Pagine

domenica 3 gennaio 2021

MARIA RIZZI LEGGE: "TUTTO FU BELLO QUI" DI MAURIZIO ZANON

Maurizio Zanon

TUTTO FU BELLO QUI 

Recensione di Maria Rizzi

Senza piaggeria confesso l’amore a prima vista per la Silloge di Maurizio ZanonTutto fu bello qui”, edita da Guido Miano - Milano. Mi ha affascinato il titolo, che è già poesia, un’espressione che sembra circoscrivere l’idea di felicità, della quale è concesso a tutti essere inquilini e, di conseguenza, sperare di tornare ad abitarla. Titolo quanto mai significativo in un periodo di sospensione, che ci vede in balìa del male, della paura, della forzata solitudine. Mi ha stregato l’immagine di copertina: la laguna veneziana nell’ora azzurra del giorno. Facile pensare che ‘fu tutto bello lì’, tra i palazzi antichi, che si ergono quali testimoni della storia della Repubblica veneziana, tra i movimenti delle forcole dei gondolieri, danzatori incantati al ritmo dell’imbrunire. E mi ha coinvolta ed emozionata il testo, la melodia del dire di Zanon, evidente sin dalla dedica, che sento di poter paragonare all’incipit del primo violino in un concerto: “La poesia è tutto o niente / qualcosa che viene e va / con uguale disinvoltura”.

L’opera è un compendio di liriche tratte da varie Raccolte dell’Autore accomunate dalla tensione verso i miracoli poetici della natura, dall’empatia verso il creato, dal desiderio di tendersi ad arco verso l’altro. Zanon possiede la levità di una carezza. Mostra l’attitudine a prediligere liriche sobrie, che evitino la sovrabbondanza, gli orpelli e si palesino nella loro essenza. Le metafore, le similitudini, non sembrano care a questo Poeta raffinato, elegante, che rende spartiti le sue liriche e regala la costante sensazione di danzare sui versi. La Silloge è introdotta magnificamente da Enzo Concardi, con linguaggio critico e appassionato, dopo le sue pagine io posso limitarmi a viaggiare su tanta sinfonia con vibrante umiltà.

La prima poesia, di soli quattro versi, rende il fenomeno atmosferico della nebbia, non sudario, ma tessuto d’organza in grado di celare le piaghe del tempo:

 

“Tu che nascondi le cose

nascondimi quelle lontane

gli amari ricordi e le piaghe

del tempo deluso e sconfitto”.

(Lirica “Nebbia)

 

La figura retorica dalla quale sembra sedotto Zanon è l’anafora e non potrebbe essere altrimenti, visto che la ripetizione è parte di ogni musica. Le note sono così evidenti che le liriche si ascoltano alla prima silenziosa lettura.

 

“Così il poeta

 può continuare a sognare:

 sogna il suo mondo oltre i confini

 dove nulla è finito

 e nebbia non c’è”.

(Dalla lirica “Il sogno del poeta”)

 

Se è opinione comune che i sogni invecchino prima dei sognatori è altrettanto vero che il Poeta, cantore dell’esistenza, come il Nostro, possiede il coraggio dei sognatori, gli unici capaci di coniugare i verbi al futuro, grazie al cuore - fanciullo e all’innocenza, miracolo più resistente del giunco. Nella Raccolta sorprende che liriche, attinte da sillogi composte in diversi periodi - dal 1985 al 2019 -, che coprono, quindi, l’arco di circa venticinque anni, riescano a mostrare una consecutio eccellente. Non si notano cambi rilevanti nel timbro, nella struttura, nel ritmo e soprattutto nella musicalità. V’è, come credo sia fisiologico, la tendenza a posarsi sulle storie, a guardarle a tratti con una patina di disincanto, di minor luminosità… Ma Zanon non rinuncia mai all’aspetto empatico, alla visione ‘pascoliana’ della vita.

 

“Ebbene lo ammetto:

 nella stagione fiorita,

 irrequieto, ho tanto amato la vita.

 Ora l’inverno attendo,

 i suoi bianchi silenzi aspetto:

 sotto i portici canti di neve vendo”

(Lirica “Rivelazione”)

 

Molti versi sono dedicati alla sua città, Venezia, e alle isole vicine, presentate con una consistenza e una delicatezza così intense che le elevano allo stato di visioni. Sembra un ossimoro accostare il termine consistenza alla parola visione, ma esiste nella grande Poesia la possibilità di far viaggiare sulla musica del “piccolo lembo di terra sottile / messo lì che pare un miracolo” - Santa Maria del Mare - , del “sogno / che rinasce / ad ogni stagione” - Un sogno -, del “vento che lento / il nostro passo accompagna / lungo la laguna” - Pellestrina - . Quante volte ricorre il sogno nel lirismo di questo Autore di raso e oro? E come si scivola sui suoi versi come vele sulle onde in risacca? E’ forse la musica del mare, o della sua laguna, che diviene la partitura sulla quale ascoltare le note fluide, dense di pathos e ricche di immagini? La lunga storia d’amore con la moglie scandisce il canto puntualmente, quasi a stabilire un punto fermo, tra la corsa degli anni, il mutare degli eventi. Sa essere turbine di parole laviche, distillato di tenerezza, linfa di desiderio e luce di certezza.

 

“Sei la mia vita:

 io so non ci credi, mi guardi stupita

 ed in questo muovere di foglie

 non sei solo - dici - c’è sempre tua moglie”.

 

(Lirica senza titolo tratta da Un girasole ho nel cuore, 2004)

 

Zanon impartisce lezioni di semplicità sublime, fronteggiando con i suoi versi in musica la boria, l’egocentrismo di una nuova Poesia senza poesia, che si arroga il diritto di introdurre forme sperimentali, prosastiche, talvolta deliranti. Io non sono poetessa, ho marcato il mio territorio dopo vent’anni di esercitazioni, e non possiedo i codici di lettura di un critico o di un Poeta, ma dopo anni di amore disperato per questa branca del sapere, che ritengo l’origine d’ogni forma di creatività, riconosco la malìa del verso che forza le dighe dell’anima, che irrompe tra le fronde interiori, le scuote come vento di libeccio e le bagna di rugiada. La poesia di Zanon merita l’accompagnamento della lira, in quanto esprime il mondo interiore dell’Autore, i suoi rapporti affettivi con gli amori fisici e con gli elementi della natura, la sua malinconica nostalgia. Si legge di un Poeta che non ha cercato il suo posto nel mondo, è sempre stato consapevole che fosse dentro di lui, dove fluisce il sangue, dove respira, piange, ride, lotta, restando vivo.

 

“Ho amato la vita, pur tra mille affanni, l’ho amata

 nelle aspettative senza pretese della gente per

 strada

 nel profumo del pane e negli odori ai mercati

 nel suono di quella campanella a scuola la mattina

 nei desideri degli scolari, nei loro sogni.

 E le volte che più semplice s’è mostrata, di più

 l’ho amata”

 (Lirica “La vita”)

 

Si esce da questa Opera avvolti dalla grazia vertiginosa di Maurizio Zanon, consapevoli che Venezia, quale allegoria del tempo, è pur sempre il fragile labirinto sul bordo del mare, che ci rammenta quanto sono brevi e pericolosi i viaggi della vita, ma al tempo stesso quanto sia importante per dare il giusto valore al frammento d’eternità che possediamo la costante consapevolezza che esista un ordine delle cose nel mondo, un ordine che si rivela solo a coloro che tendono a incastrarsi, a collimare. “Alla fine di tutto il nostro andare / ritorneremo al punto di partenza / per conoscerci per la prima volta” - T.S. Eliot -

 

“Ci siamo consumati fino a morire

 Sotto un cielo da cui aspettiamo ancora

 grandi cose”.

(Versi tratti dalla lirica “Tutto fu bello qui”)


Maria Rizzi

Maurizio Zanon, TUTTO FU BELLO QUI, pref. di Enzo Concardi, pp.90, Guido Miano Editore, Milano 2020, isbn 978-88-31497-24-4.

1 commento:

  1. E' stato un viaggio d'amore la lettura di questa Silloge in un periodo così particolare. Mi ha permesso di assentarmi, di volare, di sognare. Forse l'eccessivo slancio ha privato la lettura del rigore necessario, ma l'autenticità delle emozioni provate credo sia evidente.
    Lo ringrazio e gli garantisco che il viaggio nella sua musica mi ha fatto credere, che 'sarà tutto bello qui'...

    RispondiElimina