Gian Piero Stefanoni, collaboratore i Lèucade |
QUALE
PAROLA
Quale parola dice la paura,
quale la nasconde?
Non è umano questo premere
senza toccare e che chiede l'assenso
nella conta dormiente degli angeli.
Non è da Dio il tormento,
la divisione della luce, l'impaziente
sottrazione delle orme.
È scritto infatti-
l'uomo alla fine del cielo,
il salto alla fine dell'acque.
CAMMINANTI
Non teme chi non ha vita,
sposta l'altare, alza il numero
nell'ammonizione dei ricoveri
e delle piazze fasciate.
Ma non è pensabile in noi
ciò che allo specchio riappare-
non più dell'altro- nelle case,
nella carne- il provvisorio scontornando l'abisso.
Non è pensabile- e non si fermano
nel sottomondo stabili e labili-
nel sottomondo nel mondo
che di noi non ha veste.
Non si piange solo per se
stessi,
non si perde nella domanda l'escluso
ma riporta la complessità alle semplicità delle cose,
la vita a una parola ben scandita.
Attraversa lentamente la porta la donna
per non destare demoni. Siamo come bambini
se dicessimo che qui il mare è alto
non pianteremmo fiori.
KERIGMA
E li vedi ogni anno
sempre più piegati fino a toccare la terra,
gli occhi fissi, la bocca aperta al ruminare del cielo.
Ma poi passi
e dimentichi il velo, dimentichi la veste,
l'odore dell'agnello nella tosatura delle mani.
Carissimo Gian Piero, sconvolgente, toccante, denso di un pathos che graffia il cuore il tuo versificare. Sei essenziale e immaginifico. La tua tendenza alla sottrazione è valore aggiunto. Sembrano sassi alcuni tuoi versi, tesi a lapidare il dolore, a creare cerchi infiniti nel lago del tormento, che da un anno ha cambiato le nostre esistenze. Nella Sillogi sottolinei con espressioni sublimi quanto si muoia tutti ogni giorno 'nella conta dormiente degli angeli'- le lacrime scivolano da sole, incontrollate -, e come:
RispondiElimina"non si perde nella domanda l'escluso
ma riporta la complessità alle semplicità delle cose", lasciando che la mente vaghi verso speculazioni di carattere etico - filosofico. Ma sai tornare sempre al senso del reale, allo strazio, come nella chiusa incredibile dell'ultima lirica:
"Ma poi passi
e dimentichi il velo, dimentichi la veste,
l'odore dell'agnello nella tosatura delle mani". Versi che sono poesia di eco ungarettiano in se stessi. Un grande tributo il tuo, a quest'anno che stordisce e forse restituisce a noi individui il senso dell'effimero. Sei un urlo muto e vero. Grazie per gli insegnamenti e per la tua grande potenza lirica. Ti abbraccio.
Maria carissima,grazie sempre per il tuo affetto e la tua lettura partecipativa.. Grazie per il riferimento a Ungaretti, tra i primissimi miei maestri e maestro sempre.. ti auguro, come auguro a tutti noi, luce buona e dolce nella forza di un ascolto e di un sostegno reciproco.. un abbraccio grande.. Gian Piero
RispondiEliminaMaria carissima,grazie sempre per il tuo affetto e la tua lettura partecipativa.. Grazie per il riferimento a Ungaretti, tra i primissimi miei maestri e maestro sempre.. ti auguro, come auguro a tutti noi, luce buona e dolce nella forza di un ascolto e di un sostegno reciproco.. un abbraccio grande.. Gian Piero
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