Laila Scorcelletti su “NUOVE DALL’HINTERLAND” di MARIA ALTOMARE SARDELLA
“…il
dolore le aveva spezzato il cuore pur senza distruggerlo perché quando una
donna è forte non si lascia morire, semplicemente smette di sognare.”
Forse la chiave di lettura dei
racconti contenuti nel libro “Nuove
dall’Hinterland” di Maria
Altomare Sardella è nella potenza di questa frase che la
scrittrice inserisce nel suo brano intitolato “Traiettorie”.
Certamente la fase di pandemia che
viviamo e che si protrae senza poterne vedere con chiarezza la fine, ha
condizionato inevitabilmente l’angolatura da cui ho letto le pagine di questo
lavoro, delicato e, al tempo stesso, penetrante.
Mi sembra di vedere la scrittrice
in tutta la fase ispiratrice dell’opera; la immagino, forse abitualmente
attenta a osservare le persone nella loro quotidianità, per immergersi
totalmente nella realtà interiore di ciascuno fino a portarla nell’inchiostro
della sua penna, con l’intento specifico di animare i personaggi dei suoi
racconti.
Occorre saper ascoltare i silenzi
degli individui, guardare oltre le parole, sentire oltre lo sguardo, esplorare
i mondi nascosti dietro il velo della banalità, per riuscire a mettere in
scena, così sapientemente, i frammenti del vivere comune.
Maria Altomare Sardella ama i suoi
personaggi mentre li fa vivere nelle pagine della narrazione. E li ama perché,
prima ancora, ama il genere umano. Non si accanisce mai nella descrizione del
dramma. Il suo stile narrativo, leggero, morbido, fruibile, non vuole scuotere
il lettore provocando in lui sensazioni forti o sconvolgenti ma lo conduce per
mano, nella vita degli altri e lo aiuta a ritrovare la capacità di commuoversi
quando, tra le parole del testo, lo guida nell’incontro con l’autenticità della
persona che pulsa dentro la maschera del personaggio.
Tanta fruizione filmica e
televisiva, intrisa di violenza psichica e fisica, presentata abitualmente sia
nei telegiornali che nelle varie produzioni basate sulla finzione scenica, ha
decisamente modificato la soglia del disgusto e dell’indignazione che agisce
sul livello emozionale delle persone di questo tempo storico, governato dai
social e dai mezzi di comunicazione di massa. Per l’immaginario collettivo
sembra ormai indispensabile la presenza di un messaggio forte, nelle varie
forme di espressione, per sollevare un’emozione. Invece la scrittrice riesce a
farci riscoprire la bellezza delle sensazioni che scaturiscono dalla
semplicità del vivere quotidiano. E la commozione ci coglie, inaspettata, quando
alcune sue parole, catturate dal cristallino, ci entrano nella retina e
arrivano al nervo ottico… e in pochi istanti la vista si appanna per qualche
lacrima che scende, a sorpresa; l’iride si dilata e si concentra per regolare
meglio la luce che entra nel nostro occhio e che avvolge le lettere stampate
sul foglio di quel libro che è lì, inerme, ma che riesce a farci condividere,
oltre ogni nostra volontà, l’emozione che sta vivendo il personaggio del
racconto.
Mi piace sottolineare che la
naturalezza con cui l’autrice pone la sua trama narrativa, è lontana da ogni
superficialità: nelle molteplici stanze della sua architettura contenutistica,
ciascun brano ha per pavimento le problematiche sociali ed esistenziali che
caratterizzano il nostro tempo, descritte nel loro scorrere con uno stile mai
urlato, quasi silente, che si insinua nella giornata dei protagonisti e giunge
al lettore, attraverso i racconti, come tanti affluenti che arrivano, con
naturalezza, al fiume principale, quello della vita di un’umanità che scorre da
millenni e che, con saggezza, accoglie storie apparentemente diverse, ma
che, nell’intima sostanza, sgorgano, da sempre, dalle medesime sorgenti.
In ultima analisi, questa lettura
mi ha legata empaticamente all’autrice anche con quel suo “semel in anno licet
insanire” così sapientemente iniettato, come antitarlo della consuetudine
alienante, nel racconto “Cena per single”. Per me è stato emozionante ritrovare
tra le righe di quella sua pagina, un proverbio latino che amo particolarmente e
che mi accompagna nella vita fin da quando stavo sul banco della prima media.
Teniamolo bene a mente questo antico motto che la scrittrice ci riporta alla
memoria e prendiamolo in saggia considerazione quando l’abitudine a
sopravvivere mette a tacere la passionalità del vivere.
Laila Scorcelletti
Grazie, Laila, per le tue belle parole. Soprattutto, grazie al Poeta Nazario Pardini, che ci apre la sua "casa". Non solo grazie perché si scrive della mia opera, ma perché siete generosi e valenti. Solo chi vale davvero, infatti, non teme il confronto e può ammettere il valore altrui. Un caro saluto a tutti.
RispondiEliminaTerzo meritato tributo della carissima amica Laila per l'Opera della nostra talentuosa Maria Altomare Sardella. Le sue storie 'di tutti i giorni' scritte in modo raffinato, lieve e spesso commovente, come sottolinea Laila, confermano che i libri e le idee sono come il sangue: hanno bisogno di circolare e ci tengono in vita.
RispondiEliminaRingrazio Laila per la sua disamina avvincente e fruibile; Maria Altomare per la sua 'trasfusione' e Nazario... perchè esiste. Li abbraccio tutti con affetto grande.