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domenica 1 novembre 2020

M. LUISA DANIELE TOFFANIN: "FRA LE NUVOLE DI ERICE"

 

FRA LE NUVOLE DI ERICE

 

CONVERSAZIONE DI MARIA LUISA DANIELE TOFFANIN CON GEMMA SCARSELLI RICORDANDO VENIERO SCARSELLI, SIRIO GUERRIERI, GIANNI RESCIGNO E ROSSANO ONANO

 

Pioggia fredda, battente, un sipario di nebbia a Erice quel pomeriggio del 12 marzo 2016: accoglienza della natura non felice per un evento atteso da vari autori venuti da lontano, anche da Padova, preparato in tutti i particolari da Giuseppe Vultaggio e dai suoi amici della cultura. Ma al teatro Gebel Hamed, pure gelido, le prime battute con la giuria, l’abbraccio affettuoso della presidente Caterina Guttadauro La Brasca e i suoi complimenti per Florilegi femminili controvento, lo scambio di saluti con amici ritrovati, cominciano a rompere il ghiaccio infernale di quel pomeriggio. E la cerimonia, animata da musica, canto, ballo, guidata con passione ed entusiasmo sempre da Giuseppe Vultaggio, da Roberto Guerrini, vicepresidente IPLAC, e da altri ospiti, ridà calore all’ambiente: il sole dell’arte vince il disagio dell’inattesa giornata ad Erice. L’alternarsi dei premiati, la lettura delle poesie, delle motivazioni redatte davvero con professionalità e convinzione, gli interventi personali per spiegare l’intento del libro: il sogno, nel mio caso, di sensibilizzare con la poesia la donna al ricupero di valori antichi per una società nuova, riempiono l’atmosfera di umanità. E ancora con l’emozione per il premio ricevuto e la lettura della felice motivazione, il nome di Veniero Scarselli suscita un nuovo stupore. Subito ne rivedo il volto sulle pagine della rivista La Nuova tribuna letteraria, tra gli ultimi poeti che ci hanno lasciato e ascolto con maggior attenzione la motivazione di Franco Campegiani per La suprema macchina elettrostatica. Premio quindi alla memoria, che la moglie riceve sul palco immergendosi subito nella lettura di alcune pagine del poemetto Diletta sposa. Ma nel teatro dove si svolge la premiazione, guidata con sapiente partecipazione da Giuseppe Vultaggio, tutto avviene in modo rapido e sento solo in me un certo rammarico per non aver conosciuto, frequentato di più questo poeta. Non potevo immaginare ancora gli sviluppi successivi di questo momento. Ed è proprio nel calore della cena di gala presso l’hotel Elimo di Erice che mi incontro in diretta con la signora Scarselli.

Maria Luisa “Qual buon vento la porta al nostro tavolo?” chiedo compiaciuta a Gemma mentre si avvicina a noi”

G. “A dire il vero ho espresso a Giuseppe Vultaggio il desiderio di sedere al suo tavolo, perché la conoscevo dalle pagine della rivista La Nuova Tribuna Letteraria, in cui mio marito Veniero Scarselli era ben presente. Ora sono contenta nel vedere che lei mi accoglie con un bel sorriso e mi invita a sedere, insieme ai suoi familiari…”

M.L. “Quanti complimenti! Bastava che tu me lo chiedessi direttamente, e io sarei stata felice, come lo sono, di averti con noi. Ma ripetimi gentilmente il tuo nome perché di te, del tuo volto non mi ricordo, ma di quello di Veniero sì, incontrato forse al premio Cinque Terre di La Spezia. C’eri anche tu? Non sbaglio? Ricordo ora benissimo di aver chiesto molto timidamente, perché tuo marito mi dava un po’ di soggezione, il regalo di una copia di Diletta sposa, silloge pubblicata come primo premio in quel concorso. L’ho letta con piacere e la serbo con cura.”

G. “Io sono Gemma e difendo subito mio marito: veramente era solo timido e schivo, non certo superbo. Ero presente anch’io a quel premio e penso che abbiamo perso un’occasione preziosa di amicizia”.

M.L. “Possiamo ricuperare ora, perché no? In realtà questi suoi poemi mi davano l’impressione che lui fosse una specie di Padreterno e non mi accorgevo che io seguivo la sua stessa idea cioè che una poesia sola non basta per dire tutto e quindi va ampliata in un discorso composito e strutturato.” G. “Lui ha creduto fortemente nella poesia poematica, ma forse non diffondeva abbastanza il suo pensiero perché, essendo schivo, non partecipava sua sponte ai concorsi. Quando era in vita ero io quella che lo sollecitava a parteciparvi, così alla sua morte, improvvisamente mi sono trovata come disoccupata. E mentre riordinavo le sue carte e i bandi dei concorsi che stavano arrivando e che mi rigiravo tra le mani, mi è venuta l’idea che avrei potuto continuare la mia opera ed anzi, abbracciarla come una missione, per non far cadere nell’oblio un poeta, considerato di valore da molti critici e colleghi poeti. Infatti, chi più di una moglie, che ha assistito giorno dopo giorno alla creazione poetica del marito, apprezzandone l’originalità e la bellezza, può assolvere tale missione? Così sto mandando le sue opere ai concorsi, nella speranza di un riconoscimento alla memoria. A proposito, ha sentito che bella e dettagliata motivazione ha fatto il professor Franco Campegiani?”

M.L. “Veramente entusiasmante e molto coerente… Però vorrei conoscere da te qualcosa di Veniero, della sua vita, delle sue abitudini, dei luoghi più amati per avvicinarmi di più a lui. Ma perché non mi dai del tu, che io te l’ho già dato all’inizio?”

G. “Si, hai ragione, così è più facile parlarci e dirti qualcosa di più. Veramente era solo riservato Veniero, non certo superbo. Per lui la poesia non è stato un passatempo, o uno sfogo sentimentale. Tutta la sua vita è stata intessuta di poesia, avendo cominciato molto presto. Ha conservato tutti i suoi appunti su quei quaderni a copertina nera, te li ricordi? dall’adolescenza fino alla maturità e io ora spesso riapro quelle pagine giovanili, in cui già si rivela una grande capacità di analisi dell’animo umano e di riflessione sui temi esistenziali. E’ difficile raccontare Veniero: ti dirò che era molto metodico. A colazione si programmava il pranzo e non amava cambiamenti. Era un buongustaio, ottimo cuoco e perfezionista in tutte le faccende, per cui io mi aspettavo sempre un “appuntino”. A tavola si cominciava con grandi elogi, mmm, che buono! poi cominciavano le piccole critiche: forse manca un po’ di sale; ma ce l’hai messo l’aglio? (era un gran consumatore di aglio e aveva il suo piccolo mortaio in legno col pestello per l’aglio e guai a chi lo lavava). Nel lavoro il suo perfezionismo era spinto a tal punto che, quando aveva terminato un’opera la stampava, la rilegava e poi cominciava da capo a correggere a mano, solo con la stilografica e questo procedimento per 4, 5, 6 stesure! Il suo amico Giancarlo Oligli raccomandava, scherzando, di non buttar via nulla, perché per i critici futuri sarebbe stato ghiotto materiale di studio. Aveva molta fiducia nella mia capacità “diplomatica”, che però qualche volta tacciava di “buonismo; era molto comunicativo, mi leggeva tutte le sue opere, durante la stesura e prima dell’edizione, accertandosi che tutti i pensieri fossero chiaramente espressi. Anche tutta la posta “in arrivo e in uscita” si leggeva insieme e se io nelle sue risposte giudicavo qualche frase troppo tranchant e gli suggerivo di ammorbidirla, lui mi ascoltava riconoscente. Era molto irascibile, ma bastava una coccola a farlo rabbonire, perché era molto affettuoso, purtroppo l’ho capito tardi. Aveva un grande senso dell’umorismo, a volte accompagnato da una pungente ironia, ma comunque abbiamo riso tanto insieme. Penso che il riso unisca una coppia più della commozione o del pianto, perché il riso è ad un livello intellettivo superiore. Abbiamo ascoltato tanta musica insieme, ma amava solo J. S. Bach. Il mare era la sua passione ed era un provetto, ma prudentissimo capitano. Molti suoi libri sono ispirati alle navigazioni, solo in barca a vela; il titolo del primo è proprio Isole e vele e l’ultimo Vera storia del vascello fantasma.”

M.L. “È bello conoscere tutti questi aspetti di un poeta, che non avrei mai immaginato. È come svelare un po’ il mistero che c’è intorno ad ognuno di noi.”

G. “Ma ritorniamo al tuo discorso precedente sul premio Cinque Terree sui premi organizzati da Guerrieri. Memorabili erano le cerimonie di premiazione, precedute da tavole rotonde e dibattiti, ai quali Veniero si preparava scrupolosamente, con lo scopo di promuovere la poesia poematica, elogiandone le potenzialità. Quel genere di premiazioni, allietate da gustosi pranzi conviviali, ha dato l’occasione ai poeti di conoscersi e di conoscere la Liguria.”

M.L. “Ma ascoltandoti ho la sensazione che si stia aprendo la porta di un lungo corridoio con tante stanze abitate da ricordi di persone diverse. E subito risento anche le voci eccitate dei partecipanti alle discussioni sotto il tendone, non pergolato, là alla Foce sulle colline intorno a La Spezia, ma anche a Potenzana, ad Aulla. Ovunque si discuteva dopo le dotte relazioni sugli autori del ‘900, sulla poesia anche nella sua forma, nella sua struttura, tenute da Sirio o dalla Ninnj Di Stefano Busà o da altri di quella splendida giuria di professionisti delle Cinque Terre. E subito rivedo il ristorante albergo Alla Foce, a conduzione famigliare, molto simpatico, luogo delle premiazioni, ma anche dove io e mio marito andavamo a cena con Sirio e Luciana felici, entusiasti di stare insieme. Sirio, devo dir la verità, mi voleva molto bene e amava i miei versi perché ormai era al di sopra delle stupide rivalità che avvelenano la poesia, manifestava sempre il suo animo puro di un fanciullo innamorato, come affermi, della sua terra, della sua mitica casetta a cui andava spesso a lavorare per tenerla sempre pronta, per essere abitata ancora, come nei tempi giovani, nonostante Luciana lo sgridasse perché temeva si affaticasse. Ma lui era soprattutto un grande poeta, un critico, colto raffinato custode degli odori della flora della sua Liguria di cui conosceva, come un valido botanico, nomi e caratteristiche. Una poesia quindi che nasceva dalla verità della natura, ma che portava dentro tutto il suo vissuto umano e la memoria del passato. Quindi versi ricchi di vita, di natura, del senso della casa, dell’esperienza di partigiano sempre nel ruotare fantastico del creato. E la Parola raffinata in un verso fluido.”

G. “Anche Veniero aveva molta stima di Guerrieri, come poeta e come persona, che si distingueva per lo slancio generoso, che nella condivisione dell’amore per la poesia, gli faceva aprire anche la porta di casa sua.”

M.L. “Siamo proprio d’accordo io e Veniero. Però ritornando al lato umano di Sirio, quello che non dimenticherò mai sono le sue telefonate, ci siamo sentiti anche il giorno prima della sua morte quando mi ha annunciato che era riuscito a completare un suo giudizio critico sulla mia poesia da pubblicare sull’antologia della Helicon. E questo per me è stato come una specie di testamento spirituale di un rapporto umano prezioso e affettuoso che talora la poesia ti sa donare.”

G. “È vero, sono nate tante belle amicizie grazie a Guerrieri e ai suoi premi letterari, che diventavano eventi memorabili. Come ho accennato, siamo stati anche suoi ospiti; ricordo la sua casa, tappezzata dai libri dei premi in cui era in giuria. In effetti era in giuria in premi prestigiosi, tra cui il Premio Casentino di Poppi, in occasione del quale non ha mancato di farci visita a Pratovecchio.”

M.L. “Sì, eventi addirittura mitici. Si parlava delle sue tavole rotonde in barcone nel mar Ligure di cui io non ho goduto se non nel racconto di altri. Sai, ritornando al nostro bel rapporto, ricordo altre telefonate in cui mi dettava le recensioni sulle mie sillogi con una capacità critica di analisi e di sintesi insuperabili, aperta al confronto con poeti di tutto l’orizzonte europeo del Novecento, rivelando questa sua vasta cultura. Mi leggeva anche le sue poesie che odoravano sempre di vento salmastro, di erbe di fiori pervase da una grande nostalgia per un tempo ormai passato. E poi, come in una visione improvvisa, rivedo il suo arrivo indimenticabile al castello di Riomaggiore con il trenino delle Cinque Terre insieme a molti amici, a Luciana, per presentare con Graziella Corsinovi Iter Ligure, sapientemente prefato da Nazario Pardini. E allora colgo l’occasione per spiegare perché non ho dato a lui completamente questo compito: temevo che essendo stato da poco indisposto ed essendo anziano, fosse un’impresa nell’insieme faticosa. Forse ho sbagliato. Ma nel suo intervento ha ugualmente espresso tutte le sue doti critiche e l’approfondita conoscenza dei miei versi. Ma lui, che era sempre un gran signore, ha certamente capito tutto. Il suo stile di vita e il suo rapporto con gli altri riflettevano il suo mondo poetico: un’esistenza devota alla poesia, alla cultura di cui io amo trattenere anche questi piccoli frammenti del vissuto insieme come espressione della nostra amicizia.”

G. “Sono d’accordo con te e anche Veniero aveva questa opinione.” M.L. “Non voglio annoiarti ma c’è un’altra pagina che non posso tralasciare: il suo invito a La spezia in inverno per la poesia insieme ad altre scrittrici, con una presentazione completa e articolata. E poi la cena a casa della Virginia Sommovigo e la relativa offerta di ospitalità per la notte. Sirio temeva che, data la stagione, trovassimo il Passo della Cisa ghiacciato. Per dire quanta amicizia, premura e quanti affetti in questi premi.”

G. “Per i poeti poi era bello rivedersi alle successive premiazioni, che erano una conferma del proprio valore poetico e diventavano occasione di nuove amicizie. Per Veniero è stato molto importante l’incontro con Rossano Onano, con il quale si instaurò una profonda amicizia. Gli è stato vicino fino agli ultimi giorni.” M.L. “Rossano Onano? È anche un mio caro amico. L’ho incontrato al premio Arcidosso diverse volte e ha dimostrato grande interesse per il libro Sebastiano Schiavon lo strapazzasiori, saggio storico opera di Massino Toffanin, mio marito. Ricordo sempre la sua disponibilità, la sua competenza raffinata alla lettura dell’analisi critica di Mario Richter sulla mia poesia presentata sulle pagine di Pomezia. E poi è anche di questi giorni il suo ironico e acuto articolo su I luoghi di Sebastiano, romanzo a quattro mani, quelle di mio marito e mie. È veramente una bella penna! E ripenso ai libri scritti da lui e da Veniero. Preziose queste collaborazioni e rapporti umani che tengono sempre desto il fuoco sincero della stima, degli interessi comuni, in questo mondo letterario ora così diverso.”

G. “Voglio raccontarti in che modo Rossano è stato vicino a Veniero, scoraggiandolo dal ricorrere all’eutanasia e spronandolo ad affrontare coscientemente la morte da par suo, come l’esperienza suprema, in cui dare il meglio di sé. Gli suggerì di vedere il film Il settimo sigillo di Bergman, in cui lui sarebbe l'eroico cavaliere che gioca a scacchi con la morte, sostituendola partita a scacchi con un certame poetico con l'angelo Gabriele. Però non ci è dato sapere se esso sia avvenuto nell’intimo di Veniero, perché via via che i sintomi della malattia si aggravavanonon ha più parlato, né mangiato, né accettato la nutrizione per sondino, ha cercato solo l’acqua. Sembrava tutto concentrato in se stesso con la sua morte. Io ho seguito alla lettera le sue raccomandazioni, ispirate dal Libro Tibetano dei morti e fatte proprie in Diletta sposa, di non toccarlo, per non ostacolare il suo trapasso con effusioni affettuose.”

M.L. “Ti ringrazio per avermi resa partecipe di questo momento così intimo, privato, sacro. E per avermi fatto conoscere di più l’animo di tuo marito e di Onano. Che nobile questa sua presenza, confortante negli ultimi giorni di Veniero, anche per te credo. Solamente nella vera amicizia puoi trovare il viatico per percorrere il cammino terreno e il suo epilogo finale. Anche un altro poeta, mio carissimo amico, ci ha lasciati pochi mesi fa.” G. “Chi è? Dimmi, forse lo conosco, ma non sono aggiornata, perché negli ultimi tempi non ho seguito molto le riviste letterarie.” M.L. “Gianni Rescigno, un cantore, quasi epico, della sua terra, del suo mare, della sua gente, della casa, degli affetti, della memoria, della vita insomma, in versi intrisi di Cielo, in una parola, ti dico la verità, sempre più rarefatta nel tempo.”

G. “Anche per lui, non proprio amico intimo di Veniero, nutrivamo molta stima. Io gli ho scritto anche due recensioni agli ultimi libri. Era un poeta assai diverso per stile e contenuti da Veniero, ma comunque molto profondo, di grande religiosità e con un grande attaccamento alla sua terra.” M.L. “Gianni Rescigno e la moglie Lucia, come diceva lui, la sua ombra di giorno, la sua stella di notte… quanto cari mi erano! Sempre personaggi del Premio Arcidosso, ed altri, un premio incantato ai piedi del monte Amiata, con cerimonia in un’antica chiesa sconsacrata e rinfresco all’aperto. Poi tutti riuniti insieme in un albergo. Tra gli altri ricordo anche Sandro Angelucci e, della giuria, Gianni Rescigno, don Roberto Bianchini, Roberta Fabris, tutta gente che leggeva i testi inviati e scriveva in modo coerente con fede nella poesia. E poi che belle giornate trascorse insieme organizzate dall’associazione come la visita a Santa Fosca con le splendide opere di Luca della Robbia e ad altri luoghi inediti di arte e di cultura. E poi i pranzi in posti sempre diversi ma in un clima di festa. Mi manca veramente quel premio che non c’è più in cui mi ritrovavo con tanti cari amici. E ritorno a Rescigno, alle dediche dei suoi libri che mi regalava, alle sue risposte sempre ai miei, puntuali, acute e affettuose. E ricordo anche la mia recensione apparsa ne La Nuova Tribuna Letteraria al suo Anime fuggenti. Sai, anche con Lucia si era creato un bel rapporto dopo che mio marito ha offerto a lei e a Gianni un passaggio in macchina da Arcidosso a L’Aquilaia, abitudine che si ripeteva di anno in anno e che aveva creato tra noi una certa intimità. Con Lucia ci siamo sentite anche recentemente, dopo la morte di Gianni, e lei mi ha inviato l’ultimo suo libro. Ma Veniero ha mai partecipato a questo premio?”

G. “No, non ha mai partecipato e non ne ricordo il motivo.”

M.L. “Non so, ma mi pare che allora ci fossero rapporti più umani, autentici, con stima reciproca. Ora sento una certa arroganza, una volontà di essere sopra gli altri e di sfruttare tutto e tutti per raggiungere qualcosa. Noi abbiamo bisogno davvero di uomini come Guerrieri e Rescigno che ci hanno lasciati. Bisogna ricordarli perché hanno fatto della cultura e della poesia lo scopo della loro esistenza creando armonie, rapporti, sentimenti profondi che non possiamo dimenticare. In un mio libro dico che la memoria è linfa di vita per i giovani che leggeri vanno a sforare il futuro. Che poi, i nostri due amici avevano molti elementi in comune: la loro poesia odorava di alghe marine, era intrisa di memoria, di sogni, di speranza, con una grande disponibilità per l’uomo, con un sentire quasi etico l’impegno del vivere. La poesia come stile di vita, respiro della loro stessa vita, in Sirio aperta, con la sua capacità organizzativa, al mondo intero.”

G. “E’ proprio vero: in loro percepivo quella sincerità e quell’umiltà che li rendevano grandi amici.”

M.L. “La cena è ormai giunta al termine ma noi, cara Gemma, abbiamo respirato, in questa conversazione frammentaria, un’atmosfera poetica e umana unica che rimarrà sempre viva in noi e soprattutto nelle pagine dei loro libri.”

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