Loredana D’Alfonso su “Nuove dall’Hinterland” di Maria Altomare Sardella
Loredana D'Alfonso,
collaboratrice di Lèucade
“Nuove
dall’Hinterland” di Maria Altomare Sardella (Editore Il Rio) è una raccolta di ventidue
racconti, che, come dice il titolo, sono ispirati dall’entroterra, dalle
periferie delle metropoli.
Le vicende, infatti, sono ambientate
nelle strade e nei territori che circondano le grandi città.
Lo stile è scorrevole ed elegante, i
ritratti dei personaggi sono autentici ed interessanti.
La silloge si apre con “Alejandro”, la
storia di un riscatto al femminile. Loredana, la protagonista, scopre il
tradimento del marito dopo vent’anni di vita, sofferenza che si accompagna a
quella causata da un figlio cercato ma mai arrivato. Tramortita dal dolore,
ritroverà il coraggio per merito di Alejandro, un ragazzo colombiano che la
soccorre su una strada annegata dalla pioggia.
“Ha
perso l’amore di suo marito, questo è certo”…..”Tutto il dolore lei l’ha già
sofferto”… “Se Claudio, il suo uomo, la getta via con assoluta noncuranza, il gesto
altruista di un ragazzo sconosciuto può giustificare la volontà di continuare a
vivere con fiducia il resto della vita”.
Con “Tano” l’Autrice vira in una storia
molto originale, pervasa da una vis
umoristica, nella quale il protagonista resta ammaliato da una donna incontrata
per caso in un ufficio postale. Letteralmente
incantato e calamitato dai suoi occhi e dalle sue mani, con una scusa la
va a cercare a casa. E’ uno “sliding
doors”, una delle migliaia di possibilità che si potevano verificare nel
corso di quella giornata, e le porte scorrevoli si aprono davanti a Tano. E’ accaduto quell’evento
imprevedibile che cambia la vita al protagonista.
“Lorenza” e “Rosa” potrebbero essere
definiti “Ritratti in color seppia di solitudine al femminile”.
A Lorenza passa tutta una vita davanti,
mentre con un pesante borsone, varca le soglie di una casa di riposo. Rosa è
vedova, dopo essere stata sposa di un uomo che le sarebbe potuto essere padre.
Con tocco gentile l’Autrice dipinge le due donne come fiori delicati, come
quelli conservati tra le pagine di un libro, ne esalta i sentimenti ancora
vibranti, la nostalgia di un passato dai colori nitidi, i rimpianti e la
malinconia.
“Fantasticherà
che l’apprendista era stato il corriere di un amante lontano, e in ultimo,
ripensando al misterioso messaggio di un bocciolo tardivo, potrà illudersi di
non essere stata per il mondo, come le va sussurrando un tarlo nel cuore, una
inavvertita folata di vento se almeno una volta nella vita, a una vigilia di
festa, un ragazzo gentile le ha donato un bocciolo di rosa”.
Nella lettura ci si imbatte in “Filo”,
in cui il protagonista, attraverso il dialogo con una sconosciuta, si interroga
su temi fondamentali della nostra esistenza. “Ho vissuto bene? Questa è l’unica domanda che ormai mi assilla tutte le
mattine, quando mi rado davanti allo specchio, perché, in fondo, ciò che conta
non è quanto ma come lo viviamo il tempo che ci viene dato”.
Nel racconto si affronta l’aspetto
della fine del percorso terreno e della sua ineluttabilità, ma si parla anche
dell’amore perché - ed è eternamente
vero - “è ciò che conta, l’unica realtà che il tempo
non distrugge”.
In “Cena per single” la consistenza del
narrare diventa emozionante e filmica. Il racconto rievoca infatti la
produzione cinematografica del grande regista turco Ferzan Ozpetek, che ha la
sua centralità nei temi della solidarietà e dell’amicizia.
E’ il 14 febbraio in un condominio di
una stradina di un centro urbano nei dintorni di Milano. Tutti sanno che è San
Valentino, la festa degli innamorati, “anche
don Guido, il parroco della chiesa che si erge accanto alla piazzetta”.
L’imprevisto arriva nel pomeriggio
sotto forma di una forte nevicata che paralizza la cittadina e costringe tutti
a ritornare a casa.
La giornata si concluderà con una cena “in verticale” lungo le scale, “visto che nessuno degli appartamenti è
abbastanza grande per ospitare tutti”.
Si materializzano all’istante “rose rosse per adornare la ringhiera,
candele in barattoli di vetro colorato, cuscini su ogni gradino, la stufa
elettrica di don Guido, il cibo che ognuno potrà offrire, fuori la neve, tanta
allegria in loro e la cena di San Valentino è servita!”.
“Nuove
dall’Hinterland” si è rivelata una lettura molto piacevole. Fin dal primo
racconto si avverte la profonda empatia che lega l’Autrice alle sue creature.
Maria Altomare Sardella scrive con
garbo e tratteggia con grande amore i suoi personaggi. Li descrive con cura,
riscattandone le storie che non vanno, i vissuti bui, le brutture, le sconfitte
e i dolori. L’Autrice avvolge di levità anche il testo più crudo e mette il
lettore a suo agio, accompagnandolo in queste storie “ordinarie” e nello stesso
tempo “straordinarie” per l’unicità che ogni essere umano possiede.
Loredana D’Alfonso
Grazie Lory, parli di un testo caro a molti di noi e ne parli con i tuoi tocchi di originalità e con una capacità esegetica superbe. Rendi il giusto omaggio ai racconti 'ordinari' e 'straordinari'della cara Maria Altomare e affreschi un'altra pagina di grande talento. I meriti dell'Autrice sono indubbi, ci siamo innamorati in tanti dei suoi personaggi e le auguriamo il successo che merita. Colgo l'occasione per abbracciarvi entrambe e di coinvolgere nella stretta il carissimo Condottiero che rende possibili questi scambi affettivi!
RispondiEliminaMille grazie a Loredana D'Alfonso per aver letto "Nuove dall'Hinterland" e averne voluto scrivere. Apprezzo il suo commento, l' accoglienza del prof. Nazario Pardini, eccellente padrone di casa, e lo spirito socievole di Maria Rizzi che ci lega tutti.
RispondiEliminaMaria Altomare Sardella