Franca Alaimo si presenta sulla scena letteraria con queste 24 (ore della giornata) perle che incastonate in una collana di valore orafo danno l’idea della valenza della scrittrice, sia a livello ontologico che scritturale, sia a livello umano che di ricerca:
risveglio
Mi
slaccia dai sogni
la
luce del giorno,
ma
io più non voglio,
non
voglio più
alzarmi,
lavarmi, gettare
nel
groviglio del tempo
il
mio respiro animale.
Facciamo
che poco a poco
mi
sciolgo, mi sfrangio,
impalpabile
e chiara,
con
la leggerezza
di un
angelo,
che
cado,
che
cado.
Una poesia nuova, apodittica, fatta di
versi brevi, oscillanti come un diagramma musicale fra misure ampie e rattenute a reificare i momenti più o
meno intensi del vivere. Un sabiano movimento espressivo che tiene però l’inquieudine
esistenziale di memoria sereniana.
Basta
partire dal risveglio, poesia che introduce la silloge, per rendersi
conto della fattura compositiva della scrittrice. Tutto è morbido, piacevole,
musicalmente scorrevole, quasi un ossimorico
gioco compositivo se raffrontiamo il patema con la scorrevolezza della
versificazione. Sì, perché in queste 24
liriche la poetessa traccia un cammino giornaliero, un odeporico cammino, un
nostos fatto di burrasche e bonacce, come lo è ogni navigazione, ogni viaggio umano. Si naviga diretti ad un’isola che tutti
bramiamo nei nostri pensieri, ma non è detto che incontrando scogli e
trabucchi, il viaggio non si complichi e che la barca, pur solida e resistente,
non possa sfasciarsi. Va bene la Nostra
è disposta a salire su una tavola scampata, e con i due remi nelle mani, non
tenti di navigare verso quel porto, verso quella meta che rappresenta la pace,
l’amore, la serenità, il bisogno di soddisfare le nostre irrequietezze, di
conquistare la nostra quietudine. Si spera
solo che faccia bel tempo e che il sole illumini le onde per rendere il
tragitto più abbordabile. Basta vedere il faro, la luce del porto, che poi non è altro che la luce
della vita, di un cammino che si fa piano e scorrevole per il nostro andare. Ma
chi dice che l’esistere così sarebbe umanamente ottimale, senza inciampi, senza
motivi di indugio e di riflessione; certamente il fatto di esistere si farebbe
più complesso ma anche più umano, più epigrammatico, più vicino al
paradigmatico gioco della vita. Quindi viaggio, solitudine, amore, riflessione,
sentimento, ricerca, fuga dalle aporie del quotidiano verso quell’isola di pace e di serenità, par
dessus le troit direbbe Paul Verlaine, al di là della siepe, di quel muro
che delimita i nostri progetti, oltre il
quale ci sarebbe più facile allungare lo sguardo all’infinito. Anche se si sa
che l’uomo di fronte al niente e al tutto si troverebbe a disagio, disarmato,
dato che la nostra vista è bieca, insufficiente a scavalcare gli orizzonti.
Questo è il nostro destino, avventurandosi negli spazi che vanno oltre la
nostra terrenità si rischia di perdersi
nelle grinfie dell’assoluto. Diventare pazzi non è affatto difficile di
fronte a questioni che non hanno soluzione.
D’altronde ce lo dice la Nostra già col titolo della plaquette: Oltre il bordo. E il bordo non è forse quel limite oltre cui
si cerca di andare, ogni giorno, ogni momento,
per sottrarsi al reticolo in cui ci sentiamo impigliati? Forse sta proprio nella lirica conclusiva il
focus del “poema”; il succo della vicenda esistenziale della Alaimo; tentare di
rompere le sbarre della prigione per vedere quella luce che ci fa vivi:
Un
altro mattino Sono già le sei:
l’aria
ha la tenerezza delle foglie nuove.
Sto
alla finestra con la mia corta
camiciola
di cotone, scialba
e
spenta di brame, come se il mio cuore
si
fosse perduto nel reame del sonno.
Ascolto
nella casa accanto esplodere
urla
di rabbia, e tra stoviglie sbattute
e
prolungati singhiozzi scuotersi
le
sbarre del mondo, nostra amara prigione.
Nazario Pardini
RICEVO E PUBBLICO
RispondiEliminaCarissimo Nazario, sei stato velocissimo e...bravissimo. Ed è vero: il messaggio sta nell'ultimo testo che spiega il perché del titolo: la voglia di andare oltre il carcere della quotidianità e raggiungere tutto quello che si sottrae alla nostra ricerca di senso. Grazie per gli accostamenti a due poeti di valore. La tua è una penna agile e profonda che sa entrare dentro il tessuto esistenziale che sostanzia la scrittura dei poeti. Ho letto tante tue recensioni in questo ormai lungo dimorare nella casa della poesia.
Ti ringrazio infinitamente per questo dono così bello. Con tutto il mio bene,
Franca
Consentimi, caro Nazario,
RispondiEliminadi ringraziarti anch'io - anche se indirettamente - per aver portato su Lèucade la grande poesia.
Lo dico con cognizione di causa in quanto mi sono immerso completamente nella lettura di "Oltre il bordo" della carissima Franca: un libro che in 24 ore racchiude la vita intera. Da un'alba all'altra; da una nascita all'altra.
Sandro Angelucci