano procedere.
.
E la tua parola ancora aleggia
specchio d’anima tersa
nel teatro, la piazza
salottiera
lungo il fiume chiomato
la folla stupita, a
Torino
al verde, all’oro dei tuoi
cent’anni
riecheggia amicale
nell’androne ventoso a Pistoia
nell’ombrosa sala a Palazzo
Vecchio
informali incontri con noi
subito da te ravvisati
oltre il velato sguardo
sodali in comuni ideali
e ancora palpita a giovani
attese
dalla cornice di un ricordo
ravvicinato ora dal conforto
del tuo esserci qui, fra noi,
ad Abano
le chiavi della città fra le scarne mani.
La tua vita un cantico che perdura
elevato con devozione
alla sostanza tua affettiva
alla gioia-stupore sempre di scoprire
il sacro del creato e di ogni
creatura.
Maria Luisa Daniele
Toffanin
Abano, 30 dicembre
2012
FRANCESCA LUZZIO LEGGE "IL SENSO DELLA VITA" DI WANDA LOMBARDI
Wanda Lombardi
IL SENSO DELLA VITA
Guido Miano Editore, 2019
Recensione di Francesca
Luzzio
Il senso della vita è insieme una nuova silloge ed un’antologia che
racchiude in sé liriche tratte dalle precedenti opere dell’autrice. Al di là
dell’eterogeneità strutturale, tuttavia è presente un’unità tematica che
sicuramente si può racchiudere nel sintagma “Il senso della vita” che, non a
caso, è anche il titolo della raccolta. Non solum, sed etiam in questo titolo
l’autrice non racchiude solo il senso della sua vita, ma della vita in genere, estendendo
le sue riflessioni poetiche alla società, al mondo, all’ontologico, infatti
l’invocazione a Dio per il suo intervento nelle miserie umane è costantemente
presente. Così al bimbo che muore in guerra può dire che “…\ Altri colori
troverai \ oltre la vita,\ quelli dell’amore, della gioia \ che eterni
illumineranno \ il tuo volto, il sorriso” (Altri colori,
pag.19), o ancora a Dio chiedere “… \ La tua invisibile mano \ mi sorregga, mi
conforti,\ con amore mi accompagni \ alla Tua fulgida dimora” (Soffio divino, pag 46) e, infine, nel
suggerire all’uomo il perché dell’esistenza afferma che “…\ Vivere nella
felicità di ben operare \ è vivere con Dio” (Saper
vivere, pag.59).
La
fede nel Signore è ciò che le permette anche di sopportare la solitudine nel
silenzio della propria casa, ammirando la natura, immergendosi nei ricordi, talvolta
amari, come quelli destati da ninnoli, oggetti regalati da persone una volta
amiche, ma che ormai non si fanno più sentire, né vedere e ciò la induce a
considerare l’indifferenza che oggi pervade la società: ormai i valori di una
volta non esistono più, ormai s’inneggia al futile e i giovani, privi di
valori, trovano nella droga lo sfogo, il raggiungimento di effimere illusioni.
Nel
flusso memoriale che come in Marcel Proust, la solitudine le sollecita non
mancano anche i ricordi belli, come quelli dei giochi infantili, quando andava
a giocare sulla strada antica, in quella via
Capozzi, ormai messa nell’oblio “da un’umanità cambiata” (Strada antica, pag.27). Come si può
costatare da quanto suddetto, non solo ricordi, ma anche pensieri e riflessioni
riempiono la vitalità mentale della poetessa e tra questi, rilevanti sono sicuramente
le considerazioni sulla donna, che, incarnazione della bellezza, viene elogiata
nelle sue poliedriche attività, commiserata quando è vittima di violenze, ma
anche detestata nella viltà che l’avvilisce quando uccide un indifeso suo
figlio neonato.
Dunque
Wanda
Lombardi legge in sé e legge nel mondo e non può non considerare in
questo processo espansivo del suo sentire, il pianeta terra, ormai inquinato in
ogni sua parte “in nome di un progresso \ duro d’accettare” (Terra malata, pag.47). E in questa
molteplicità di spesso tristi considerazioni, sia in ambito esistenziale che
sociale, la poesia è ancora di salvezza e compagni del suo futuro saranno “…\
un libro, un foglio, una consunta matita” (Perduti affetti,
pag.43). A buon diritto la poesia di Wanda è inseribile nella collana “Poesia
elegiaca”, infatti, come anche l’etimologia del termine suggerisce, i versi di
Wanda sono uno sfogo intimo, autobiografico che, tuttavia non parla solo
dell’io, ma anche del modo in cui la realtà esterna si ripercuote in lei. Così
esistenziale e sociale coesistono e la poesia di Wanda diventa spesso denuncia;
la duplicità tematica caratterizza anche gli Haiku che non a caso, sono
suddivisi in due parti: “L’amore”, e “Il sociale”. Essi concludono l’antologia,
le cui poesie, a prescindere dalla silloge da cui sono tratte, rivelano tutte la
stessa omogeneità e maturità stilistica che è presente in quelle iniziali,
pubblicate per la prima volta, infatti esse pur non rispondendo a forme metriche
particolati, nella loro libertà espressiva non mancano di musicalità, attribuibile
non solo al ritmo dei versi, ma anche alle frequenti assonanze: “…pesanti…\...\...\...\...disperati”
(I mali del mondo, pag.16), consonanze: “…neri
\ … invocare” (idem) o rime: “… pensare \ ... andare”, (idem), talvolta anche
tra versi lontani fra loro. Per concludere, non può non rilevarsi che la
presenza di alcune figure retoriche, quali le frequenti anafore, metonimie,
etc… rendono ulteriormente pregnante e profondo la valenza semantica dei testi.
Francesca Luzzio
Wanda Lombardi, Il senso della vita. Pref. di Nazario
Pardini. Guido Miano Editore, Milano 2019, pp. 80, € 16,00.
mercoledì 25 novembre 2020
MAURIZIO DONTE: "CANZONE RONDO' INCATENATA"
Maurizio Donte, collaboratore di Lèucade |
Qui di seguito mando una mia
"invenzione" se si può definire così: una "canzone rondò
incatenata", costituita da sei stanze di quattordici versi (in pratica
sonetti a metro ABAB ABAB CDE EDC) dove l'ultimo verso di ogni stanza rima col
primo della stanza seguente, fino ad arrivare all'ultima stanza che riprende le
rime della prima, come nel rondò, appunto.
Altra particolarità sta nel fatto che la
prima stanza può essere "sganciata" dal resto e letta come un sonetto
autonomo.
Altrove
(canzone rondò incatenata)
Non è un mistero che io sia nel vento
una foglia perduta che si muove,
e si abbandona poi senza un lamento
là dove la trasporta: non so dove.
E passano le nubi e il sole è spento
e l'ansia del non vivere si muove,
mettendomi nel cuore un sentimento
che presto viene meno mentre piove.
Non so dove cercar nell'universo,
non so dove guardare in questa vita,
che brancola nel buio sul sentiero
e si dipana innanzi nel mistero
senza sapere mai se si è smarrita,
o se seguendo vada il giusto verso.
Così io non lo so, se sia diverso
l'andare nostro avanti indifferente
fra le tragedie umane ed il perverso
desiderio del male nella gente.
Così sembra che sia da sempre emerso:
il voler dominare inutilmente,
recando sofferenza a chi è diverso,
secondo il nostro canone presente.
E mi domando perché mai, allora
il disegno di opprimere persone
trovi da sempre un seguito che
cresce,
senza lasciare dubbi, e non rincresce
mai a chi muove la guerra e
l'oppressione,
come se questo non portasse ancora
guai ad un mondo in cui si sa signora
la fame, l'ingiustizia e carestia,
l'iniquità costante che dimora
in mezzo a sofferenza e malattia.
Di fango la coscienza, d'ora in ora
non segue alcun disegno, purché sia
la sete di potere che divora
soddisfatta per lei lungo la via
che passa tra i frangenti scoloriti
di sogni e di speranze a lei non
note,
di cose che non hanno l'importanza
che merita il dominio che si avanza.
Perduta umanità, ti sono ignote
le luci dell'amore, e l'hai traditi
i desideri altrui, e son smarriti
i disegni di chi pensava ancora
aver diritto a beni ormai finiti
nei meandri perversi tuoi, finora.
Hai perduto di vista gli infiniti
bisogni nostri e ti atteggi a signora
su chi possiede il niente. E noi sfiniti
siamo da te, dal soldo che da allora
domina tutti noi, come un mistero
iniquo, cui si deve l'obbedienza,
sebbene sia soltanto un gran dolore
sostituir con ciò, passione e amore
per Chi da tempo assai, facciamo
senza.
Per tal motivo si è perso il sentiero
che porta ad altro, sì, conduce al
Vero.
Tenebre che riportano il presente
ad avere quell'unico pensiero
volto al proprio interesse, agli altri
niente.
Dolore insopportabile: non spero
che cambi mai qualcosa nella mente
di chi comanda e domina nel nero
che ammanta il desiderio di recente.
Guardate cosa siamo: l'universo
in cui si perde ogni cognizione
del tempo e dello spazio, ci misura:
ebbene, siamo niente! Sarà dura
Io so, per noi, una tale sensazione,
ma non potrà mai essere diverso,
il tempo fugge via, seguendo il verso
che tutti porta via senza un lamento:
sia noi, che chi si pensa sia diverso
perché non corrisponde a noi nel lento
venir del fiume in cui ognuno è
perso.
Desiderar dominio, allora è spento,
e il nulla rimarrà del tuo perverso
sogno! Che viva settant'anni, o
cento,
tutto si smarrirà, non saprai dove.
E ti sia di conforto un tal
pensiero,
uomo che dominavi l'altrui vita:
vedi che nella tenebra infinita
l'esistenza si chiude nel mistero
che tutti ci raduna nell'altrove.
Maurizio Donte 22/11/2020
EDDA CONTE: "AD UN AMICO POETA IN MEMORIA"
Ad un amico poeta
In
memoria
Palpitano di vita ancora
i versi tuoi
sofferti tormentosi
la notte insonne ne riporta
gli echi.
Ed io ti vedo.
Visione amica dalle tenebre a me vieni
con l'ironia di quel riso
spinoso
che ti nascondeva al mondo.
Non ho voce né parole
ma nell'animo mio che amasti
scrivo e scolpisco tardive
domande
di inutile accoramento.
Dov'è l'uomo
che tanto ha sofferto
e con dolore vissuto
e con intenso fervore cercato
la difficile chiave del
sapere?
Ha salito scale e aperto porte
subito richiuse con sofferto
disdegno.
Salì in alto nel suo intenso
pensare
figlio di scienza e di
filosofia...
soltanto Poesia gli fu
consolazione.
Oggi, amico mio,
di tanto arrovellarsi
hai trovato compenso lassù
dove volasti con l'ultimo
sospiro?
MARIA GRAZIA FERRARIS: "L'AERONAUTICA LOMBARDA..."
Maria Grazia Ferraris,
collaboratrice di Lèucade
L’aeronauta lombardo “erede” del sarto di Ulm.
È
uscita una nuova rivista letteraria
cartacea ad opera dell’editrice Macabor dal titolo “Il sarto di Ulm”. Il
titolo, spiegato da B. Vincenzi,
l’editore, si rifà a una storia, ricordata anche da B. Brecht, quella
dell’artigiano, Albrecht Ludwig Berblinger (1770- 1829), tutto preso dall’idea
di apprestare un apparecchio che permettesse all’uomo di volare, e un giorno,
convinto di esserci riuscito, si presentò al vescovo e gli disse, sicuro, di
essere in grado di farlo. Il vescovo lo
condusse alla finestra dell’alto palazzo e lo sfidò a dimostrarlo. Il sarto si
lanciò e ovviamente si spiaccicò sul selciato, secondo il racconto di B.
Brecth.
"Vescovo,
so volare",
il
sarto disse al vescovo.
"Guarda
come si fa!"
E
salì, con arnesi
che
parevano ali,
sopra
la grande, grande cattedrale.
Il
vescovo andò innanzi.
"Non sono che bugie,
non è un uccello, l'uomo:
mai l'uomo volerà",
disse del sarto il vescovo.
"Il
sarto è morto", disse
al
vescovo la gente.
"Era
proprio pazzia.
Le ali
si son rotte
e lui
sta là, schiantato
sui
duri, duri selci del sagrato".
"Che
le campani suonino.
Erano solo bugie.
Non è un uccello, l'uomo:
mai l'uomo volerà",
disse alla gente il vescovo.
Forse non è andata così, probabilmente Berblinger cadde invece - sbeffeggiato, ma incolume - nel Danubio in presenza e su provocazione di un vescovo e non su iniziativa personale ed alla presenza di un principe, ma poco importa, la storia viene utilizzata come metafora della fede umana nelle proprie possibilità e nella propria creatività. Non significa infatti che l’impresa fosse impossibile e che quella follia o sogno che dir si voglia non portasse con sé tutta la carica di poesia, sogno ed utopia di cui abbiamo quotidianamente bisogno. Un sogno di condivisione poetica, un programma. In me il ricordo della vicenda, più volte utilizzato in occasioni diverse, ha suscitato associazioni di cui vorrei farvi partecipi, quello del fascino del volo, dell’avventura, della creatività, della poesia…in salsa lombarda.
Vi racconterò quindi di un altro
sognatore, non digiuno di poesia, che imitando l’impresa dei Mongolfier,
preparò il suo storico volo, Paolo Andreani, (1763- 1823), milanese.
“L’aeronauta lombardo”: così fu
chiamato nei tempi lontani e gloriosi della sua giovinezza e della sua
implacabile ansia di sperimentare, andare, provare, interrogare, cercare,
capire, sognare… Vide posti
inimmaginabili, conobbe genti diverse, per colore lingua e civiltà ed abitudini,
ammirò stupito usi, consuetudini di
popoli, scelte politiche davvero alternative rispetto a quelle dell’ ambiente
lombardo settecentesco. Terminò la sua vita in una vecchia casa di Nizza senza
più vedere neppure il grande amato e
fascinoso mare, accontentandosi di
osservare il cielo cangiante, le nuvole ora bianche ora grigie che si inseguono
lente o giocose, inquiete, dimentiche di tutti gli affanni umani…, il
pensiero perduto dietro il volo di
gabbiani che se ne vanno liberi e felici per il cielo.
Fu giovane
ventenne, a Milano, folgorato dall’impresa dei Montgolfier, dagli
interessi per il volo umano e per gli
studi di aerostatica che si erano diffusi anche nel Milanese, deciso a
replicare l’impresa gloriosa nel
giardino dietro la sua villa a Brugherio. E fu di parola. Grande fu l’emozione
provata nel volo con l’aerostato fatto costruire a sue spese, nell'osservare la
sottostante terra, l'impressione di
dominare da quell'altezza uno sterminato continente, vedere tanti oggetti
presentarci un aspetto insolito, estatico e rapito. Vide smentite le dicerie,
gli schiamazzi di coloro che dicevano il suo sogno, una temerarietà, che non
sapevano capire. Qualcuno compose anche in suo onore un poemetto che cominciava
così:
"Canto
I'Insubre Eroe, che primo spinse
per
l'Italico ciel volante antenna.
E tal
die' prova di valor, che vinse
i
generosi Volator di Senna…"
Si
sentiva importante come se un novello Vincenzo Monti avesse scritto per lui
l’Ode al signor di Montgolfier. Perfino il grande Parini dedicò due sonetti
all’impresa:
Ecco
del mondo e meraviglia e gioco,
Farmi
grande in un punto e lieve io sento;
E col
fumo nel grembo e al piede il foco
Salgo
per l'aria e mi confido al vento.
E
mentre aprir novo cammino io tento
All'uom
cui l'onda e cui la terra è poco,
Fra i
ciechi moti e l'ancor dubbio evento
Alto
gridando la Natura invoco:
O
Madre de le cose! Arbitrio prenda
L'uomo
per me di questo aereo regno,
Se ciò
fia mai che più beato il renda.
Ma se
nocer poi dee, l'audace ingegno
Perda
l'opra e i consigli; e fa ch'io splenda
D'una
stolta impotenza eterno segno.( "Per la macchina aerostatica”)
Poi,
irrequieto come non mai, e come fu sempre nella vita, l’ attirò il desiderio di
uscire dai suoi territori, di affrontare
altre avventure e soprattutto quello della letteratura:
“Io, il marchese Paolo Andreani, ricco
nobiluomo milanese con madre altrettanto
nobile, Cecilia Sormani, discendente dall'illustre casata milanese, a soli 15 anni fui Pastore del movimento
letterario dell’Arcadia…., a 19 anni osai scrivere al papa per ottenere il
permesso di consultare testi proibiti di politica, legge, filosofia, matematica
e storia… tempi eroici dell’adolescenza! Come è lontano il mio brillante
passato letterario! Mi sembrano così inutili i miei diari di viaggio, che pur
ho redatto via via negli anni con precisione e sollecitudine …” La poesia del
viaggio: viaggi verso il Nord…la prima
favolosa attraversata dell’Atlantico…
Erano
gli anni 1790-1792 quando fu
protagonista di un lungo viaggio nell' America del Nord. … Gli Stati Uniti
erano allora per noi lontani come la
luna. Un Paese strano, senza re, regine
e principesse. Un laboratorio politico avventuroso. Il popolo sovrano,
la Costituzione, tutti uguali o quasi (beh, tranne gli schiavi e gli indiani!),
un presidente da eleggere, votare. La dicevano democrazia. Duemila anni dopo
Atene. Vide una nascente America post-rivoluzionaria limitata ancora per poco
alla fascia atlantica, scarsamente popolata e ricoperta da fitte foreste, ma
già in rapida e irreversibile trasformazione, con gli indiani irochesi, una
volta temutissimi, oramai rinchiusi nelle riserve... Compì una serie di
scoperte geografiche in un posto che non ha né leggi, né giudici e dove
incontrò, e ne descrisse, le abitudini,
numerose tribù di nativi, mai sazio di novità. Il ritorno in Italia non fu né
facile né felice. Si ritirò infine a Nizza.
Vide posti di bellezza inenarrabile, inseguendo l’itinerario del grande Bénédict Saussure, confortato dalle sue annotazioni e relazioni, talvolta anche impertinentemente divertito, come quando il serissimo geologo dice di aver trovato alcuni parpiglioni che svolazzavano con incerto e dubbio volo sul monte Bianco.., sapendo lui con certezza che sopra i millequattrocento metri non solo nei monti alpini, ma anche a latitudini più meridionali non se ne trovano…Piccole annotazioni, ambiziose e divertite, talvolta poetiche, a margine del grande esploratore.
Maria
Grazia Ferraris
Bibliografia
di riferimento
ANDREANI
P.- Memorie e lettere fisico-scientifiche, Londra-Ginevra 1788-1806.
ANDREANI
P. - Giornale di Viaggio. Un gentiluomo milanese sulle Alpi, a cura di E.
Fortunato, Torino, CDA e Vivalda, 2003
ANDREANI
P. - Viaggio in Nord America- a cura di E. Fortunato- ed. Scheiwiller- 1994,
Giornale 1790 - diario di un viaggio da New York ai villaggi irochesi.
PORRO
D.( a cura) Paolo Andreani, Diario di viaggio di un gentiluomo milanese,
Parigi- Londra, 1784- ed. Il Viale, MI 1975.
DICORATO
GIUSEPPE, Paolo Andreani. Aeronauta, esploratore, scienziato nella Milano dei
Lumi (1763 - 1823), Edizioni Ares.