BOATI DAL PROFONDO
di Pasqualino Cinnirella
Nota di lettura di Marisa
Cossu
Marisa Cossu, collaboratrice di Lèucade |
Ho
letto con piacere il bellissimo libro “Boati dal profondo” inframmezzato dalle
note critiche di molti autorevoli recensori. L’interesse è così cresciuto nel
confronto tra i modi di vedere e sentire, tra gli stralci offerti in lettura e
le liriche a carattere intimistico, evocativo, ma anche fortemente civile. La visione
etica della poesia si snoda nelle piacevoli forme estetiche della poetica di
Pasqualino Cinnirella in un crescendo musicale dovuto alla disposizione delle
parole nel verso, alla selezione accurata dei termini, in modo che l’insieme
abbia misura, ritmo, armonia. Una metrica che segue lo svolgersi del sentimento
e del pensiero e si avvale di una ben strutturata competenza lessicale.
L’inserimento della critica letteraria tra i testi poetici rivela la volontà di
tener conto del giudizio con l’umiltà degna di un poeta che dedica i suoi versi
agli altri oltre che a sé stesso.
Il
Cinnirella, infatti, cura la propria scrittura con amorosa dedizione, perché i
versi si presentino nella loro perfetta funzione emotivo-comunicativa e nel
loro autentico significato. La parola del sentimento e del pensiero è fiamma
chiarificatrice, consolatoria, spesso pacificata al vissuto e ai tratti
salienti delle più segrete emozioni:
“Non
dirmi parole/che non lacerino/con alito odoroso, il chiuso dei pensieri/in
dissonanze di vita;”
A
questo servono le parole, i versi, a graffiare il muro che noi stessi eleviamo
e che rende difficile la grazia della poesia. Nel vulcano in cui siamo immersi,
ardono parole mai scritte, sinfonie segrete, voci avvertite come echi di un
pathos che sgorgherà in “un sorriso finale”.
Fin
dalla copertina si coglie il bisogno del poeta di trarre alla luce il magma del
sentire, il groviglio delle passioni, l’esplosione di una interiorità che ha
urgenza di esprimersi. Non sono sussurri, soffi, ma “boati” quelli che via via
emergono nelle varie liriche, rumore che deve raggiungere un approdo epifanico,
destare riflessioni, rendere partecipi i lettori di stati d’animo e
suggestioni. Il focus è sui polemos dell’esistenza con una tensione morale
spesso pessimistica, a volte illuminata dalla speranza.
Molte
sono le liriche dedicate agli affetti famigliari, all’amore. Al padre e allo
zio cieco dedica versi commossi, un vero e proprio spaccato di vita che per sempre
segnerà la memoria:
“Allora,
avrà pacato sorriso il volto/assolato e stanco del massaro/Mio padre, era uno
di questi/Maestro nel suo fare, tutto dava alla terra/”.
E ancora,
rivolto allo zio di cui si sentiva figlio: “Certo al tuo cuore la memoria/trasmette
immagini/di rosse aurore e nitidi tramonti, /con frullio d’ali e flutti
marini/.
Emerge
la passione etica nei temi sociali. Non ci si salva da soli, sembra rammentare
il poeta a sé e agli altri, ma si costruisce il bene comune tenendosi per mano.
Qui si percepiscono gli echi del poeta Paul Elouard in una delle sue più note poesie.
Tende
il Poeta alla costruzione di una città ideale, ma non utopica, aderente agli
esempi offerti dalla vita immersa nella natura, nel lavoro dei campi, nei gesti
della vita quotidiana, in famiglia e coerenti nel rapporto con l’esistente.
“Ho
sognato fuochi sull’aia/Erano quei falò di festa/nelle sere estive con canti e
risa/intorno al gioco vivo della fiamma/.
A
“questa realtà fuggita” il poeta ricongiunge la figura della madre che “mai più… sorrise”. Siamo in una poesia tutta rivolta al passato, da
esso originata e in esso cantata in una efficace contemporaneità. Senza tempo,
così sono definibili le liriche dell’Autore, la memoria condivisa con i luoghi
e le atmosfere del cuore. Ma tutto è leggibile alla luce di un “progetto”
sviluppato con sacrificio affinché il giovane poeta possa formarsi, istruirsi,
studiare e chiudere tra i più cari ricordi tutte le piccole grandi cose della
fanciullezza. Le avrebbe ritrovate, un giorno, immerse nella memoria che
restituisce vita alle emozioni apparentemente lontane e inaccessibili.
Svela
spesso il Nostro il proprio “male del vivere” in riflessioni filosofiche, pone
domande sulle grandi antinomie percepite intorno a sé: visione e alienazione,
luci ed ombre, speranze e illusioni, gioia e dolore. Il Contemporaneo vive in
questo tessuto in una corsa senza fine e il Poeta medita sulla mancanza di
“certezze immutabili” … “dove l’uomo sull’uomo si avventa/solo Caino si
rinnova/ per rendere ancora vano/quel grido d’amore similare/ che dal Golgota …
ci fa eco…a Calcutta/.
In Cinnirella,
sia pure velato di ermetismo, si fa voce lirica un discorso sui fini
dell’esistenza con toni di laica e profonda religiosità, mentre la musica
“rigenera un cuore”, già consapevole dell’eternità, spaurito nell’affrontare il
domani, “il tempo del declino/quando l’animo si riposi/”. La Poesia e l’armonia
universale si compenetrano in contenuti semplici, svolti con profondo senso di
umanità ed efficacia stilistica.
La
preghiera è un sinergico grido vibrante per le ingiustizie e il dolore di tante
creature soffocate dalla sofferenza, dall’egoismo e dall’indifferenza. Scrive
il
Poeta:
“è l’intimo sentire che spinge il fare/l’agire di ogni giorno ed il pensiero/se
perentorio ansimi portare/- dal chiuso alla luce, dal dubbio/al vero-, giù
dalla mente e con palpiti/frenetici recondite realtà imperscrutabili/.
Il
mondo del Nostro, come la sua anima, contiene mappe desertiche, zone di
confine, dove più forte è la dispersione del sé, quando si insegue il desiderio
del ritorno, il rimpianto di ciò che è sfuggito senza rimedio. Il vissuto
appare incompiuto, privo di orientamento “verso oasi che non scorsi/ per la
sete di nomade nel cuore/.
Il
Cinnirella guarda con pacata malinconia all’età che avanza inesorabilmente.
Nelle sue liriche ha sempre osservato tramonti, giorni di sole, voli di ali
nell’infinito, assumendo nelle metamorfosi della Natura e della stessa vita, il
senso di stupore e di meraviglia per i contrasti presenti nella realtà, ma
anche una rassegnata accettazione. La senilità sopraggiunge con una maggiore
fatica del vivere, con lo svelamento delle fragilità dell’essere umano.
Triste
avvedersi che ci sia “tutto da rifare del vissuto”. Non ai beni materiali pensa
il Poeta, ma a “ciò che è più consono all’essere umano”: non si può recuperare
se non il bene, ciò che sopravvive in positivo nell’abbraccio dell’anima
universale.
Marisa
Cossu
Marisa cara, con la tua penna intinta nella professionalità e nel calore hai reso omaggio a questi 'boati' la cui eco si diffonde sempre più forte nei cieli dell'Isola e d'Italia. Pasqualino ha idealmente lasciato la sua Sicilia di aranci, di alberi che tessono il vento e lo tingono del loro profumo, per dirla con Lorca, e ha seminato le sue liriche nei cuori di tantissimi amici. Li ringrazio entrambi e li stringo al cuore.
RispondiEliminaGrazie, Maria! Grazie per le gentili parole e grazie al nostro grande Nazario Pardini che ci consente queste incursioni nel suo bellissimo Blog. Con piacere ho scritto questa nota di lettura ad un libro interessante, ricco di motivi di riflessione, originale e ben curato in tutti i suoi aspetti. Auguro al Pasquale Cinnirella di proseguire il viaggio nella poesia con la capacità e l'animo profusi nelle sue belle liriche.
EliminaMarisa Cossu
Non è certo voluta retorica e/o adulazione ringraziare anche qui la cara Marisa per l'onore che mi ha profuso nel dedicarmi questo suo pensiero critico letto e riletto tante volte. E ogni qualvolta riscoprire nuovi appellativi che mi lusingano copiosamente, anche se ciò mi è capitato spesso. Quel tocco femminile, quel modo gentile e pacato, quella professionalità volutamente sommessa, quell'assenza di aulicità ecc. ecc. ha reso il dettato critico con un quid particolare. Ho avuto la percezione di essere stato scandagliato, nei miei versi, come un drone fornito di telecamera professionale che a consentiro a Marisa di scrutare anche nel profondo del mio essere uomo/poeta. Invito, chi mi legge, a complimentarsi meritatamente con l'autrice. Grazie di cuore Marisa. Pasqualino Cinnirella
RispondiElimina